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26 Novembre 2007 10:53

Maurizio Chierici: Chavez a due facce

1364 visualizzazioni - 5 commenti

di Maurizio Chierici

Domenica i venezuelani votano il referendum che cambia la costituzione del paese: Chavez inarrestabile protagonista. Col petrolio a cento dollari si accendono i riflettori di giornali e Tv sulla cassaforte del liquido che goccia a goccia fa sospirare le economie assetate. Le previsioni sul risultato si contraddicono senza sfumature. I numeri del governo confermano un’approvazione col vantaggio che oscilla tra i 4 e 10 punti. I numeri dell’opposizione assicurano la vittoria del no: Chavez umiliato dodici punti sotto. Il caos è in agguato quando si conteranno i voti. Provo a indovinare le cronache in preparazione. Chavez manipola il risultato, Chavez roboante, Chavez liberticida, Chavez che minaccia la proprietà privata, spegne le Tv e schiaccia l’informazione. Chavez populista feroce, bomba ad orologeria, minaccia del continente. Chavez maleducato col re di Spagna, Chavez dittatore per l’eternità. Oppure: paese in rivolta, morti e feriti nelle strade, miseria, violenza. Chi può scappa, chi non può soffre, la Chiesa prega per un miracolo che salvi la democrazia. Può essere vero. La versione opposta farà risplendere Chavez nella luce del libertador, popolo che lo segue, baluardo contro l’impero, socialismo dal volto umano, lievito alla rinascita dell’America saccheggiata. E non è sbagliato. La nostalgia per il modello cubano invecchiato assieme agli innamorati ( ormai di una certa età ) che resistono da questa parte del mare, si è trasferita in Venezuela perdendo nel tempo battaglioni di incensatori: hanno cambiato idea e del cambiamento ne fanno una professione. Anche per loro Chavez resta la minaccia che inquieta la civiltà. E’ una piega dell’informazione inaugurata cinque anni fa dal Nuevo Herald di Miami. In quel febbraio 2002 nelle locandine di prima pagina avverte i lettori delle pagine speciali dedicate ogni mattina a Cuba e al Venezuela, paesi canaglia. Per caso è la vigilia del colpo di stato andato male, con Chavez che torna nella sua poltrona e ricomincia ad imperversare. Senso unico obbligato nella Florida dove si raccolgono i profughi dalle dittature latine. Profughi somozisti terrorizzati dal comunismo sandinista di Daniel Ortega. Profughi dal Cile tornato alla democrazia dopo Pinochet e profughi un po’ speciali: militari salvadoregni inseguiti per aver militato nelle squadre della morte che hanno insanguinato il piccolo paese negli anni dell’assassinio del vescovo Romero. Per non parlare dei cubani che da mezzo secolo aspettano la fine dell’anticristo sognando il ritorno alle loro proprietà provvisoriamente abbandonate in quel dicembre ’59. Adesso anche i profughi venezuelani aspettano la caduta di Chavez nelle seconde case di Miami: da tempo immemorabile godevano le vacanze nel mare brodoso della Florida trascurando i Carabi. L’imperversare del < marxista-narcisista > ( definizione di Andres Opheneimer, sempre Nuevo Herald ) li ha costretti a scegliere la libertà allungando lo svago. Bisogna tener conto dei sentimenti dei lettori. L’ Herald è la versione spagnola del giornale padre regolarmente in inglese. Gli osservatori che scrivono in libertà, ascoltando gli uni e gli altri, ricevono lettere risentite dai colleghi di una parte e dai colleghi opposti: sei caduto nella trappola della propaganda, apri gli occhi, torna fra noi. Noi, piccoli notai di un’Europa preoccupata per la maleducazione del figlio spirituale di Fidel. Noi che difendiamo la rivoluzione umanitaria dell’uomo nuovo che dà speranza agli affamati. Prego il lettore di controllare Tv e prime pagine. Ci risentiamo lunedì. Ogni paese reagisce con la cultura elaborata dalla borghesia che ne determina i destini: dialogante, tollerante, trasparente nel gestire le risorse, rigorosa nel rispettare i contratti di lavoro, aliena alla corruzione, onesta nei versamenti fiscali. Anche nel vecchio mondo è un profilo fuori dal tempo. Dove la borghesia si è adeguata ai canoni normali della convivenza democratica, il populismo resta fra le quinte di pochi disperati e l’esempio di lealtà costruisce opposizioni irriducibili ma pacate. Il Cile che respira dopo gli orrori di Pinochet