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24 Gennaio 2011 12:39

Se il morto ha un Certo Nome

1711 visualizzazioni - 4 commenti

di Doriana Goracci

Arriva portata da   Media di tutto prestigio, come il Corriere della Sera o   da oscuri  blog , la tragica notizia di un morto sul lavoro, di domenica mattina 23 gennaio, perchè si chiamava Silvio Berlusconi.

Una delle operazioni più ciniche che io ricordi, degne solo di un paese incivile che è diventato l’Italia, bordello di genti, ben rappresentato dal Transatlantico, dove salgono e scendono dall’Auditel, le figure più rappresentative dell’odierna società italiana, senza confini di Genere ed Età anagrafica. La vignetta che riporto all’inizio, ha una didascalia:” Prima tocco’ all’Orco. Poi venne il turno degli Sciacalli. “  E’  datata ottobre 2010, chissà a cosa si riferiva, nel mondo figurato di claudio sala, io l’ho trovata pertinente.

Ho appreso  la notizia da un blog, che mi è stato inoltrato gentilemente da un nuovo amico su Facebook: Muore Silvio Berlusconi scivolando su un lastrone di ghiaccio.Ve lo riporto alla fine.

Proprio stamattina ho ricordato Giuseppe Gatì, un giovane ragazzo siciliano, contro la Mafia, che morì sul lavoro, in circostanze banali…anche lui ebbe il suo momento di notorietà, per aver affrontato pubblicamente, Vittorio Sgarbi e non per diventare famoso ma perchè diceva ” Questa è la mia Terra e io la difendo e tu?” Era il 23 gennaio pochi giorni prima…e dal suo blog, gli scriveva un’amica, Alessia: “Caro Peppe, il video della contestazione a Sgarbi ormai è stato visto da più di 100.000 mila persone.…INFORMARSI, INFORMARE, CRITICARE, COSTRUIRE. Facciamo qualcosa che arrivi anche alla gente che non ha internet: volantinaggio massiccio nei paesi, al mercato, davanti le chiese, dappertutto! DICIAMO LE COSE COME STANNO e non a chi già sa, ma a chi ha come unica fonte di informazione la televisione monopolizzata e i giornali venduti ai politici. Sono sicura che andremo avanti e non più da soli.Ti abbraccio, Alessia S.” …Continua per lui qualcuno ancora a scrivere e riporta una sua lettera incompiuta del 25 maggio 2008: Lettera a Peppino Impastato
Vengo anche a sapere, ma questa notizia non è circolata come il vento, rispetto alla morte di Silvio Berlusconi,  che è stata perquisita la sede dell’Espresso, definita di regime, su you tube.
La mia memoria è andata a certe canzoni che parlano di morti sul lavoro, vecchie degli anni ’70. Una era cantata da Chico Buarque de Hollanda e ha per titolo Construção.
Da un sito a me, a noi… molto caro http://www.antiwarsongs.org/ copio il commento integralmente:  “Il video di questa canzone era già stato segnalato (da Susana) nella pagina dedicata a Pablo di Francesco De Gregori (dalla quale è stato rimosso). Celebre per le sue “dimenticanze”, questo sito ne stava compiendo una pur avendo la canzone già segnalata; rimediamo oggi inserendone il testo originale e la bella versione italiana di Guido Rita.Una canzone importantissima, anche per l’anno oramai lontano in cui è stata composta. Importantissima e bellissima nella sua semplice ma estrema drammaticità. Nulla è cambiato: si muore sul lavoro quanto e più di ieri, si lavora non per vivere ma per morire. Una canzone che parla della fine di un operaio edile, come giornalmente avviene a due o tre per volta in Italia, come giornalmente avviene a decine o centinaia in tutto il mondo. Lavorare e morire in barba a tutta la “sicurezza” tanto strombazzata dai padroni; sicurezza inesistente, perché costosa. Perché rallenta la produzione e il profitto. E allora si muore. Nell’indifferenza più totale, nonostante i titoloni, nonostante le lacrime di coccodrillo istituzionali. Si muore, come dice Chico Buarque, “disturbando il traffico”, come un pacco ubriaco, agonizzando sul marciapiede. Un funerale, due fiori, il discorso dell’immancabile prete o vescovo (ma bisognerebbe vedere quanti operai sono morti anche nei cantieri ecclesiastici, in tutte le epoche), gli strepiti dei politici, i roboanti “mai più”; e mentre quel “mai più” vuoto viene pronunciato, un altro operaio vola di sotto. Partono i “basta”, e un altro operaio ancora inciampa e si schianta al suolo. E così via. Ci vengono a parlare di “cifre da guerra”, ma una guerra, e lo diciamo coscientemente in questo sito, va combattuta. E questa va combattuta sovvertendo l’ordine del lavoro-schiavitù. Altro sistema non c’è. Tutto il resto è solo fuffa montezèmola, solo lacrime napolitane. [RV]“

