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Perché Roman Abramovich e gli altri oligarchi sostengono Putin

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Molti descrivono la Russia come un'oligarchia, composta da Putin e da grandi imprenditori.

È l’8 dicembre 1991. L’Unione Sovietica, ormai già svuotata di quasi tutti i suoi poteri, si scioglie. La Federazione Russa, guidata da Boris Yeltsin (Eltsin), accelera i processi di liberalizzazione economica e politica già iniziati da Mikhail Gorbachev.

Interi settori dell’economia, prima sotto il controllo statale, vengono liberalizzati in tutta fretta, vengono dati in mano ai privati, senza elaborare un sistema legale ben definito per il nuovo mercato libero.

Così, in Russia negli anni ‘90 si afferma un sistema chiamato da molti “capitalismo criminale”. E non solo per la corruzione.

Nel mondo dell’impresa diventa normale assoldare gruppi criminali per eliminare rivali in affari o altri personaggi scomodi. Sparatorie e omicidi diventano all’ordine del giorno.

Ed è proprio da questo caos che emergerà il sistema degli oligarchi. Un’élite economica composta da poche persone con una forte influenza sul governo, sia a livello nazionale che, soprattutto, locale.

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