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Come nasce l'immagine del Festival della Scienza? Che cosa rappresenta? Come è stata realizzata? Gaetano Cassini, ideatore del logo e curatore dell'immagine coordinata del Festival sin dalla prima edizione, e l'artista ligure Elena di Capita, autrice dell'immagine scelta per la XXI edizione, raccontano il loro lavoro nel corso di una performance artistica durante la quale sarà possibile osservare dal vivo come nasce un'opera realizzata seguendo la tecnica giapponese del Gyotaku. I gyotaku sono impronte di pesci veri ottenute inchiostrando questi ultimi con del colore (i medium variano, ma se parliamo delle origini si usava il sumi, inchiostro nero ottenuto dalla combustione della cenere) e sovrapponendoci della carta washi (carta giapponese); sfregando con le dita con particolare accortezza si ottiene un’immagine fedele dell’animale. Questa tecnica era stata introdotta all’inizio del XIX secolo in Giappone come modo per avere un ricordo delle catture più importanti, una sorta di istantanea prima dell’avvento della fotografia. In Giappone è ancora una pratica diffusa tra i pescatori. Corredano l’immagine coi dati della pesca, ma esiste, tuttavia, una versione artistica del gyotaku che segue regole rigidissime (takuseikai). I gyotaku non sono dipinti. È il pesce stesso che lascia la sua impronta, e per il loro design particolarmente minimal, pulito ed immediato, attira subito l’attenzione delle persone. Si capisce che non è la rappresentazione dell’animale ma esso stesso che lascia una sorta di radiografia sul supporto (cartaceo o tessile).

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