Seguì Funeral de um lavrador…
Concludo con una canzone la cui “Traduzione italiana, scritta da Sergio Bardotti per Maria Carta,  la incluse nel suo lp “Vi canto una storia assai vera”, completamente dedicato ai canti di protesta: “Questa fossa dove stai, larga poche dita, è il più piccolo conto che hai pagato in vita…Ha volume giusto, né largo né fondo: è la parte che ti tocca  del latifondo. Non è una fossa grande, è giusta, precisa: è la terra che volevi  veder divisa.E’ una fossa grande  per un piccolo morto,di quand’eri al mondo.E’ una fossa grande per un morto da niente, ma qui più che nel mondo  stai comodamente. E’ una fossa grande, la tua carne è poca, ma alla terra donata  non si guarda in bocca. E’ il più pccolo conto  che hai pagato in vita. E’ la parte che ti tocca  del latifondo. Ma hai più spazio attorno di quand’eri al mondo. Ma qui più che nel mondo  stai comodamente. Alla terra donata  non si guarda in bocca”. Il video in lingua italiana e cantato come già detto da Maria Carta, ha per titolo Il funerale del lavoratore, con questa didascalia: “Questo video è dedicato alle persone che sono morte sul lavoro, e che continuano a morire per l’incuria e lo sfruttamento selvaggio che avviene nel mondo del lavoro…”

Alla vostra attenzione

Doriana Goracci

 

Silvio Berlusconi1 300x250 Se il morto  ha un Certo Nome

Muore Silvio Berlusconi scivolando su un lastrone di ghiaccio.

“La morte di un operaio di 57 anni in un incidente in montagna fa notizia. Perché si chiama Silvio Berlusconi, naturalmente. Alcuni siti ne scrivono specificando l’omonimia con il presidente del Consiglio, tra cui Quotidiano.net: Era diventato famoso per essere l’omonimo del premier, ma si dichiarava di sinistra: ieri l’operaio comasco Silvio Berlusconi, 57 anni, è morto in un incidente in montagna, sul sentiero che sale alla capanna Menaggio. Berlusconi è scivolato su un lastrone di ghiaccio ed è precipitato per circa trenta metri: il suo corpo è stato recuperato dall’elicottero del 118. Operaio in tessitura, Silvio Berlusconi viveva a Veniano (Como) e spesso la sua omonimia era stata al centro di servizi giornalistici, soprattutto in occasione delle elezioni. Lui, quando il premier si definì il ” Presidente operaio “, ironizzò così: ” Di Silvio Berlusconi operaio ci sono soltanto io “. L’omonimo raccontò anche di avere rifiutato le candidature che gli erano state offerte da liste civetta, ansiose di poter vantare un Silvio Berlusconi capolista. Il Giornale invece preferisce cogliere l’occasione per ironizzare, con un giochino surreale, sul panico degli antiberlusconiani. Il rispetto per il dolore dei familiari ? Non pervenuto. Da ultimo c’è l’Unità, che invece si dedica ai “velati” auspici: Poi dicono che le quotazioni del mestiere sono in ribasso.”
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questo ed altri articoli  con foto e video su
http://www.reset-italia.net/author/doriana/


COMMENTI

28 Gennaio 2011 18:55

Cara Doriana sono appena tornato dalla manifestazione degli operai a Bolzano dove davanti ai cancelli della IVECO si è tenuto un presidio. Mi mancava da tempo questa immersione negli anfratti del "costo del lavoro" caro ai Marchionne di turno(prima o dopo saranno sepolti dagli sputi...)e mi ricordo quasi a memoria il mio intervento(ho scelto l'attimo fuggente di una pausa sindacale per rubare il microfono): contro la vita che ci uccide l'amore, la verità, la bellezza del corpo dobbiamo nutrirci di parole e gesti di rivolta, di esagerazioni, di utopie per difendere una nostra vita straordinaria, un a genialità di genere che ha diritto di continuare non nell'angoscia dei tempi imposti dalla società capitalistica ma nella serenità dei nostri tempi che ci meritiamo... Contro tutto questo non basta uno sciopero da operetta ma ci vuole il coinvolgimento totale di tutta la società. Sciopero generale. Ciao, Antonio

Antonio

27 Gennaio 2011 19:13

per ricordare, perchè i Mai Più suonano come una beffa...oggi 27 gennaio 2011, quattro morti sul lavoro.

