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Il nubifragio di Perugia - Scudetto 2000

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Prendete la vostra serie tv preferita. Breaking Bad, Stranger Things, La Casa di Carta, Lost, quella che volete. Ci troverete mistero, pathos, colpi di scena, anche qualche elemento surreale, forse soprannaturale. Bene: qualunque sia il momento più alto della più geniale delle serie tv, sappiate che in Italia l'abbiamo già scritto meglio. Quello che è successo dalle 15 alle 18 del 14 maggio 2000 rappresenta ancora oggi la più grande sceneggiatura mai immaginata dal nostro calcio.

Il pomeriggio più lungo della storia della serie A è già iniziato una settimana prima, il 7 maggio 2000, da un calcio d'angolo battuto da Marcio Amoroso del Parma girato in rete di testa da Fabio Cannavaro, saltato più in alto di un gruppo di difensori della Juventus. Ma è tutto inutile: l'arbitro Massimo De Santis, ispettore di polizia penitenziaria di Tivoli (Roma), annulla per un classico “fallo di confusione” sinceramente invisibile. È la tipica situazione che nel mondo degli arbitri, con una certa dose di ironia, si chiama “regola 18”: una regola che non esiste, perché il regolamento del gioco del calcio è composto da 17 regole, e quindi la numero 18 sarebbe semplicemente il buon senso per togliersi d'impiccio da situazioni spinose. Ma la decisione di De Santis è quanto mai lontana dal buonsenso: perché il gol di Cannavaro è valido, e questo è l'ultimo minuto della penultima giornata di campionato e di una Juventus-Parma pesantissima per la corsa allo scudetto e alla Champions League. La Lazio sta vincendo 3-2 a Bologna e con il pareggio affiancherebbe la Juventus al primo posto, a 69 punti, a una sola giornata dalla fine. Ma il gol è stato annullato. E si rimane così: Juventus 71, Lazio 69.

Ma stavolta siamo in presenza di qualcosa di diverso rispetto a un qualunque errore arbitrale: perché, dopo la partita, mentre si trova in macchina diretto all'aeroporto di Torino, De Santis riceve una telefonata da un giornalista dell'Ansa, Piercarlo Presutti, che dirà di avere il suo numero in rubrica e di aver tentato la fortuna telefonando a colui che, in quelle ore, era l'uomo del momento. De Santis non solo risponde ma –contravvenendo a tutte le norme che vietano agli arbitri di rilasciare interviste dopo le partite, a meno di non aver ricevuto il permesso dai superiori– si concede addirittura una dichiarazione sull'episodio: «Ho fischiato prima che Cannavaro colpisse di testa. Quando il Parma ha battuto il calcio d'angolo c'erano due suoi giocatori che spingevano gli juventini, il gioco era fermo e per me psicologicamente l'azione era finita. Tanto è vero che non l'ho nemmeno visto, Cannavaro, quando ha messo in rete. Io non ho visto le immagini tv, ma ho chiara la scena in testa ed al momento del colpo di testa i giocatori, tranne Cannavaro e l'avversario che lo contrasta, sono tutti fermi”. Ancora più strano, e più grave, il fatto che questa dichiarazione non corrisponda alla verità, visto che tutte le moviole televisive dimostrano il contrario: quando Cannavaro colpisce, l'arbitro ha le mani in basso, poi alza il braccio destro e porta il fischietto alla bocca. Perché De Santis si è fatto un autogol del genere? Com'è possibile che un arbitro internazionale non sappia che non si possono dare interviste? Qualcuno gli ha consigliato di parlare con l'ANSA? L'assistente Di Mauro, accanto a lui in macchina, dichiarerà che durante il viaggio De Santis ha ricevuto tante altre telefonate. Da parte di chi, non si è mai saputo.

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