Un’inferriata per proteggersi dagli attacchi dei coloni, il check-point militare chiuso tornando dal lavoro, il coprifuoco che ti fa vivere come in prigione. Le voci da Hebron, la storica città palestinese dove i soldati proteggono i coloni all’interno di un centro urbano ormai deserto. Le voci da Ma’ale Adumim, dove invece il sindaco israeliano definisce “naturale” l’espansione dell’enorme insediamento fino a creare continuità con Gerusalemme, un progetto appena approvato dopo trent’anni di attesa.
Vite separate, segregate, spesso rinchiuse, in una Cisgiordania dove storia e geografia s’intrecciano inesorabilmente mentre sembra sfumare sempre più l’ipotesi dei “due Stati”. Falò ha raccolto le testimonianze di chi non può scappare e si sente in una gabbia. E di chi si dice convinto che “tutto questo sarà Israele”. E che i palestinesi continueranno ad avere una libertà di movimento. Un diritto che oggi, quando si percorrono queste strade separate, appare davvero calpestato.
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