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13 Agosto 2007 09:02

Maurizio Chierici: Ragazzi, non bevetevi il cervello

1595 visualizzazioni - 4 commenti

di Maurizio Chierici

Sto scrivendo e non so cosa i giornali racconteranno domani dei ragazzi che hanno perso la vita nelle strade della grande vacanza, o travolto passanti dopo aver esagerato col bicchiere. Speriamo non siano numeri iracheni. La legge che vuole imbrigliare i massacri del dopo discoteca non perdona chi beve o s’impasticca in tanti modi. Mano pesante con un ma: multe e prigione dovrebbero essere raddoppiati per chi inventa la pubblicità che intontisce. Per televisioni e giornali che allargano i loro inviti. Per i < testimoni > di buon nome che strizzano l’occhio nel bevi che ti passa. Timidamente il ministero distribuisce uno spot: invita a ragionare senza la furbizia che seduce chi ha voglia di far festa. I Tg ripetono l’impegno della campagna < La vita non è un optional >, per migliorare la comunicazione non solo con i buoni consigli diluiti nel moralismo della tradizione. Una sms informa i giovani sulle regole e le pene della nuova legge. Con una sorpresa. Se verranno fermati sobri e col programma conservato nel telefonino, parteciperanno all’estrazione di premi, compreso < viaggio e ingresso gratuiti a una gara di formula uno >. I casi sono due: o gli adulti che implorano con aria da mendicanti considerano i ragazzi talmente stupidi da poterli incantare con la lotteria che perfino Jerry Scotti rifiuterebbe sdegnato, o i ragazzi sono davvero così e il futuro di tutti impallidisce. Arrancare coi giocattoli per cambiare la loro vita è segno drammatico di debolezza. Più convincente Alessandro Zanardi, ex formula Uno abbandonata dopo l’incidente che gli ha tagliato le gambe: sempre campagna contro alcool e alta velocità. Non male ma ancora lontana dalla vita di chi si affaccia. Forse Valentino Rossi non beve eppure non ha mai sdegnato il gioco degli sponsor. Non è il caso di infierire sul mito del ragazzo all’improvviso invecchiato con la furbizia del padroncino che nasconde i milioni nelle banche straniere per non pagare le tasse. In fondo è nella scia di Capirossi, esule volontario a Montecarlo. La lettera di Filippo Senatore ricorda vecchi spot dei quali Valentino era protagonista. La birra gli ha pagato 6 milioni e 418 mila euro dal 2000 al 2004, ultima contabilità conosciuta. < Preferisci bere o parlare ? >, volevano sapere i giornalisti che andavano a raccogliere le sue lodi al bere tout court. < Bere, visto che non mi ritiro dalla motocicletta >. Oppure: < Continuare a bere, Berlusconi docet: anch’io posso guidare impunemente >. Simpatico da copertina ma quanti giovani intrappolati dal suo coraggio sono finiti sui giornali del dopo week end ? Peccato condiviso col silenzio- assenso da ogni campione su due ruote: attorno alle loro prodezze si accendano spot che e eccitano chi li vuole imitare. Mentre il disc jockey di Italia Uno urla < Rossi c’è, Rossi c’è >, tra una dirapata e l’altra appare un angelo maschio, occhi al fluoro: fa sognare con un aperitivo alcolico l’adolescente non ancora sciolta al primo amore. Impossibile resistere al mirto forte della Sardegna da sorseggiare con lo scooter appoggiato al bancone mentre Valentino infila l’ultima curva. Manette a chi guida ubriaco, d’accordo; manette soprattutto alla pubblicità che sorprende i giovani mentre stanno sognando. Bisogna riconoscere che Tg e sport Rai bevono soprattutto vino in scatola, famiglia riunita con figli che sorridono ai padri; apertivi e spumanti solo nei dintorni dei Natali ubriachi. Mai alcolici super, al massimo ammazzacaffé e voli spericolati del pilota coraggioso consolato dall’ amaro che fa bene al cuore. Mediaset non rifiuta mai un buon cognac o la grappa invecchiata, mentre Sky fa un po’ come le gira, multinazionale straniera che illumina l’ Italia da Roma e da Milano: la legge potrebbe frenarne la sete. La voteranno camera e senato dove siedono i rappresentati del popolo targati Tv ? Legge liberticida, imbavaglia la libertà del mercato, rovina chi pigia e distilla. Plotoni di onorevoli difenderanno coi denti il diritto alla libera pubblicità della società che produce e consuma. Per diventare davvero europei diamo un’occhiata alle altre televisioni. In Francia nessuna bottiglia appare sugli schermi prima delle undici di sera. Più severi in Germania, per non parlare dei paesi scandinavi dove l’alcolismo scatena le strade di ogni fine settimana malgrado le tasse triplichino i prezzi dei bicchieri pericolosi. Senza andare lontano, nei manicomi friulani, piemontesi, veneti e del Casentino buona parte dei ricoverati non è matta; ha solo insistito con la sbronza. Quanto costa la folla degli invalidi per alcol alle tasche dei cittadini ? L’impegno civile degli alcolisti anonimi dovrebbe coinvolgere i pubblicitari indifferenti all’analisi degli osservatori di Bruxelles: fanno sapere che l’Europa dei giovani e dei vecchi si appisola sotto spirito. Il fenomeno italiano resta da centro classifica, ma orgogliosamente guidiamo il manipolo dei paesi mediterranei: più di un milione di alcool dipendenti. Due milioni donne e uomini sotto i 35 anni sull’orlo della patologia. Le ragazze raddoppiano da un’estate all’altra. Incremento del 103 per cento ogni dodici mesi. Una generazione instabile – allucinazioni, svogliatezza – cresce alle nostre spalle mentre gli spot continuano. Vita che diventa un optional da bere. E sta arrivando l’onda internet. Lo studio Usa Veronish-Sushler- Stevenson prevede che nel 2011 la pubblicità on line raggiungerà negli states i 62 milioni di dollari, pareggiando ( o quasi ) gli annunci dei giornali. < Cambiamento epocale nel sistema della comunicazione pubblicitaria; crescita che continuerà fino al 20016 >. La tendenza ha raggiunto la Francia, si allarga in Italia. I poliziotti antipedofili di guardia ai fili dei computer dovranno moltiplicarsi per evitare che la seduzione del bevi bevi sorprenda eserciti di adolescenti. E le certezze di Ignacio de Loiola sfiorano la bottiglia: datemi la giovinezza di un uomo e la sua anima sarà nostra per la vita. Ubriaco o drogato per sempre ? Il problema non è solo convincere, reprimere o ammanettare le generazioni che alzano il gomito e i loro cattivi maestri. Droga e alcolismo sono uno dei riflessi della complessità di una società che i padri non sempre controllano, figli abbandonati alle chimere del consumismo. Vanno avanti quasi da soli. In tanti si liberano della plastica dei modelli Tv, immersi nello studio e nel lavoro, ma il coro in un certo senso li emargina, voci di chi insegue la comodità del compra e getta. A Reggio Calabria si è appena riunito il movimento cresciuto attorno ai ragazzi di Locri: Liberitalia è l’ atto di fede che rifiuta l’oscurità delle mafie e invita a sperare. E poi la generosità del volontariato; gli Erasmo che aprono la testa e chi studia-lavora, ma restano minoranze sdegnate dalle banalità della comunicazione televisiva e pubblicitaria. Se paghi fai venti anni in uno e diventi quasi dottore come Valentino Rossi, autismo di massa guidato da chi deve vendere. I genitori dove sono ? Lavorano, tornano a casa senza la forza di parlare. Tirano su i figli con l’onore dovuto: ben vestiti, videotelefonini, motorini, vacanze bianche e azzurre. Spendono tra i 90 e i 300 mila euro fino a quando le luci dei loro occhi arrivano a 18 anni. In molte realtà diventano 25 o 30, chiari di luna della galassia precari. Li crescono senza complessi e senza invidie. Quando gli insegnanti alzano la voce scoppia la rivolta: < Caro professore, ma chi crede di essere ? Reazione di genitori piccolo borghesi perché i grandi blindano i loro cari nei collegi privati; genitori che non sopportano il disonore dopo tanti sacrifici. Proprio tanti. Se i compagni di classe inforcano occhiali firmati, che senso ha privare gli eredi dal diritto di appartenere alla miopia doc ? Padri e madri non sopportano l’aria secchiona delle nonne befane, foto di 40 anni fa. Pagano 60, 120, 150 