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1 Dicembre 2008 11:07

Maurizio Chierici: La nostra Croce Rossa

1440 visualizzazioni - 3 commenti

di Maurizio Chierici

Stamattina il presidente Napolitano riceve una lettera promossa da Gianni Rufini e Ugo Bernieri, tecnici umanitari. La stanno approvando i 300 mila volontari della Croce Rossa accompagnati dall’adesione di intellettuali, storici, giornalisti ( da Giorgio Bocca ad Angelo del Boca) e docenti che hanno dedicato la vita ad opere di solidarietà. Chiedono che la Cri italiana smetta di essere controllata dallo stato; soprattutto venga smilitarizzata. Il fascismo le aveva infilato la divisa, e in quell’Europa sul piede di guerra ogni altro paese si era adeguato. Ma da vent’anni uniformi e ingerenze dei governi sono sparite dagli statuti del vecchio continente. Sotto tutela politica è rimasta solo l’ Italia, due mila militari nell’organico. Sfilano ai Fori Imperiali, gradi sulle spalle, anche le crocerossine ibridamene inquadrate nelle forze armate. Quando le convenienze del governo lo suggeriscono, i ministri impongono il commissariamento affidato a vicerè devoti: dalla guerra in Iraq all’ordine ( rifiutato a Maroni ) di registrare le impronte digitali dei bambini rom, la storia non cambia. La nostra Croce Rossa è sempre più lontana dal movimento internazionale, quasi un fiore di plastica se non fosse per l’esercito dei volontari estranei a certi pasticci. Sopportano le decisioni delle < alte autorità > senza poter decidere. Il loro impegno sul campo rispetta lo statuto che impone sette principi fondamentali: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza dai poteri politici e religiosi, servizio volontario, unità, universalità. Ginevra rimprovera all’Italia la mancanza dell’autonomia dalla politica, profilo che rende la Cri di Roma diversa da ogni movimento con la stessa bandiera nel mondo. Tanto per fare un po’ la storia: dopo diciotto anni di commissariamenti, alla nostra Cri è stato concesso di votare un presidente. Decisione sofferta del commissario Maurizio Scelli che si é arreso all’assedio dei 300 mila volontari. Scelli era il proconsole imposto da Berlusconi mentre si preparava la guerra in Iraq. Veniva da una delusione romana: candidato Forza Italia non ce l’aveva fatta e per addolcirne il rammarico il partito lo aveva sistemato. Obbedisce, tacendo: apre l’ospedale portando i carabinieri a Bagdad. Indignazione della commissione di Ginevra, affronto alla filosofia del Movimento disarmato. Protesta con Berlusconi, ma Berlusconi non risponde. Le disavventure continuano quando, commissario in scadenza, Scelli organizza il raduno dei ragazzi Onda Azzurra nel palazzo dello sport di Firenze. Non arriva nessuno, il Cavaliere si inquieta e il povero esce dal cono di luce. Fonda il partito della destra risentita, ma non perde d’occhio la realtà e cade da cavallo sulla strada di Arcore in una riconversione che finalmente lo porta in parlamento: deputato Popolo della Libertà. Massimo Barra diventa presidente col 96,8 dei voti. E’ un medico che tutti conoscono: nel 1974 ha preso in cura i tossicomani del centro malattie sociali del comune di Roma. Fonda Villa Maraini, trent’anni sempre dalla parte dei ragazzi in crisi. Nel 2003 viene chiamato nel consiglio d’Amministrazione del Fondo Globale delle Nazioni Unite contro l’aids. La stima cresce oltre confine: presidente commissione giovani della Cri di Ginevra e della mezza luna rossa; vice presidente della commissione permanente di Croce e Mezzaluna rosse. Il suo impegno è riportare la Cri nella legalità internazionale. Riscrivere lo statuto per renderla indipendente dagli umori dei governi di turno. Lo incoraggia Stephen Davey, presidente a Ginevra. E’ contento che l’Italia stia pensando una bozza di legge < conforme alle esigenze minimali dei movimenti della Croce e della Mezzaluna Rossa >. E’ contento che nella Croce Rossa di Roma < un gruppo di lavoro sia impegnato sulla nuova carta magna < per ridefinire i rapporti tra il Movimento e l’autorità nazionale >. Insiste ad ogni riga sull’indipendenza. Ma il 30 ottobre il dottor Barra riceve un fax dalla presidenza del consiglio: decreto firmato da Berlusconi e dal ministro Sacconi. Liquidato. Il governo nomina un commissario come sempre straordinario nell’ordinarietà. Francesco Rocca è avvocato area An. Barra che non gioca con i partiti, ma bada alla sostanza, lo aveva chiamato a dirigere il reparto sociale della Cri. Qualche me se fa aveva lasciato per trasferirsi al comune di Roma accogliendo l’invito di Alemanno. Adesso la Croce Rossa volta pagina: tornano i partiti. Storace esulta: < scelta eccellente. Garantisce l’impegno ad affrontare con grande professionalità la complessa situazione dell’ente >. La Lega non è d’accordo: chiedeva la poltrona per Giusy Parlanti, presidente Cri della Lombardia. A cosa alludono Sacconi e Storace quando parlano di situazione delicata e necessità di un commissario che garantisca la gestione corretta ? Il dottor Barra si arrabbia: ha ereditato da Scelli un buco di 57 milioni e 500 mila euro. Lo ha rimpicciolito a 18 milioni. Nell’anno che restava al mandato l’avrebbe chiuso. E’ la sua indipendenza dalla politica a rendere delicata la situazione. Forse quel no alle impronte rom. Intanto si riscrive lo statuto rovesciando l’impostazione di Barra. Se i protocolli di Ginevra invitano a chiarire per sempre l’autonomia, nelle carte nei cassetti di Roma l’autonomia sparisce anche se la Cri dovrà agire < nel rispetto dei principi del > Movimento Internazionale. Azzeccagarbugli da manuale. Nega e riafferma, paralizzando. Mentre arriva l’appello al Quirinale, il Tar del Lazio fa chiarezza ( 28 novembre ): la Croce Rossa Italiana deve sparire dal registro del volontariato essendo ente che dipende dallo stato. Riceve 180 milioni l’anno, un terzo di quanto i volontari mettono assieme con i loro servizi: assistenza, ambulanze. Ma i volontari non contano e lo stato decide. I 180 milioni pagano lo stipendio di 5 mila dipendenti, in certa parte militari. L’ultima finzione cade. Chissà dove si aggrapperà il nuovo statuto. mchierici2@libero.it Cortesia dell'Unità