sta dando esempio. Ma il Venezuela che Chavez ha ereditato alla fine del secolo può reclamare la stessa innocenza ? I contendenti politici specchiano ovunque virtù e peccati l’uno nell’altro. Per spiegare il Chavez ingombrante sarebbe bene tener conto di quale eleganza sono impastate abitudini e ragioni sociali di chi oggi non lo sopporta. Per la seconda volta Chavez cambia la costituzione con un referendum. Le novità rovesciano la storia: possibilità di rielezione senza limiti da sottoporre al voto della gente. La costituzione ereditata nel 98 prevedeva due presidenze. Chavez le ha allungate a tre con un primo referendum popolare. Lo ha seguito e preceduto Alvaro Uribe, presidente della Colombia, ma la decisione non è stata sottoposta a referendum: ha votato solo il congresso dove Uribe domina la maggioranza. Subito d’accordo la corte suprema insediata poco prima dallo stesso presidente. Il Musharaf del Pakistan non ha inventato niente. Anche Uribe sta per proporre l’elezione indefinita. Doveva essere già approvata ma gli scandali che hanno chiuso in galera venti deputati della sua maggioranza eletti con pressioni violente e narcodollari dei paramilitari vicini al governo, provocano le dimissioni della signora cancelliere ed inquietano il grande protettore di Washington. Meglio far scivolare la rielezione senza tempo in un momento meno agitato. Giornali e Tv guardano senza gridare al lupo. Le nuove regole che Chavez propone agli elettori prevedono il controllo politico della Banca Nazionale: restringe la libertà dei cambi per evitare fughe di capitali, ma è anche un controllo sulle strategie antinflazione, quindi libertà di distribuire interventi assistenziali e sussidi senza gli intralci tecnici dei tecnici della finanza. L’opposizione sostiene che è un modo per comprare voti, ma se i voti non sanno cosa mangiare, cosa fare ? Dubbio di tante americhe latine: 220 milioni di senza niente. L’allarme inquieta le grandi banche dell’altra America cliente privilegiato del Venezuela nell’acquisto di petrolio ed esportatore principe che invade vetrine e negozi di Caracas. Le riforme da approvare promuovono la revisione dei documenti catastali. I latifondisti dovranno esibire attestati di proprietà: il disinteresse dei governi del secolo passato hanno permesso l’allargarsi di latifondi che hanno inglobato senza freni terreni demaniali, quindi dello stato. La nuova costituzione vorrebbe distribuire le distese recuperate a contadini senza terra e a cooperative che il governo si impegna a sostenere finanziariamente. Poi controllo dei prezzi per evitare speculazioni, orario di lavoro ridotto a sei ore con stipendi minimi garantiti e la possibilità di monitorare i movimenti dei conti bancari per accertare la lealtà fiscale. Chi si batte per il no sostiene che le sei ore di lavoro favoriscono solo chi ha un lavoro stabile mentre il 53 per cento della gente ancora si arrangia. Era il 71 per cento nel 2001. La svolta cambierebbe le abitudini economiche della popolazione benestante instaurando < le pratiche del socialismo marxista importato da Cuba >. Rivoluzione che preoccupa non solo per la lealtà che impone tra cittadini e stato, ma per la possibilità che Chavez resti al potere fino al 2021 incubo che la disinvolta imprenditorialità venezuelana non sopporta. Dopo il benvenuto entusiasta dei primi mesi di governo ( < finalmente un uomo nuovo che spazzerà via la corruzione > ), confindustria e notabili gli hanno voltato le spalle. I mentori socialisti dell’Apra che avevano convinto l’ex colonnello dei parà a candidarsi alla presidenza, se ne sono andati appena resi conto dell’impossibilità di piegare < l’uomo nuovo > alla routine politica del vecchio Venezuela. La sovrabbondanza dialettica di Chavez ha precipitato la situazione dopo il colpo di stato 2002 e lo sciopero ad oltranza che ha inginocchiato le esportazioni petrolifere, vitello d’oro del paese. Su questo disamore ormai violento, si è inserito il gioco delle multinazionali: continuano a comprare il greggio anche se prezzi e incidenza fiscale sono cambiati. Fino a qualche anno fa le roialties regalavano pochi centesimi di dollaro ogni barile e l’imposizione fiscale restava una formalità. Oggi dividono col Venezuela più o meno il 50 per cento del prezzo di