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Inshallah (Se Dio lo vuole)

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Regia di Fabio Fassio e Diego Díaz Morales per l’associazione “Sotto il baobab Aps-Ets”, Canelli (Asti)

Se Dio vuole: nel titolo del video c’è insieme un’affermazione e una speranza nel presentare l’attività di tutela dei diritti dei braccianti e dell’intercultura della comunità. L’associazione, fondata nel 2018 da un gruppo di migranti e rifugiati, è guidata da Oumarou Lenglengue, ed opera per gli immigrati residenti a Canelli e nel sud dell’astigiano.
Il video incrocia il calvario quotidiano dei braccianti agricoli, nelle vigne delle colline di Canelli, con una riflessione che va oltre l’esigenza delle rivendicazioni salariali, per porre con forza il diritto al lavoro come garanzia di una vita di dignità.
I contratti Grizi, o quelli firmati in bianco, non sono solo un imbroglio ma lo strumento concreto della schiavitù cui sono condannati i braccianti: il protagonista ne è consapevole ed esprime fin
dalla prima inquadratura la propria disperazione che diventa denuncia dell’impossibilità di provvedere con dignità a sé e alla propria famiglia.

5 commenti


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26 Luglio 2023
11:51

Il protagonista di questo splendido video (avrei messo solo qualche sottotitolo in più per facilitare il senso dei suoi pensieri) probabilmente aveva creduto, come tanti, che una volta superato il deserto e i ricatti dei passeur, una volta che era sopravvissuto a tutti gli orrori dei lager libici, e poi la traversata del Mediterraneo con il solito barchino destinato al naufragio, la salvezza grazie a una nave delle ong e la lunga attesa prima dello sbarco... Dopo tutte le stazioni della via crucis del migrante clandestino (ma c'è un altro modo di arrivare in Italia e in Europa?), era convinto che il peggio era passato. Che finalmente la sua vita sarebbe cambiata, grazie a un paese accogliente e soprattutto grazie a un lavoro vero che gli avrebbe permesso di vivere con dignità e di aiutare la famiglia che aveva lasciato nel suo paese africano. Ma il suo sogno è durato molto poco, come ci fa capire la prima immagine del film con quel sacco a pelo abbandonato nel deserto di una piccola stazione dell'astigiano. E' finito da subito nella trappola razzista delle norme che regolano il lavoro migrante (soprattutto quello agricolo), condannato cioè a sopravvivere nella clandestinità, tra caporalato e sfruttamento feroce, fino alla solitudine disperata e dannata di un "cane abbandonato". (g.domenico curi)

Giandomenico Curi

26 Luglio 2023
10:45

Un morso doloroso alle nostre coscenze... bel documento!!!

Tom

25 Luglio 2023
18:41

Tanti, troppi fratelli cercano lavoro e dignità. Le regole del gioco sono ormai infernali, pregare per loro e la nostra coscienza assuefatta dal dolore che ci circonda è quello che ci rimane da fare.

Rocco

24 Luglio 2023
19:13

Testimonianza agghiacciante di un clandestino che si sente un "cane abbandonato". Un Paese civile deve trovare il modo di aiutare lui e i tanti, troppi come lui!

Marcella Pepe

24 Luglio 2023
17:05

Tanto dolore, impotenza, speri che alla fine ce la farà. Sono in molti in troppi in ostaggio. Bel Doc

Giuliana