Nel Deserto del Danakil, torrida distesa di sabbia e lava tra Etiopia e Gibuti, vive un popolo di nomadi
guerrieri, orgogliosi e ostili ai contatti col mondo esterno. Conducono i cammelli e le capre per le immense distese aride, senza mai abbandonare il fucile né il grosso pugnale che ogni giovane uomo riceve in dono dal padre. Nella società Afar un uomo che non ha mai ucciso un guerriero avversario non ha autorità e non merita una moglie. Il loro carattere duro e aggressivo è stato necessariamente forgiato dalla severità dell'ambiente e dall'estrema scarsità delle risorse: dove la sopravvivenza dipende dal possesso di una fonte d'acqua, gli uomini hanno imparato a difendere le proprie casi con ogni mezzo. Tuttavia l'aggressività si manifesta solo verso l'esterno. I rapporti tra i membri del clan sono invece fondati su un profondo senso di rispetto e solidarietà. Nel vasto e complesso panorama dei popoli musulmani, gli Afar sono in un certo senso gli eretici, che hanno modellato le leggi coraniche a misura delle loro esigenze, fondendole con i dettami di una fede ben più antica.
Questo film è l'unico documento esistente su un popolo ormai praticamente scomparso, ed è stato realizzato comparando materiale filmato degli anni 60, 70 e 80, per illustrare la progressiva estinzione di una civiltà. Non è un film nuovo, e neppure recente. Il suo valore risiede nell'unicità di una documentazione ormai irripetibile e nel suo contenuto storico. La qualità delle immagini riflette, a tratti, l'età della pellicola.