mercato. Sono poi finite le esportazioni parallele che non passavano dogana. Per quasi 30 anni il 23 per cento della produzione nazionale usciva clandestinamente e non esistono tracce su chi comprava e chi intascava. I sindacati ne erano coinvolti. Ortega, loro leader, ha partecipato al golpe per poi scappare in Costarica e poi tornare nei giorni della crisi petrolifera. Arrestato, è misteriosamente evaso. Se la Chiesa dei vescovi non ama Chavez, la Chiesa di base è dalla sua parte. Religiose, parroci e missionari mescolati alla gente non sono d’accordo sull’anatema della conferenza episcopale. E nelle prediche della domenica invitano ad approvare il referendum tanto che a Maracaibo, l’arcivescovo Ubaldi Santana, ha censurato l’omelia domenicale di padre Vidal Atencio rimproverandogli di mettere confusione nelle idee dei fedeli. Grandi università private ( e a pagamento ) protestano con i loro studenti; le prime università statali ( gratuite ) scendono in piazza per appoggiare il referendum. Panorama non sereno anche perché Chavez e i suoi discorsi infiniti non danno tregua. Se nelle elezioni del dicembre 2006 aveva raccolto il 62 per cento dei consensi, gli analisti del voto prevedono un calo consistente di si al referendum di domenica. Tra il 52 e il 54 per cento in favore, come nel 2001. Perché quando la presenza di Chavez al governo non è al centro della decisione, i popoli delle baracche e le braccia delle campagne sono meno invogliate a votare. Dietro lo show del braccio di ferro con re Juan Carlos, quindici giorni fa alla riunione di Santiago del Cile, una parte degli osservatori vede la furbizia del voler incarnare lo sdegno dell’ex colonia verso il sovrano, lasciando da parte Zapatero per riaccendere l’entusiasmo dei supporter dalle scarse conoscenze politiche ma interessati a sbarcare il lunario con aiuti che piovono dal governo. Difendendo dignità ed indipendenza, il presidente bolivariano riapre le ferite di sempre animando l’orgoglio nazionalista nascosto nei cuori dei senza niente. < Per tirar su voti >, si arrabbia chi non lo ama. E può essere vero. Ecco, il Venezuela. Chavez ha il dono dell’inopportunità che risveglia le masse ma imbarazza gli amici. Complica con discorsi mai sfumati le amicizie di Lula e dei coniugi Kirchner, a loro volta impegnati nella presidenza eterna con staffette familiari: quattro anni al marito, quattro alla moglie, avanti così. Il Venezuela tira diritto nel disegnare un continente nel nome del petrolio. Lo sta facendo anche Lula con l’a plomb di un sindacalista che misura le parole. Alle volte se le rimangia: in questi giorni ha scoperto un immenso giacimento di greggio nel mare di Santos e sta cambiando idea sulla rete di gasdotti e oleodotti proposta da Chavez all’intera America Latina. Non gli servono più. L’adolescenza delle democrazie attraversa queste turbolenze che lo specchio di giornali e Tv esaspera nel tam tam di vecchie e nuove egemonie. L’internazionale degli editori latini, legati da satelliti e partecipazioni incrociate, spinge ai rimproveri la federazione della stampa dei due continenti. Chavez che imbavaglia l’informazione. Forse è il sogno segreto ma per il momento lontano dalla realtà. I grandi giornali di Caracas sparano su Chavez con la bonomia prediletta dal Libero italiano quando parla di Prodi: El Nacional, El Universal, El 2001, El Mundo, Nuevo Pais, Tal Cual di Petkoff. Negli alberghi per stranieri sono i soli fogli in vendita. Neutrali, Ultimas Noticias e Panorama. Lo difende senza riserve Diario Vea, appendice dell’ufficialità. I giganti Tv restano all’attacco senza complimenti: TeleVenezuela, Venevision, la RcTv, compianta per aver perso la frequenza alla scadenza della concessione statale, é presente più che mai, cavo e satelliti illuminano ogni angolo del paese. Globovision ne è l’ammiraglia. Tre piccole Tv statali provano a far concorrenza ma sono noiose come le Tv cubane, con l’eccezione di Telesur la cui ambizione sarebbe sistemarsi al fianco della Cnn nella regione America del Sud: strada ancora lunga. Insomma, lunedì sapremo: imbrogli o volontà del popolo. Ma non è l’ultimo capitolo di una storia infinita che resta avvelenata se il petrolio continua a far tremare le economie del nostro mondo. mchierci2@libero.it Cortesia dell'Unità

