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26 Luglio 2013 18:32

La siciliana ribelle

745 visualizzazioni - 0 commenti

di Lucio Garofalo


Lasiciliana ribelle
Temoche non siano molti coloro che conoscono la figura di Rita Atria. Personalmenteho conosciuto la storia di Rita Atria grazie al film di Marco Amenta, Lasiciliana ribelle, uscito nelle sale cinematografiche nel 2009. Il film èliberamente ispirato alla vicenda di questa ragazza, figlia di un boss mafiosoassassinato nei primi anni '80. Rita fu testimone oculare dell'omicidio delpadre e, alcuni anni dopo, venne ammazzato anche suo fratello. Per vendicare isuoi cari la ragazza decise di denunciare gli assassini. Grazie alla suacollaborazione con la magistratura, in modo particolare con il giudice PaoloBorsellino che diventò per lei come un secondo padre, furono arrestati imafiosi da lei accusati e fu avviata un'indagine sull'ex sindaco di Partanna,il paese natale di Rita.
Il26 luglio di ogni anno si commemora la figura di Rita Atria, che a soli 18 annidecise di togliersi la vita gettandosi da un balcone posto al settimo piano diuna palazzina di Roma, dove viveva segretamente. Accadde esattamente una settimanadopo la strage di via d'Amelio del 19 luglio 1992, nella quale perirono ilgiudice Borsellino e la sua scorta. La decisione di collaborare con lagiustizia aveva spinto Rita in uno stato di estrema solitudine anzitutto sottoil profilo socio-affettivo. L'omicidio di Borsellino le fu fatale. Perinfangarne la memoria anche dopo la morte, la madre, che l'aveva già ripudiatain vita, ne danneggiò la lapide a colpi di martello.
Ciòche mi preme sottolineare è soprattutto il coraggio interiore e la forza moraledi questa "novella Antigone", un'eroina dei nostri tempi, una ragazzacapace di rinunciare addirittura alla sfera degli affetti più cari pur direalizzare il proprio ideale di giustizia. In un'epoca in cui i simbolidell'anti-mafia sono personaggi del calibro di Falcone e Borsellino, oppurePeppino Impastato ed altri, figure considerate minori o secondarie come quelladi Rita sono di fatto eclissate e ridotte ai margini della memoria collettiva.
Ilgesto di chi sacrifica tutto per un ideale, impone un ragionamento sul temadell'"omertà sociale", cioè la tacita complicità con chi delinque. Nelgergo mafioso chiunque infranga il codice dell'omertà, tentando di far luce suuna verità, è disprezzato come un "infame". L'infausta catena omertosa è la base culturale su cui sierge il poterecostrittivo e terroristico dellemafie. Per cui la frase che esprime meglio l'omertà sociale è: "Non vedo,non sento, non parlo".Da qui l'uso intelligente del linguaggio, senecessario urlato, per comunicare un gesto di rottura contro il silenziodell'omertà, della complicità con il crimine economico e politico in generale.Il linguaggio della verità costituisce un modello educativo improntato a codicinon oscurantistici, bensì più aperti e democratici.
Inteoria la parola può servire a spezzare le catene dell'ignoranza,dell'indifferenza e dell'ipocrisia sociali derivanti dal codice omertoso.Antonio Gramsci scriveva che "la verità è sempre rivoluzionaria". Illinguaggio della verità è, infatti, profondamente "sovversivo" e giovaalla causa della libertà e della giustizia sociale, rompendo o modificandocomportamenti che ci opprimono e ci indignano. La parola, in quantotestimonianza di un altro modo di intendere e di costruire i rapportiinterpersonali, improntati ai principi della solidarietà, della libertà, dellagiustizia e della convivenza democratica, è una modalità eversiva rispettoall'ordine omertoso imposto dalla mafia e, per estensione, rispetto al potereoppressivo della criminalità economica capitalistica.
Ildelitto, il cinismo, l'ipocrisia, la sopraffazione sono elementi intrinseci alsistema mafioso, ma si iscrivono nella natura più intima dell'economiacapitalista. La logica mafiosa è insita nella struttura stessa del sistemaaffaristico che domina in ogni angolo del pianeta, ovunque riesca ad insinuarsil'economia di mercato e l'impresa capitalista con i suoi misfatti. Ciò cheeventualmente può variare è solo il differente grado di "mafiosità", diirrazionalità e di aggressività terroristica dell'imprenditoria capitalistica.
C'èchi sopprime fisicamente i propri avversari, come nel caso delle "onoratesocietà" riconosciute apertamente come criminali, mentre c'è chi ricorre ametodi meno rozzi, apparentemente più raffinati, ma altrettanto spregiudicati epericolosi.
Nona caso, Honoré de Balzac scriveva: "Dietro ogni grande fortuna economica siannida un crimine".
LucioGarofalo

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