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Meglio la partita IVA o il posto fisso? Facciamo chiarezza

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Quali sono i pro ed i contro della partita IVA? Quando conviene e quando non conviene aprirla? Queste sono domande a cui non è facile rispondere. Il sistema fiscale italiano, infatti, è tra i più complessi al mondo.

Per questo in Italia è particolarmente importante conoscere almeno le basi del sistema per non rischiare di pagare molte più tasse del dovuto o di subire sanzioni.

Per iniziare, quindi, vediamo cos’è una partita IVA. Una partita IVA indica un’attività economica autonoma e può essere legata ad un’azienda o ad un professionista autonomo. La persona che lavora a partita IVA, quindi, lavora come se fosse un’azienda composta da una sola persona.

Quindi, a differenza di un lavoratore dipendente, qualcuno con partita IVA dovrà pensare da solo a coprire i costi, trovare clienti e calcolare le tasse.

Il vantaggio di essere a partita IVA è che permette di tenere una quota maggiore dei guadagni ottenuti dai clienti. Di contro, però, implica non avere garanzie nel caso in cui gli affari dovessero andare male.

Un lavoratore con partita IVA, quindi, può guadagnare molto di più di un dipendente a parità di lavoro ma ha molte meno garanzie.

Per identificare il tipo di attività a cui è legata una partita IVA, che possono anche essere più di una, si deve scegliere uno specifico codice ATECO, con il sistema fiscale e contributivo che si applica che cambia nelle diverse categorie.

Un lavoratore con una partita IVA aperta può iscriversi anche a diversi codici ATECO, se svolge attività di diverso tipo.

Poi, più importante da tenere a mente, ci sono tre diversi tipi di partita IVA, quella a regime ordinario, quella a regime semplificato e quella a regime forfettario.

Chi è a regime ordinario non ha sconti sulle tasse ed è obbligato ad avere un bilancio analitico completo, il che richiede dei costi vista la necessità di rivolgersi a dei contabili. Questo regime, che è obbligatorio se si guadagnano più di 800 mila euro l’anno, può convenire nel caso di attività che prevedono molti costi.

Le partite IVA, infatti, possono detrarre dalle tasse parte delle spese di lavoro e, con un bilancio preciso, farlo è più facile e c’è meno rischio di far scattare accertamenti.

Il regime semplificato invece, che è un regime contabile, è possibile solo fino ad un reddito di 800 mila euro l’anno, che scende a 500 mila per chi lavora nella categoria dei servizi.

Non prevede agevolazioni fiscali ma rimuove l’obbligo di compilare un bilancio analitico completo, permettendo di risparmiare sui costi della contabilità.

Infine c’è il regime forfettario, utilizzabile solo per chi guadagna meno di 85 mila euro l’anno e prevede, oltre a pochi obblighi contabili, una tassazione molto agevolata.
Al posto dell’IRPEF devono pagare un’imposta sostitutiva che va dal 5%, nei primi 5 anni di attività, al 15% del reddito imponibile.

Quindi quando conviene avere la partita IVA piuttosto del lavoro dipendente? La partita IVA ha il vantaggio di poter far guadagnare di più ma dà anche meno garanzie. Quindi la partita IVA conviene quando può effettivamente portare a guadagni molto più alti di un lavoro da dipendente.

Altrimenti si avranno solo meno garanzie.

In Italia, a proposito di questo, c’è anche il fenomeno delle false partite IVA. Con cui le aziende assumono professionisti pagando molto meno e non offrendo garanzie. È una pratica illegale ma nonostante ciò piuttosto diffusa.

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