COMMENTI

5 Dicembre 2008 10:35

...è tutta nostalgia! nostalgia affidata a qualche fascistoide del tempo che fù e pervenuta ai giorni nostri intatta come una reliquia. il resto è solo il solito teatrino del lucro sui buoni principi.

max

2 Dicembre 2008 15:27

Dimenticavo una notazione storica.... La divisa militare (o di foggia militare) la CRI non la indossò negli anni bui del fascismo ma la indossò sin dagli inzi della sua storia. Esistono delle splendide tavole del pittore Quinto Cenni, di sicuro non artista del regime, che illustrano come la divisa della CRI fosse una divisa militare e con tanto di stellette (fine 800). Veniamo al presente ed alla presenza militare all'interno delle CR europee: se non è lecito (la Sacra Convenzione dice che però lo è) che vi sia una presenza militare, come mai la CR Svizzera ha una componente militare? Domanda: se la nostra posizione, in Italia, è tanto illegale, perchè Ginevra non ha tolto l'uso del simbolo? Delle due l'una: o non siamo poi tanto male e forse qualcosa di buono l'abbiamo fatto oppure Ginevra è.... complice. Documentarsi, prima di scrivere....

Max

2 Dicembre 2008 13:41

Non 300.000 ma almeno uno di meno. Se poi vogliamo vedere quanti sono i firmatari bisognerebbe visitare il sito on line.... Io non la sottoscrivo anche sono volontario CRI (la militanza mi è sempre costata ed anche molto e non mi ha mai portato nè soldi nè benefici; tanto per mettere le mani avanti non sono un dipendente). Sarà che io, pur non avendo "dedicato la vita ad opere di solidarietà", passo il mio tempo libero fra senza casa, clandestini e rifugiati politici / umanitari e pensare che non sono un intellettuale e neppure un "tecnico umanitario". All'emergenza freddo, nelle emergenze sociali o durante le calamità naturali io gli intellettuali mica li ho visti? Quando porto i miei vecchietti alla dialisi che io sia dannato se ho mai visto qualche raffinato pensatore, l'avanguardia illuminata. E si che spesso si battono i denti dal freddo e si sguazza nel fango..... Io preferisco l'Indipendenza (I maiuscola)maturata e fatta crescere dall'interno di noi stessi all'indipendenza (i minuscola) che può arrivarci per decreto. L'Indipendenza ce l'ho e l'indipendenza, quando serve, me la prendo. Quello che conta sono i vulnerabili. Il resto è politica ma politica di quella brutta.

Max

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