11 Gennaio
No, caro cittadino che dici "Le arance di Rosarno restano sugli alberi? Bene. Non mangeremo più arance". Il problema non colpisce solo le arance. I lavoranti in nero sfruttati e pagati con trattamento da schiavi sono ovunque, non raccolgono solo arance, ma pomodori, carciofi, mele.. non lavorano solo nei campi, ma nei capannoni, sui cantieri, nell’artigianato, negli alberghi, in troppe imprese piccole grandi. Ogni oggetto che compri è intriso del loro sfruttamento. Nel 2009 l’ISTAT ha stimato il lavoro nero nel 12%, 3 milioni di irregolari, e la realtà è peggiore. Ma è falso credere che, se questa mole immensa di lavoro nero fosse legalizzata, ci dovrebbe essere per forza un tale aumento dei costi e dei prezzi da rendere non competitive cioè invendibili le merci. Ogni oggetto o servizio costerebbe anche meno se non fosse gravato dalle tasse più alte d’Europa, da una PA farraginosa, dai ricavi esagerati dei gradi intermedi della filiera, dal furto incontrollato dei grossisti, dei mediatori, di chi governa il mercato, di chi lo taglieggia in modo criminale, dal pizzo delle mafie, le tangenti della politica, l’evasione impunita. Ma lo Stato si precipita a distruggere i ruderi e a cacciare i neri di Rosarno e Maroni definisce "brillante" la sua operazione "legalitaria", ma non muove un passo contro i veri creatori della miseria, in primo luogo se stesso. Quello che serve ad arricchire tutta questa fascia di sfruttatori viene sottratto a qualcuno, e che sia migrante o italiano fa lo stesso. Il risultato è la sofferenza di troppi. Chi semina odio sa bene che gli serve solo a distrarre l’attenzione da una violenza più generalizzata, una violenza di sistema. E che oggi B proclami, per l’ennesima volta dal ’99, che ridurrà le tasse è l’infinito giochetto che gli serve in campagna elettorale e sarà dimenticato appena raccolti i voti, un giochetto che puzza di mafia come ormai tutto in Italia.