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9 Maggio 2023 18:05

Una diocesi capricciosa

48 visualizzazioni - 0 commenti

di Paolo Farinella, prete


NOTE SUL CONSIGLIO PRESBITERALE
di GENOIVA
   La «Capricciosa» non è solo una pizza, ma può esserlo anche una Diocesi, anzi Arcidiocesi come Genova che una volta fu «Superba» anche perché vi erano vescovi «grandi» nel senso più pregnante dell'aggettivo: uomini di governo lungimirante. Oggi si naviga a vista e per giunta senza bussola, caracollando «extra legem», dando un pessimo esempio a coloro da cui si pretende l'osservanza pedissequa di norme e voleri «episco-vicariali».
 Finalmente, dopo tre anni dal suo ingresso (luglio 2020), il padovano Marco Tasca convoca i preti per eleggere il Consiglio presbiterale. Era ora! Di solito, poiché il Consiglio presbiterale decade automaticamente in caso di «sede vacante», il nuovo vescovo (v. Canestri e Tettamanzi), si affrettano a indire le elezioni per avere una indicazione dal clero per scegliersi i collaboratori tra i più votati.
   Non abituato al governo, avendo svolto per 12 anni solo «funzioni di rappresentanza», senza potere effettivo (Ministro generale), il vescovo Tasca, entrando in Genova ha comprato all'ingrosso, forse con sconto comitiva, quasi tutta la curia precedente, legandosi così mani piedi e cordone, privandosi dell'ebbrezza della scoperta con volti e nomi nuovi. Lo dice la storia: peccato, il vescovo ha i collaboratori che si merita perché se li sceglie.
Premetto subito che lo stesso allegato in pdf che trovate qui con alcune aggiunte di dettagliato pasticcione di governo episcopale-vicariale, è stato, poco prima di spedire questa Newsletter, da me inviato in Vaticano, dove ormai sono di casa, ai Dicasteri del Clero e dei Vescovi.
La ragione di questa mia comunicazione a voi e al Vaticano è triplice:
a) per ragioni teologiche: la Chiesa locale non è proprietà privata del vescovo e dei vicari e questi non possono fare quello che vogliono, specialmente se fanno i gargarismi con l'acqua della «sinodalità»;
b) per ragioni battesimali / ministeriali: ogni battezzato o prete e corresponsabile e se non vive questa responsabilità ne dovrà rendere conto a Dio: se il vescovo è responsabile di tutti noi sul piano della fede, la nostra responsabilità è maggiore perché noi dobbiamo rispondere del vescovo e dei vicari;
c) come scrivo nel pdf, l'elezione del Consiglio riguarda tutti i preti e ciascuno dovrebbe sentire la gioiosa leggerezza del giogo. Fare gli indifferenti o professare la fede nell'assunto teologico, molto diffuso del «non tocca a me», equivale a essere complici del degrado e delle ingiustizie che si compiono in diocesi senza che nessuno batta ciglio.
C'è tra i preti qualcuno che pensa che io mi diverta a scrivere queste cose? Poveretto, non so che dire! Se io emergo è solo perché attorno c'è il vuoto, non il silenzio, ma il tacere che è la cosa più orribile che possa capitare a chi dovrebbe essere «esperto nella Parola e in umanità».
  Non serve il pettegolezzo che offende il sacramento, ma è necessaria la «parresia», anche se ciò comporta l'emarginazione. Vi invito a leggere l'allegato che è anche minicorso di aggiornamento giuridico in rapporto al Consiglio presbiterale, cose che tutti dobbiamo sapere, se vogliamo avere una coscienza «informata» e votare non per simpatia, ma «per amore di Gerusalemme»; altrimenti siamo anonimi e dannosi. Ubbidire non è essere sottomessi e subire ogni sorta di angheria.
   Se siete devoti di Sant'Antonio da Padova, vi invito a leggere i suoi «Sermoni», pubblicati bilingue da Emi di Padova, messi all'indice dalla Chiesa perché staffilava cardinali, vescovi, abati e monsignori: io non sono in grado di ripetere i suoi epiteti che proferiva nelle prediche durante la Messa festiva.
  Molti preti fanno frizzi e lazzi sul fatto che il vescovo e i vicari, due o tre volte a settimana, comunque tutte le volte che si riuniscono, mangiano e bevono insieme e paga la diocesi: è il 2° mistero gaudioso: la visita di Maria a Elisabetta... a spese di Zaccaria. Io non lo so, ma se fosse vero, perché non dirlo e non chiederne conto in uno degli incontri programmati? Personalmente penso che il vescovo e i vicari possano mangiare insieme, magari insieme ad altri preti, quando vogliono; ma penso anche che possano benissimo pagarsi il pranzo di tasca (sic!) propria e non a carico della diocesi. Specialmente in un tempo in cui costoro hanno decurtato i punti a diversi preti, tra cui il sottoscritto, che è già pronto per denunciare vescovo e vicari in tribunale perché l'atto che hanno compiuto, almeno nel mio caso, è illegale, immorale e configura il reato di frode.
Poveretti! Si può sempre fare una colletta «finalizzata» tra il clero per alimentare la «fraternità sacerdotale» (si dice così, no!) e pagare noi il povero desinare di vescovo e vicari sia quando lo consumano nel rinnovato episcopio «stile Ikea», sia quando lo consumano in trasferta (in questo caso dovremmo tassare un supplemento per le spese di albergo, B&B o tenda canadese). Vi terrò informati.

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