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8 Luglio 2008 11:27

Maurizio Chierici: INGRID, IL DIFFICILE RITORNO

891 visualizzazioni - 2 commenti

di Maurizio Chierici

Venti giorni fa Ingrid Betancourt non era una notizia; appena una ferita sepolta sotto i problemi che agitavano giornali e Tv. Dopo lo strazio dell'immagine della prigioniera fantasma, avevamo sperato che intellettuali e politici (soprattutto latini) cercassero di aprire lo spazio negato all'arroganza dei carcerieri e del presidente della Colombia indaffarati nel giocare la loro sopravvivenza sulla pelle di una donna. In passato, il Nobel per la pace aveva salvato chi non accettava le ragioni della politica armata superando la crudeltà degli egoismi contrapposti. Ma quando nessuno aveva alzato la voce, nessuno si era accorto dei 30 mila ragazzi uccisi dai generali argentini. Madri e nonne di piazza di Maggio abbandonate in una solitudine sconsolata, confortata con lacrime di rimorso quando non era possibile salvare nessuno. Cerchiamo di arrivare in tempo, almeno per la Betancourt: ecco la proposta di un testimone che impropriamente si rivolge alla buona volontà dei lettori. L'Unità ne è stata travolta. Non è giornale di grande tiratura, eppure la sensibilità di chi non sopportava il silenzio, fa scoprire che il problema Betancourt era l'angoscia sepolta tra pietà e indignazione con l'impotenza di poter solo guardare senza far niente. All'improvviso tutti si sentono protagonisti e comincia la pioggia dei consensi. Passa parola on line, gruppi spontanei che si mobilitano. Dario Fo è il primo Nobel a ripetere: facciamo in fretta. Rita Levi Montalcini accetta la presidenza del comitato voluto dalla Regione Toscana. Deputati e senatori si uniscono trasversalmente da Roma a Bruxelles: Veltroni, Pancho Pardi, Finocchiaro, Evangelisti, i primi a trainare. Anche il ministro Frattini a suo modo é d'accordo. Il mondo cattolico risponde con l'impegno della Comunità di Sant'Egidio, missionari Consolata, Macondo di padre Stoppiglia. Sono soprattutto i ragazzi a mobilitare l'entusiasmo. Si uniscono ai professori nell'università Sant'Anna di Pisa e coagulano nelle Ong sparse nel mondo (dall'Amazzonia al Bangladesh) l'indignazione di chi vive le stesse paure che Ingrid aveva provato ad esorcizzare affrontando il dogmatismo armato di Uribe e - mani nude, nella foresta - il dogmatismo fuori tempo delle Farc. Non è stato necessario ricordare la storia della sua battaglia. Tutti avevano capito e tutti hanno risposto. Con le voci di chi si impegna, è doveroso ricordare le voci di chi non . Silenzi curiosi. O strane lettere di complimenti. Complimenti per lo scoop; ottima strategia per garantire l'esclusiva dell'intervista appena liberata. Nessuno immaginava tanto presto, ma chi era sicuro dell'ipocrisia di una campagna scatenata alla ricerca di un colpetto giornalistico. Il mondo delle comparse invadenti non finisce mai. Pronte ad insinuare malizie e fantasie. Non tutti i giornalisti si somigliano. Dipende dai corridoi che frequentano e dalla passione del voler testimoniare senza pretendere tornaconto e trionfi. Un giornalista non racconta quasi mai storie allegre. Ma quando raccoglie le voci dell'infelicità piano piano impara ad ascoltare queste voci. E ad esserne coinvolto. Vent'anni fa, nell'ufficietto blindato di Rudolph Platz, Vienna, Simon Wiesenthal mi ha spiegato dove trovava la forza per continuare la caccia ai nazisti. Non si lasciava impressionare dal numero delle vittime, ma dei racconti dei sopravissuti che descrivevano l'infamia dei piccoli signori del terrore. . In una canonica del tropico del Salvador, il vescovo Romero ripeteva la stessa domanda sugli stessi delitti. Non fanatici nazisti, ma difensori dell'universo cristiano e occidentale. . Lo hanno ucciso per non rispondere. Allora perché il presidente Uribe per sei anni non si arrende ad un accordo umanitario e perché il medioevo Farc non fa un salto nel nostro mondo ispirato al riformismo pragmatico che anche Fidel e Chavez raccomandano a chi si nasconde nella foresta? Più o meno i discorsi di Ingrid Betancourt quando l'ascoltavamo dieci anni fa. Curiosità che non suscita interesse in chi ancora respinge i dubbi e conferma il granito delle sicurezze: rivoluzione armata marxista; difesa armata del liberismo selvaggio. Le lettere del dopo liberazione annunciano altre polemiche nelle frange dei lettori politicizzati. . . Un salto nel tempo e scopriamo gli stessi veleni attorno a Giacomo Matteotti. Traditore della classe padrona alla quale appartiene; confonde le carte per conservare il