euro, più o meno i soldi che i ragazzi dell’altro mondo raccolgono in tanti modi per mangiare tre mesi. Gli insegnanti fanno ciò che possono. Mal pagati e ostinatamente innamorati del mestiere ( non tutti ) diventano rompipalle se non perdonano l’esuberanza o la svogliatezza dei figli. O li intristiscono evocando la serietà di un’altra Italia quando i ragazzi arrivavano a scuola con cappotti rivoltati, soprascarpe di gomma per non infangare tomaie di mezzo cartone, aule fredde, lezioni intabarrate, mai al ristorante. Cinema una volta la settimana, vacanze in casa dei parenti. Santo cielo, perché tirar fuori il vecchiume ? Padri e madri non capiscono. Racconti che li annoiavano nelle famiglie d’antan, per fortuna la vita è cambiata, meglio crescere i ragazzi nel sonno della memoria. Limbo che diventa solitudine o isterismo quando entrano in società. Al di là delle manette per gli ubriachi e spot strappacuore con premio formula uno, la società cosa può fare ? Guardando i bilanci in rosso delle forze armate, il ministro Parisi immagina di far convivere militari professionisti e ragazzi- ragazze di leva. Non solo per le spese che rimpiccioliscono, ma per il senso di responsabilità che un anno o sei mesi di servizio civile possono restituire alle generazioni socialmente distratte. < Una comunità ha bisogno di riti di passaggio > scrive sul Riformista il sociologo Giuliano da Empoli: ha 34 anni e cammina fra i nuovi. < Per molte generazioni il servizio militare ha segnato il momento ufficiale dell’ingresso nella vita adulta. Si entrava ragazzi, e se ne usciva ( almeno nelle intenzioni ) adulti. Battesimo, circoncisione, matrimonio, servizio di leva coincidono con i momenti di trasformazione dell’individuo. Rientrano nelle categoria dei riti di passaggio: cerimonie che segnano la trasformazione delle persone, piccole rinascite superate le quali si ritrovano in una condizione nuova. Era la sanzione pubblica di una trasformazione privata >. Ai ragazzi senza naja è negata questa trasformazione. Vanno avanti con un’idea impaziente, vaga e burocratica delle < autorità > e del rispetto. Se non per curiosità intellettuale o vocazione sociale, sanno dei problemi nei quali sono immersi solo dalle Tv e dai computer della sera. Leggono sempre meno. La solidarietà è il sentimento personale di pochi. Sta crescendo una società apparentemente informata ma debolmente consapevole. Si ipotizza un servizio civile ancora vago. Speriamo non scada nella comodità del dormire a casa. Devono vivere assieme nelle caserme per imparare assieme a vegliare sul territorio, ad intervenire assieme nelle emergenze improvvise o quotidianamente umane. Studiare per capire come mai l’ Italia frana, brucia, fiumi che rompono gli argini, acqua che manca per acquedotti colabrodo. Ripassare la storia degli ultimi cinquant’anni per capire dove sono e votare sapendo. Insomma, diventare cittadini smettendola d’essere individui che aspirano alla bambagi. Esercito di pace che si riscioglierà nella società con una visione concreta dei problemi della gente. Professionalmente più quadrati e speriamo liberati dal familismo piccolo o potente che oggi li tutela. Non piu < figli di > ma uomini e donne che camminano da soli. Con un vantaggio sociale del quale si parla poco. Il vecchio servizio di leva ha garantito ogni anno ( per più di un secolo ) il quadro sanitario che rispecchiava la salute e la fragilità del paese. Nell’evo della droga e dell’alcool la visita di leva può scoprire robustezze e malattie, obesità e debolezze, ricomponendo il referto medico di generazioni che si curano, ingrassano o dimagriscono sfogliando rotocalchi o lasciandosi curare dagli esperti Tv. Non solo multe e manette, anche se necessarie, ma il progetto coinvolgente di una società di tutti e per tutti. Nessuna esclusione. Anche chi non arriva a un metro e sessanta d’altezza deve essere arruolato, tabu infranto. Perché non marcia coi fucili ma impara il rispetto civile assieme gli altri. mchierici2@libero.it Cortesia dell’Unità