Doriana Goracci

27 Gennaio 2011 10:19

Se la morta poi si chiama Alian Chen, anziana piccola signora cinese...con la Memoria persa,a Torino, lascio immaginare.Caro Antonio,rispondendoti questa mattina, Giornata della Memoria, auguro a te e a tutt* di ritrovarla. Grazie http://www.reset-italia.net/2011/01/27/aveva-perso-la-memoria/

Doriana Goracci

26 Gennaio 2011 16:25

Cara amica, consoliamoci con questa stupenda poesia di una donna morta ad Auschwitz(non ricordo il suo nome, so che è Rumena)con una mia considerazione: bisogna inaugurare un'epooca della disobbedienza e mostrare che la realtà è una creazione dei nostri eccessi e delle nostre utopie realizzate. Poesia:speranza. CHI SPERA E' GIOVANE QUALE RESPIRO SENZA POTER SPERARE CHE ANCHE DOMANI ROSE SI SCHIUDERANNO E UNA PAROLA D'AMORE SOPRAVVIVERA' ALL'ANGOSCIA. Un mio articolo: Muoino uomini di tutte le nazioni partecipanti, pagati per fare la guerra al popolo afgano con la scusa di debellare il terrorismo, e per il giorno del funerale si accende la polemica se è giusto o no continuare a massacrarsi a vicenda per una "partita" già persa o il non senso del rimanerci... polemica che si spegne subito dopo la loro sepoltura, a dimostrazione dell'ignominia della politica...ma resta viva invece sull'onore reso ai caduti nelle ipocrite omelie religiose. Non mi meraviglio! Già avevo protestato a "prima pagina"per la vergognosa omelia di un prelato al funerale di Matteo Miotto che, assieme al ministro della difesa, ha usato parole di esaltazione della "guerra giusta", rinvigorendo l'onore italico di chi si sacrifica per tutti noi. Che il ministro della difesa, difenda il suo passato di fascista e non se ne vergogni (per il posto che occupa in una Repubblica nata dalla resistenza al nazi-fascismo)è capibile data l'allegro cameratismo governativo di cui fa parte; meno le assurde - perchè militariste - omelie di certi prelati. C'è "chiesa" e "chiesa" per fortuna. Non solo quella screditata di papi e vescovi, frequentatori dei palazzi - in odore di "santità"- ma anche quella dei "poveri cristi" frequentatori di strade lastricate da sudore e fatica di vivere. Dai "don Gallo", "don Corazzina", "don Antonelli", Alex Zanotelli, alle comunità cristiane a emeriti vescovi come Rafaele Nogaro di Caserta, a prelati come mons.Antonio Mattiazzo critico su come viene esaltata retoricamente la morte "eroica" dei nostri soldati("Corriere della sera" di oggi, pag.22: "quel soldato morto non è un eroe, i nostri vanno li armati...magari si scopre che sono morti per una mina fabbricata in Italia...).All'indignata e spocchiosa risposta del ministro della difesa, riproporrei un bell'articolo di Massimo Fini pubblicato su "il fatto quotidiano",dopo la morte dell'alpino Miotto: "Alle penose diatribe del ministro della difesa, così tristemente tipiche dell'Italia di oggi, preferisco l'umanità, la sensibilità e la profondità della lettera che Matteo Miotto,,...scrisse un paio di mesi fa dopo la morte di quattro suoi commilitoni. Una lettera che sembra venire da un mondo lontano, antico, da una "razza Piave" ch pure è esistita sostituita dai La Russa e da tutto ciò che un La Russa significa. Nella lettera....c'è tutto l'orgoglio per le proprie radici e la fierezza di appartenere al corpo degli alpini, ma c'è pure la consapevolezza che la stessa fierezza, lo stesso orgoglio per le proprie radici, le proprie tradizioni, il proprio modo di essere, di vivere e di morire, appartiene anche al nemico afgano, al nemico talebano. Scrive Matteo: "questi popoli hanno saputo conservare le proprie radici, dopo che i migliori eserciti, le più grosse armate hanno marciato sulle loro case, invano. L'essenza del popolo afgano è viva, le loro tradizioni si ripetono immutate, possiamo ritenerle sbagliate, arcaiche, ma da migliaia di anni sono rimaste immutate Gente che nasce, vive e muore per amore delle proprie radici, della propria terra e di essa si nutre. Allora capisci che questo strano popolo dalle usanze a volte anche stravaganti ha qualcosa da insegnare anche a noi" I governanti dei paesi occidentali che da dieci anni occupano l'Afganistan e il nostro screditato governo, si rifiutano di comprendere ciò che il giovane Matteo(e io con lui,)con le sue solide radici, con i suoi valori non lontani da quelli del popolo afgano ha capito benissimo. Antonio Marchi

antonio

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