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La torre di Babele riletta in chiave storica (Gen 11, 1-9)

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Anziché considerare la storia della Torre di Babele (Gen 11, 1-9) come una punizione divina per l'orgoglio e l'ambizione, se la leggiamo attentamente, possiamo interpretarla valorizzando la diversità culturale e linguistica come un dono divino. In questa visione, la confusione delle lingue e la dispersione delle persone diventano un'opportunità per esplorare e apprezzare la ricchezza delle varie culture e tradizioni.

Si tratta di una lettura che, oltre che a essere più vicina all’intenzione originale degli autori, ricostruita grazie al metodo storico-critico, stimola anche il dialogo tra diversi modi di vedere il mondo, contribuendo a superare le barriere e a costruire ponti di comprensione e cooperazione.

La diversità, infatti, è una benedizione che arricchisce l'esperienza umana attraverso una vasta gamma di conoscenze, valori, pratiche ed espressioni artistiche, stimolando creatività, innovazione e apprendimento reciproco. Essa promuove anche tolleranza ed empatia, aiutando a superare pregiudizi e stereotipi e a sviluppare rispetto e apertura verso le differenze, incoraggiando l'umanità a costruire una società più inclusiva e armoniosa.

In questa chiave, la molteplicità delle lingue può essere riscoperta anziché come fonte di divisione, come espressione dell'unicità e della complementarità delle varie comunità, celebrando la pluralità delle espressioni umane e sottolineando l'importanza dell'interdipendenza tra le culture. Inoltre, si presta in teologia ad una rivelazione profonda della natura di Dio stesso, descritto nelle tradizione biblica –e non solo– come una realtà infinita e inesauribile che trascende ogni comprensione umana e che si sottrae a qualunque strumentalizzazione.

Non a caso, il miracolo di Pentecoste non è il ritorno a una lingua sola, ma la comprensione, ciascuno nella propria, delle grandi opere di Dio.

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