COMMENTI

3 Dicembre 2007 18:23

Di tutte quelle belle parole del decantato articolo, dopo che il popolo venezolano ha votato NO a Chavez, che ne facciamo? Che sia un voto esprimente la volontà popolare di LIBERTA' è indiscutibile. W Venezuela

anonimo

1 Dicembre 2007 23:08

adesso sono a Caracas, dove ho vissuto dal1975, conosco quindi abbastanza bene la realtà di questo paese. ho sempre lavorato in fabbrica, a contatto con gli operai non ero la proprietaria e non mi sono mai arricchita qui, anzi, ho sempre lottato perchè chi fabbricava, nel mio caso i tessuti, desse ai venezuelani quello che si meritano e cioè la qualità. Difficilmente ascoltata da chi metteva i soldi. Quest'articolo di Chierici, mi sembra "buenisimo" riesce ad esprimere bene, quello che io penso e non so esprimere con tanta chiarezza. Rispetto alla mancanza di alimenti voglio raccontare due fatti,: l'altra settimana un mio amico è andato al supermercato, vendevano due scatole di latte a testa. Poi, annunzio: il latte è finito. Una signora rivela che alcuni avevano nascosto il latte dietro altri prodotti, per andarli a prendere dopo, e così via di seguito. Si è scatenatoi il finimondo, hanno cominciato a buttare giù tutte le scatole e cose varie, ed hanno trovato un sacco di latte nascosto.Si sono accapigliati. Un mio amico l'ha pure trovato dietro gli alimenti degli animali!!! Qui c'è gente che si porta a casa e si è portato a casa, decine e decine e decine di scatole, senza pensare minimamente che esistono anche gli altri e le cose si posono anche dividere in certi momenti. 2) ho sentito alla televisione, in un canale nuovo, che si chiama I e raccoglie gente che non sta nè da una parte nè dall'altra cercando un dialogo tra le due parti, ho sentito un economista che raccontava come in Venezuela c'è molto più latte di prima, solo che la gente ne consuma di più, e poi che il latte mondialmente scarseggia perchè, paesi come l'India e la Cina ne consumano, contrariamente a prima. Ma bisogna ascoltare tutti e poi fare le proprie scelte. Troppo odio per le strade, tra gli amici, in famiglia, ed intanto nelle campagne (dove sono stata ieri,) la gente si riunisce in comuni, alleva animali e si cerca di promuovere lla cultura, chi l'aveva fatto prima di allora. ma chi, dell'opposizione, si è avvicinata alla piazza dei musei ed ha seguito un bellissimo festival di cultura africana? Eppure era annunziato dappertutto, ed era gratis!! Io non difendo ne condanno nessuno. penso che tutti e due hanno le proprie ragioni, ma penso anche che solamente con la conoscenza e con il rispetto possa cambiare questa situazione. No alla violenza.

alessandra

29 Novembre 2007 20:30

Chiedo al sig. Dario Pulcini: cosa c'era in Venezuela prima di Chavez? Di certo non si riferisce a libertà, serenità e benessere. Anche nei "ranchiti"! Stracolmi di ogni tipo di elettrodomestici, attrezzature varie e vivande. Scuola obbligatoria e, soprattutto, gratis per tutti (unica spesa che gravava sulle famiglie era la semplice e decorosa divisa). Inoltre è indiscusso che NESSUNO è mai morto di fame! E' ancora da sapere che la c.d. "povera gente" vive nei ranchiti perchè, in Venezuela, la casa, così come è intesa dagli europei, serve solo per ripararsi nella stagione delle pioggie, per difendersi dai raggi diretti nelle ore del solleone e per dormire. E non sempre, perchè tanti preferiscono dormire all'aperto. I tetti in lamierino ondulato, pur emanando calore, vengono preferiti alle foglie di palma sia per non doverli sostituire ogni stagione e sia perchè gli animali (spesso velenosi) non li non possono eligere a loro dimora. Per chi non vive in zone tropicali o le conosce solo per (voluttuosi, costosi, superficiali) viaggi di "piacere", non sarà mai capito da chi vede ciò che appare e non ciò che è. Infatti, in Venezuela, il concetto di casa, ereditato dai millenni di esperianza india, è molto diverso. Là, anche chi ha la "casa", fa tutto all'aperto. Cucinare, riposare, attendere alle necessità della famiglia, ai fabbisogni e ai bisogni. Perchè dunque criticare il Venezuela ante Chavez se in Europa e nel c.d. "primo" mondo, quello civile, ricco ed egoista, non sono riusciti ad eliminare l'ecatombe di tanta "povera gente" che muore veramente per la fame, per il freddo, per gli stenti, per le malattie (mancanza di assistenza medica e soprattutto impossibilità finanziaria a comprare i medicamenti industriali)? Medicamenti che spesso in Venezuela vengono sostituiti da quelli che la natura (specie le foreste) dà con generosità. Che dire poi della possibilità che tutti i cittadini (volenterosi) da sempre hanno avuto di potere appropiarsi di un "fazzoletto" di terra dello Stato purchè lo coltivi per dar da vivere alla famiglia? E si sa che la "povera gente" non pagava energia elettrica, potendosi collegare gratuitamente? E quanto altro ancora prima di Chavez! Io appartengo alla c.d. "povera gente" e potrei ancora dir tanto sulla piccola vita di tutti giorni ma non saprei certo rispondere ai dotti economisti. Idealisti!? Se si continua ad avere partigiane riserve mentali, non si aggiusterà mai niente per realizzare il grande, unico, vero ideale di vivere tutti LA VITA. -anonimo-