privilegio. Uccidendolo, Mussolini lo ha salvato dalle infamie. Nessuno considera che la tortura non è solo collare da cani che stringe la gola, malattie non curate che riducono i prigionieri in scheletri: appena gli antibiotici arrivano, Ingrid riesce a mangiare e torna in vita se si può chiamare vita la catena al piede. Sei anni così sono anche sei anni senza notizie dal mondo. Un'intellettuale che fa politica improvvisamente non sa nulla della politica: alleanze e voltafaccia, nuovi protagonisti e antichi rancori, Guantanamo e disastri Afghanistan e Iraq. Non sa che l'Argentina è cambiata, che la Bolivia prova a scivolare dalle mani delle multinazionali, che Castro ha lasciato il governo, che Bush sta per essere travolto da un leader nero il quale preoccupa l'Italia post fascista. Non far sapere era la tortura del socialismo reale. Nascondere le notizie è la tortura dei media personali che impastano le elezioni. Parliamo sempre della Colombia di Uribe e del ministro della difesa Santos, Tv e grandi giornali, Berlusconi di Bogotà in corsa per la presidenza. Uribe può vincere il referendum, ma dalla corruzione nella quale è immerso sta predendo le distanze perfino l'amministrazione Bush. Immaginiamo cosa può decidere il possibile governo Obama. Torturare vuole dire soprattutto non far sapere. La Betancourt è tornata tra noi e non sa. Quattro anni fa la prima immagine diffusa dalle Farc la imbaccuccava come un fantoccio nella divisa della guerrigliera. La prima immagine della liberazione la infagotta nella tuta leopard delle truppe speciali del governo. Il tentativo di farne uno spot burattino funziona nei primi giorni, ma ogni prigioniero isolato e liberato si riappropria lentamente della realtà che ne ha animato la vita. E i giudizi cambieranno: gli analisti immobili nelle stanze rinfrescate dal soffio del condizionatore, ironizzano per ideologie contrapposte, ma rideranno meno man mano che Ingrid tornerà la donna di prima. E assiomi categorici come diventeranno passaggi di una delusione da riaggiornare. Come raccontava la Betancourt sei anni fa, . Schiacciare con le armi le Farc o i paramilitari della destra Uribe, non risolve i problemi se fame e ingiustizia restano l'angoscia di quasi tutti. I filosofi alessandrini teorizzavano la . I corpi partono con la nave che si stacca dalla riva, ma lo spirito e la ragione raggiungono i corpi giorni dopo, in alto mare. Ingrid Betancourt sta per tornare non solo fra i sorrisi di Uribe e Sarkozy ma con lo spirito che ha pagato con sei anni di niente. E il premio Nobel può considerare una tortura della quale si parla poco: quel cancellare la memoria, antico sogno di ogni violenza armata e televisiva. Non è solo il problema di Ingrid. , assicura il colonnello Karl Dickeny, psicologo delle forze armate Usa nella conferenza al golf club di Fort Sam, Houston, Texas. Un gruppo di lavoro ha pianificato un programma prima di restituire alla vita normale i tre contractors (mercenari Usa) liberati assieme a Ingrid. Tanto per far capire come è stata data la notizia negli Stati Uniti. Il New York Times le ha dedicato un titoletto di prima pagina: . Sei righe dopo aver rassicurato sul loro stato di salute, aggiunge . Due modi diversi di guardare la vita degli altri. Non voglio perdere tempo col . Venti milioni di dollari? È probabile. Lo confermano i sorrisi di Israel Ziv e Yossig Koupenwasser, ex capo di stato maggiore e capo dei servizi militari israeliani. Sono proprietari della Global Cst, società di consulenze militari antiguerriglia: negli ultimi quindici anni hanno addestrato attorno a Bogotà i comandanti delle forze paramilitari e incursori dell'esercito. Un riscatto? Altro sorriso di Les Edwards, già ufficiale dell'esercito britannico e tecnico della Clayton Consultation, società di contractors (mercenari) che gestisce . Lavora in America Latina, Iraq, Afhganistan: . La filosofia che anima gli affari della Clayton precisa che . Ecco, Ingrid è tornata tra i soliti intrighi. Ma è tornata. Dopo brindisi e felicità che rallegrano anche gli scettici, aspettiamo la protagonista che distribuiva speranza.. Il Nobel era la proposta dell'emergenza. Il Nobel diventa una necessità preventiva per evitare non solo il dolore ma le ombre che il dolore insinua in chi viene isolato dalla realtà. Riprendo il mestiere del testimone per raccontare cosa succede alle Ingrid sconosciute che soffrono la stessa violenza. Chi ne ha titolo sta provvedendo a spiegare l'importanza del premio della pace di Oslo nel mondo popolato da troppe divise. Vedremo. Come ripeteva Grahan Green . mchierici2@libero.it La cortesia dell'Unità

