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Come ha fatto Israele a diventare un paese così ricco

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Com’è possibile che Israele, storicamente in pessimi rapporti con i Paesi vicini, sia diventato uno dei Paesi più ricchi e forti del Medio Oriente?

Per capirlo bisogna risalire alle origini di Israele. La presenza ebraica in Palestina prima dell’800 era limitata solo a piccole comunità. Si stima fossero circa il 3% della popolazione dell’area.

Nella seconda metà dell’800 partirono i primi grossi flussi migratori dall’Europa. All’inizio erano fenomeni isolati, dovuti a periodi di persecuzione in singoli Paesi. Alla fine del secolo, però, l’idea di creare uno Stato ebraico divenne sempre più diffusa nelle comunità ebraiche.

Così nel 1897 nacque, con il primo congresso di Basilea, il movimento Sionista. Associazione finalizzata alla creazione di uno Stato ebraico, possibilmente in Palestina.

Così la presenza ebraica in Palestina aumentò ancora. Con anche la creazione di enti come la Jewish Agency con funzioni di governo. Fin dall’inizio, però, la convivenza tra gli ebrei arrivati dall’Occidente e la popolazione araba della regione non fu facile.

Con attacchi terroristici da estremisti sia arabi che ebrei.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, però, l’antisemitismo in Europa si stava riducendo. O almeno sembrava fosse così. Quindi le migrazioni verso la Palestina rallentarono un po’. Con la crisi del ‘29, però, l’ostilità popolare contro gli ebrei si riaccese.

Culminando nell’ascesa del nazismo in Germania. Così le migrazioni di ebrei in Palestina accelerarono come mai prima.

Con le stragi dei nazisti, poi, anche a livello internazionale l’idea sionista della necessità di uno Stato ebraico sembrò ai più ligittima.

Così nel 1947 l’ONU dispose una divisione della Palestina in due Stati, uno arabo e l’altro ebreo. Con una divisione a metà, anche se la popolazione ebrea era solo circa il 30% della popolazione.

Soprattutto, poi, i Paesi arabi nel pieno dei movimenti anticoloniali per l’indipendenza hanno paura che Israele possa diventare una colonia de facto. Così nel ‘48, subito dopo che Ben Gurion proclamò la nascita di Israele, dichiararono guerra al nuovo Stato.

Alla fine, però, Israele vinse la guerra. Grazie alle organizzazioni paramilitari ebree già presenti prima del ‘47 e, soprattutto, agli aiuti internazionali. Soprattutto tramite donazioni di ebrei sparsi per il mondo e di finanziamenti degli Stati Uniti.

Negli anni ‘50 l’economia israeliana crebbe molto. Spinta soprattutto dall’arrivo di molti nuovi immigrati, buona parte dei quali professionisti qualificati.

Ma i rapporti con i Paesi arabi continuano ad essere molto conflittuali.

Dopo la seconda guerra arabo-israeliana nel ‘56, poi, la situazione diventa ancora più tesa. Israele quindi iniziò a investire sempre di più per potenziare l’esercito.

L’alta spesa, non redditizia, per la difesa militare però nel tempo portò l’economia israeliana vicina al collasso. Negli anni ‘70 entrò in stagnazione ed a inizio anni ‘80 in recessione. Con inflazione e debito pubblico che andarono fuori controllo.

Alla fine uscirono dalla crisi creando una nuova valuta e, soprattutto, trovando il modo di guadagnare dagli investimenti nell’esercito. Ovvero iniziano a puntare sempre più sull’hi tech, sfruttando il fatto che in ambito militare avevano creato tecnologie tra le più avanzate al mondo.

Creando un sistema che garantisce un alto livello di formazione per i giovani più promettenti. Inserendoli in percorsi di ricerca e sviluppo nel periodo in cui dovrebbero fare il servizio militare.

Questo sistema ha funzionato bene, tanto da portare il Paese ad essere definita la Startup Nation. Resta però l’enorme problema della questione palestinese, aggravatasi anche a causa delle politiche del governo israeliano.

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