COMMENTI

3 Luglio 2008 17:28

/Users/dom/Documents/cartella RASSEGNA STAMPA/lettera .rtf

thibault

17 Agosto 2007 13:49

Nella lettera vengono sviscerati diversi aspetti del problema ed è esattamente la mia visione di una informazione ben fatta.Guardando alla mancanza di rispetto che oggi prolifica tra i ragazzi,c'è un punto che sento di condividere particolarmente: la naja era un'occasione di crescita.In ogni società,dalla primitiva fino alle più complesse,come la nostra,si compiono riti di passaggio che servono a riconoscere il ruolo e pertanto le responsabilità civili e penali che ciascuno debba assumersi perchè la convivenza civile possa esser tale .La Naja è stata a lungo considerata un fastidioso obbligo da aggirare con ogni mezzo perchè si riteneva fosse di ostacolo alle possibilità di un giovane, raggiunta la maggiore età.Dopo anni in cui se ne dava l'annuncio,si è giunti all'abolizione.Non so se sia prematuro valutarne gli effetti,ma è certo che sia scomparso un momento di condivisione e confronto con gli altri. Ciò che ritengo più vergognoso è l'atteggiamento iperprotettivo assunto da una certa fascia di genitori che non riuscendo a trasmettere valori ai figli si sentono aggrediti dagli interventi mediante cui taluni insegnanti tentano di educarli,dimenticandosi che la famiglia e la scuola sono chiamate a svolgere il ruolo principale come agenzie a ciò espressamente rivolte.Il fallimento dovuto alla mancanza di un impegno cooperante sono sotto gli occhi di tutti. I gesti che quotidianamente si condannano,a mio parere in modo totalmente irresponsabile da parte dei media, non sono altro che una sfida che i ragazzi di oggi lanciano agli adulti perchè si prendano carico dell'autorevolezza a cui hanno rinunciato. Era stata avanzata l'idea di chiamare i giovani a svolgere un periodo di servizio civile in sostituzione a quello militare,risolvendo così anche il problema dell'obiezione di coscienza.Che fine ha fatto quella proposta? A che punto dell'iter legislativo sta?Occorre ricordare che dovrebbe essere compito dell'intera società preoccuparsi del futuro delle giovani generazioni?

elvira

13 Agosto 2007 21:35

Mi permetto di segnalarvi un brevissimo spot contro la guida veloce: da me scritto e interpretato è da qualche tempo disponibile su Arcoiris.tv (a cui si devono anche le fasi di ripresa e montaggio). Lo trovate cercando nell'apposito riquadro in alto a ogni pagina "Per una guida sicura". Credo che il carattere volutamente esagerato e demenziale dello spot possa avere qualche efficacia. Saverio Tommasi www.saveriotommasi.it

Saverio Tommasi

13 Agosto 2007 10:00

Condivido l'immagine ipocrita dell'Italia che da una parte ti multa, ma dall'altra ti invoglia a bere (per alcuni intelligenti di sinistra, questo è segno di libertà; al limite le multe o divieti sono un attentato a libertà e intelligenza). Riguardo all'uso di alcool et simili, proporrei, non solo di elevare le multe, ma di criminalizzare l'uso di tutti i mezzi motorizzati in stato di alterazione o (anche senza uso di sostanze) pericolosamente. Mi spiego: molte volte sento parlare di omicidi colposi. perché? Chi usa sostanze di ogni tipo, non sa che dopo averle assunte non avrà le capacità per guidare qualsiasi mezzo? Non possiamo parlare di omicidio colposo, ma di omicidio premeditato (anche se la scelta della persona o persone è casuale). Nel caso ci fossero solo a feriti (purtroppo in alcuni casi dire solo feriti non rende per niente bene l'idea), ci troveremmo di fronte ad un'aggressione premeditata. Nulla è frutto del caso, ma perfettamente voluto. Lo stesso dicasi per la guida tendenzialmente pericolosa e fuori dai limiti, anche senza aver fatto uso di sostanze (sono tanti a guidare pericolosamente e nervosamente, non solo in autostrada o nelle statali, ma anche nelle città). Purtroppo ci troviamo di fronte a frotte di guidatori molto nervosi, pretenziosi e menefreghisti (chi vuole aggiungere altro, faccia pure). Non voglio dire che tutti gli incidenti hanno queste caratteristiche: ammetto che una parte sono realmente frutto di disattenzioni dall'una o dall'altra parte (senza per questo giustificarle!) e che, al di là dell'esito, ci troviamo di fronte all'involontarietà, all'incidente non frutto di alterazione o guida pericolosa, ma la maggior parte si. La maggior parte degli incidenti sono frutto di atteggiamenti criminali e come tali devono essere giudicati. E' come se uno va in giro con la pistola carica e poi ad un certo punto comincia a sparare in aria ed a caso: se colpisce qualcuno accettereste la non volontarietà? In tutto questo discorso ci sono dei complici. Pubblicità, produttori, costruttori ...(come già affermato dalla lettera). Questi non li penserei come complici, ma quasi quasi come mandanti. Perché costruire dei mezzi velocissimi e scattanti, pericolosi come delle armi? Perché pubblicizzarli sapendo che sono potenzialmente molto pericolosi, anzi istigandone un uso non corretto? Perché pubblicizzare anche l'uso di alcoolici? Questi non sono solo atteggiamenti, ma veri atti criminali. E' ora che si giudichino i fatti per quello che sono: dei crimini! Come ogni crimine, va scoperto il colpevole ed i suoi mandanti. Saluti

Giovanni Marucci

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