COMMENTI

9 Luglio 2008 16:26

DOVE VOLETE ARRIVARE CON STA' BETANCOUR ? a dire che in fondo Uribe è meglio di quelle rozze Farc' ? che in fondo la democrazia di Uribe e Bush e' meglio delle rozze improvvisazioni di comunisti maldestri come quelli delle Farc che rapiscono donne innocenti ' ? Perche' insomma la Betancur è stata liberata ...oggi ha tutti gli onori d' una Francia di grandeur Sarkosiana ...avete ottenuto lo scopo delle vs. campagna ...giusta ed umanitaria ...continuarla significa al fine poi propaganda verso il far tornare consensi a chi invece non è affatto democratico,.... l' ordine di Bush non ci pare piu' civile delle discutibili procedure delle Farc .Ne' ci convince la Francia patinata della Bruni la gran dama di Francia/// nè tantomeno le idee del marito circa il realizzare 1000 centrali nucleari ,ultimo G8 . Quindi bene per la Betancur ma ci sono veramente tanti e tanti problemacci /seri di cui parlare ..

sogno

8 Luglio 2008 17:55

Chi ha titolo per proporre oggi il Nobel per la Pace, l'aveva probabilmente anche quando venne assegnato a Henry Kissinger,.Lo stesso signore della Casa Bianca che visse senza troppa ansia un'11 settembre dimenticato, quello in Cile. altre e altri desaparecidos, torturati...Lui è rimasto al suo autorevole posto, ce lo siamo visto al fianco di Napolitano a villa Madama, ottimista, mentre l'altro nonno in carica autorizzava il lodo per l'immunità alle alte cariche. Dunque Maurizio, racconti tutta la frenetica ricerca di firme, a cui sto assistendo da anni con sempre più diffidenza seppur partecipando. Un clic su internet, val bene un sonno da giusti. Domani giovedì uscirà il libro di Valeria Marini, "Lezioni intime" a cui i Media stanno dando il massimo spazio,come gli incantevoli primi piani di Sarkozy per mano con Carla Bruni e la Betancourt, piena d'amore per tutti- e lo credo, dopo 6 anni di prigionia... Non butterei però alle ortiche, le analisi scritte e lette da pochi su questa liberazione. Il sud america sembra lontanissimo da noi, conosciamo ormai meglio (?!) le regioni dell'Afghanistan o dell'Irak... Lo spazio che trova l'informazione o la critica alternativa è così irrisorio e palesemente contrastato e represso, che preferisco diffidare dai grandi media e mediare con le notizie, a valanga da una parte , centellinate e faticosamente reperite in rete dall'altra. Il tempo darà ragione alle analisi e alle testimonianze, come quelle che tu e pochi altri, continuano con coraggio e ostinazione a portare avanti. Doriana Goracci

Doriana Goracci

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