Di tragedia in tragedia mi sono decisa a rileggere l’Antigone di Sofocle.
Proprio dalle prime battute sorge il dilemma: chi è fuori dallo stato? Antigone che vuole seppellire il fratello Polinice in nome delle leggi non scritte della pietas? O Creonte, il signore di Tebe che, per motivi che qui non occorre ricordare, ha vietato, pena la morte, la sepoltura del cadavere affinché “rimanga corpo ripugnante, ridotto a cibo per cani ed uccelli?
Ho lasciato il testo e ho pensato: già chi è fuori dallo stato?
E naturalmente non mi riferivo più alla città stato di Tebe, ma allo Stato italiano di questi tempi.
E per giunta mi vi è venuto in aiuto la distinzione posta da Cicerone tra le leggi che rispecchiano il bene collettivo e che sono inscritte nella razionalità degli uomini e quelle scritte, spesso in aperta contraddizione con le prime, chiamate tuttavia leggi per convenzione.
Dunque se osserviamo l’Italia non possiamo notare che un gran numero di leggi, precipitosamente approvate da questo governo con l’aiuto di quel baciapile di Casini, eliminano l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ledono il diritto internazionale, inficiano i diritti dell’umanità, creano un clima di terrore verso qualsiasi forma di pluralismo.
Inoltre i garanti sono un vecchio sporcaccione, Berlusconi, ed un vecchio presuntuoso, Napolitano.
Da questa minima esemplificazione mi pare chiaro che al momento le istituzioni dello Stato italiano sono fuori legge.
Da ciò discende che chi disobbedisce a tali leggi rappresenta lo Stato di diritto.
Questo Stato ha il diritto di contestare e di accusare proprio chi è garantito dalle leggi ad personam e dal cosiddetto reato di vilipendio.
Se il PD comprendesse questo e fosse fermo nelle posizioni di distinguo non avrebbe timore di chiamare fuori legge che va chiamato tale, farebbe un’autentica opposizione, non lascerebbe solo Di Pietro.
Concetta Centonze
San Donà di Piave