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Mario Botta: L’architettura e il territorio della memoria

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13 gennaio 2020
Mario Botta
L’architettura e il territorio della memoria

«Costruire è di per sé un atto sacro, è un’azione che trasforma una condizione di natura in una condizione di cultura; la storia dell’architettura è la storia di queste trasformazioni. Il bisogno che spinge l’uomo a confrontarsi con la dimensione dell’infinito è una necessità primordiale nella ricerca della bellezza che sempre ha accompagnato l’uomo nella costruzione del proprio spazio di vita» (Mario Botta)

Mario Botta nasce a Mendrisio, studia a Venezia con Carlo Scarpa e lì incontra Le Corbusier e Louis Kahn (per i quali lavora). Tre personaggi che saranno fonte d’ispirazione per le sue prime opere, le case unifamiliari (costruzioni iconiche, che vedono una netta distinzione tra pieni e vuoti) e dalle quali ha spaziato fino a esprimersi nella grande dimensione degli edifici pubblici – musei, scuole, banche, biblioteche, edifici amministrativi, edifici religiosi di culti differenti. Lavorando nel corso della sua carriera in Svizzera, Italia, Francia, Giappone, Germania, Grecia, USA, Paesi Bassi, Israele, Bolivia, India e Corea.
Grande didatta ha insegnato in Europa Americhe e Asia. Dal 1996 fondatore, direttore e docente dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, una delle più importanti e qualificate scuole di architettura del mondo.
”Ultimo” architetto che ama il cantiere e la materia, Botta vede in essi un riflesso della cultura intesa come coltivazione delle cose, e ne fa le entità in cui la cultura del progetto si riflette. Una cultura che ha come riferimenti il legame con la storia e l’idea di territorio come luogo di sedimentazione delle memorie” (da Pierluigi Panza)

Visita: palazzoducale.genova.it


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