1 Aprile
di Associazione nazionale Nuova Colombia
Martedì 30 marzo le FARC, a due giorni dalla liberazione unilaterale del soldato professionale Josué Daniel Calvo, hanno liberato il capitano Pablo Emilio Moncayo, nella selva da 12 anni, consegnandolo a Piedad Cordoba, capo della delegazione dei Colombiani per la Pace.
Quest'ultima ha denunciato che i protocolli d'intesa raggiunti con l'insorgenza sono stati ripetutamente violati dall'esercito del regime colombiano, che ha effettuato operazioni militari sorvolando la zona prima, durante e dopo la liberazione.
Durante la sua prigionia, Moncayo aveva duramente accusato il governo, affermando che la sua condizione di prigioniero era dovuta alle trappole messe in atto dal governo Uribe per evitare il suo rilascio; nel frattempo, il padre del capitano, Gustavo Moncayo, aveva organizzato diverse mobilitazioni per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, raccogliendo adesioni per la sua campagna e solidarietà in tutto il paese; il professor Moncayo aveva anche presentato una denuncia al tribunale di Bogotá contro il narcopresidente Uribe, con l'accusa di ostacolare la liberazione del figlio.
Nelle sue prime dichiarazioni pubbliche Pablo Emilio Moncayo ha affermato che indipendentemente dalla sua opinione sulla guerriglia, non è possibile negare la sua esistenza:
“Credo che quello che io penso della guerriglia delle FARC in nulla vada a cambiare il corso della storia della Colombia. Semplicemente, in Colombia esistono, sono una realtà, non lo si può negare per quanto si chieda; per quanto sembrino invisibili, stanno lì”, ha affermato, sostenendo inoltre di aver sopportato la prigionia per amore della patria e delle istituzioni, benché gli analisti considereranno che soffre della Sindrome di Stoccolma.
Questi rilasci, avvenuti in modo unilaterale, testimoniano la volontà da parte dell'insorgenza colombiana di porre in essere le condizioni per una via di uscita politica alla guerra che insanguina il paese da decenni; evidentemente, per aprire un percorso che porti alla pace con giustizia sociale, al gesto umanitario della guerriglia deve corrispondere la liberazione di prigionieri politici nelle carceri del regime colombiano, che versano in condizioni inumane e sono sottoposti (secondo quanto denunciato da diverse ONG) a torture ed ogni tipo di vessazione.