anonimo

27 Novembre 2007 20:56

Questo articolo mi sembra un accozzaglia di sensazioni e frasi, senza però riportare i dati reali della situazione latino-americana. I cari giornalisti italiani delle sanguinose dittature latino-americane al tempo dicevano poco e nulla e hanno dimenticato in fretta cosa c'era a Cuba prima di Fidel, in Venezuela prima di Chavez, in Nucaragua prima di Ortega. Ora che i popoli di quei paesi stanno recuperando la propria dignità si getta panico e confusione (come in questo articolo) per cui hanno ragione tutti e nessuno. Sono anni che le poche notizie che trapelano dall'America del Sud sono sempre o palesi baggianate oppure attacchi schierati contro questo o quel paese che decide una strada diversa dal capitalismo. In realtà, Partito Democratico compreso, gran parte dei politici italici e europei sono per il capitalismo e questo è il vero problema: aver cancellato dalla storia un'alternativa possibile al capitale, rappresentata dal socialismo umanista dei Bolivar, degli Allende, dei Castro e degli Chavez. Ma stavolta non la si può più fermare questa rivoluzione, con l'aiuto degli Stati Uniti, organizzando squadroni della morte ben addestrati. Ora il vecchio e decadente occidente non sa cosa proporre di innovativo, non sa come rispondere ai tentativi di trovare una via diversa a questa economia di pochi ricchi e tantissimi poveri. In Sud America ci stanno almeno provando e da tante parti anche riuscendo. La democrazia è innanzitutto la possibilità di vivere e non di sopravvivere, come fanno i 3 milioni di famiglie italiane sotto la soglia della povertà, nell'ottavo paese più ricco del mondo. Un'ultima cosa: andatevi a leggere qualche statistica dell'ONU, dell'UNESCO, dell'UNICEF, per vedere come sono cambiati quei paesi, troverete cose che non ci hanno mai detto e che forse vi sorprenderanno.

Dario Pulcini

27 Novembre 2007 16:18

TEMA: . VOTO: 0, perchè fuori tema. Quante confuse e "inesatte" parole pur di non compromettersi irrimediabilmente. Dopo il risultato del referendum: "io l'avevo detto" e giù con tante altre parole, parole, solo parole di chi sa ben poco di ciò che il LIBERO popolo venezolano vuole e di come sta soffrendo. I cronisti lo sanno che per comprare 250 gr. di latte - e quanto altro necessario alla sopravvivenza di bambini, vecchi e ammalati - si è costretti a fare la fila senza sapere se si arriverà ad ultimarla? Dover tornare a casa senza latte ma con la disperazione nel cuore è un buon motivo per fare capire chi è veramente Chavez ? Perchè non far sapere che il ministro della sanità e dell'alimentazione ha detto in TV che non è necessario dare il latte ai bambini perchè va benissimo anche il "brodo di cipi-cipi (telline) con farina di mais"? Ma dove trovare il mais? Perchè non fare sapere che gli studenti sono fra i più preoccupati di poter perdere la LIBERTA' , conquistata da Simon Bolivar, alla quale sono abituati da 2 secoli? Perchè non fare sapere che ogni mattina, nelle varie città, si rinvengono morti ammazzati che non sono delinquenti? E che dire degli studenti che si rifugiano nelle Università per salvarsi dagli attacchi della polizia? Per chi non vive nei luoghi è veramente difficile poter credere a queste cose ma è comprensibile e sufficiente per votare NO a Chavez. Per chi crede nella "vera" LIBERTA' dell'intera UMANITA'. Anonimo per ovvi motivi.

Anonimo

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