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Il marchese del Grillo

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Agli inizi del XIX secolo, in una Roma minacciata dalle campagne napoleoniche vive il marchese Onofrio del Grillo, guardia nobile dello stato papale dall'indole goliardica e lazzarona. Le sue giornate cominciano sempre tardi al mattino, con i servi del palazzo costretti a non fare rumore fino al suo levarsi, e sono improntate all'organizzazione di scherzi e alla frequentazione di bettole, bische clandestine e di giovani popolane senza grazia. Il suo edonismo senza remore e le sue provocazioni ingiuriose nei confronti di mendicanti, papi e consanguinei, proseguono liberamente fino al giorno in cui Napoleone invade lo Stato Pontificio e i francesi entrano a Roma. L'incontro con una giovane e bellissima attrice, gli fa per la prima volta pensare di poter abbandonare Roma per Parigi.
Dopo il Medioevo de L'armata Brancaleone, il ritorno al passato pre-novecentesco e alla commedia in costume da parte di Mario Monicelli sancisce il passaggio agli anni Ottanta e il definitivo tramonto della commedia all'italiana. La risposta diretta all'autarchia artigianale di Nanni Moretti e allo scacco della nuova gioventù romana si veste degli abiti sontuosi e della costosa produzione de Il marchese del Grillo. Prendendo ispirazione da una figura storica realmente esistita nella Roma papalina, Monicelli (con Bernardino Zapponi, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Tullio Pinelli) costruisce l'altra faccia del borghese piccolo piccolo meschino e giustiziere attraverso un nobile arrogante, perfetto interprete e precursore della decadenza romana. Colto e volgare, ruffiano e prevaricatore, crudele e generoso, Onofrio del Grillo è il trionfo delle maschere di Alberto Sordi, il parossismo di un'italianità arrogante, gaudente e sorniona. All'attore romano, il regista consacra completamente una grossa produzione costruita come un insieme di quadri senza inizio né conclusione (non a caso, il film comincia e finisce con il marchese che regge la portantina di Papa Pio VII), un'antologia di episodi che ritraggono la vita di un satiro di primo Ottocento perfettamente consapevole delle storture della società classista ("La vita è fatta a scale...", dice per giustificare le sue burle al Papa), ma troppo avvezzo al proprio potere e ai suoi privilegi per affrontare la questione senza ironia.

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