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2 Marzo 2009 16:23

Dopo la chiusura del Forum

746 visualizzazioni - 0 commenti

di Maurizio Chierici

Presentazione dell'autore a cura di Maurizio Chierici Luci Flavio Pinto è un giornalista e scrittore: vive e lavora a Belem. Da trent'anni si batte contro la distruzione della foresta rischiando la vita. Ha perso il posto all'università, al giornale O Liberal del quale era editorialista. Licenziato anche dalla grande Tv dove ogni sera faceva il punto politico ed economico sull'Amazzonia. Sopravvive scrivendo da solo il quindicinale < Jornal Pessoal >. Inchieste che bruciano. Per un po' hanno provato ad ucciderlo. E Lucio Flavio spedisce la moglie e le figlie a San Paolo per continuare da solo nella lotta che segna la sua vita. La protesta internazionale ( anche la CGIL italiana ha raccolto migliaia di firme ) spegne le armi degli assassini comandati ad eliminarlo, e il grande potere cambia strategia: trascina Lucio Flavio Pinto nei tribunali pretendendo penali miliardarie. Nessun avvocato del Parà accetta di difenderlo e il sociologo Pinto è tornato all'università, si è laureato in legge e si difende da solo. Dopo l'assassinio di Chico Mendes tira avanti in semi clandestinità senza smettere di denunciare i disastri. Oltre la rivista Jornal Pessoa scrive libri che raccontano il saccheggio amazzonico. Alla fine degli anni ‘80 é stato il primo a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale sulla distruzione programmata dalle multinazionali. E poi saggi apparsi su Washington Post, Le Monde Diplomatique. Il suo coraggio è stato premiato negli Stati Uniti, in Francia e in Italia dove ha ricevuto, dal presidente Scalfaro, il premio Colomba d'Oro della Pace. ************************************* WORLD SOCIAL FORUM Dopo la chiusura del Forum Lúcio Flávio Pinto Pubblicato su Jornal Pessoal nº 435 il 17/2/2009 *************************************** Ospitare a Belém la nona versione del World Social Forum, che ha portato la solidarietà del mondo all’Amazzonia, è stata un’impresa. Cos’ha rappresentato questa iniziativa? È la domanda che resta. Una delle poche cose che restano. Belém è una delle città con il livello pro capite di verde più basso di tutto il Brasile nonostante si trovi alle porte dell’Amazzonia, un’area che vanta un terzo delle foreste tropicali dell’intero pianeta. Le zone più estese di verde all’interno della città si trovano presso i campus delle due università statali, la UFRA e la UFPA, che hanno ospitato per una settimana la nona edizione del World Social Forum, dal 27 gennaio al primo febbraio 2009. Le aree boscose sono racchiuse tra i due quartieri più popolosi e pericolosi delle città: Guamá e Terra Firme, dove si concentrano il 10% degli 1,4 milioni di abitanti di Belém e circa il 15% della sua criminalità. Il quartiere di Guamá è cresciuto grazie ai migranti dalle città e dai paesi dell'entroterra che sono stati espulsi dalle loro terre native all’arrivo dei nuovi colonizzatori. I colonizzatori hanno costruito e avviato fattorie per l’allevamento bovino, segherie, piantagioni e attività minerarie: si è trattato dei principali fautori della distruzione della più grande foresta di cui disponga l’umanità (è stata devastato un territorio pari a tre volte l’estensione dello stato di San Paolo in sole quattro decadi). Il quartiere di Terra Firme (che paradossalmente è il nome dato abitualmente al pianeta Terra), si è espanso in modo abnorme con la costruzione di miserabili alloggi costruiti per accogliere braccianti e mandriani, radunati da individui esperti, utilizzati come mano d’opera per disboscare le aree dove prima vivevano i discendenti degli indios insieme ai pochi residenti bianchi (caboclos) e urbanizzati a forza sradicandoli dalle campagne. Nella Terra Firme si sono tenute riunioni preparatorie al Forum ed è stata prevista una rappresentanza degli gli abitanti per dar consistenza alla partecipazione ma l’iniziativa è stata svuotata di significato mancato sostegno delle ONG e e comunque di istituzioni che la stimolassero. Inoltre, la partecipazione attiva è stata resa impossibile dal costo della tassa di iscrizione di 30 reais, che nessuno era in grado di sostenere. Durante il Forum non è stato affrontato nessuno dei problemi che affliggono le enormi e caotiche periferie di Belém, dove si trova quella che è considerata la più grande favela orizzontale del paese, o di Paar (che conta 140.000 abitanti), che è la seconda capitale – in proporzione alla popolazione – più violenta del Brasile, superata solo da Recife; ma la discussione non ha toccato nemmeno i problemi dei quartieri vicini che, ironia della sorte, durante la settimana del Forum hanno generato una polemica su internet, innescata dal commento sprezzante di un giornalista di gossip apparso in articolo domenicale su un quotidiano del gruppo che domina i media locali: "O Liberal”. L’incontro internazionale organizzato a Belém, che si prefiggeva giustamente di approfondire la “questione amazzonica”, quella che suscita più polemiche nell’agenda ambientale di oggi, non è riuscito a varcare il cordone di sicurezza che la polizia ha teso attorno ai due temuti quartieri i cui confini corrispondono ad alcuni dei punti più “caldi” della città. L’unica alternativa rimasta agli abitanti dei due quartieri è stata quella di raggiungere le colline, con tanta gente strana e fatti inusuali. Non per partecipare alle centinaia di eventi programmati per il Forum né per ascoltare le relazioni di illustri ospiti ma per cercare di vendere loro qualcosa e avere così un guadagno extra. Con ragione: Belém è la capitale brasiliana dell’economia informale, con un tasso di disoccupazione fra i più alti del paese; buona parte dei suoi residenti vive di piccoli lavori o lavora senza un rapporto stabile. Una massa sempre più consistente ha già varcato la soglia che porta al mondo della criminalità, in modo aperto o mascherato, con ben poche possibilità di ritorno. Nei giorni che hanno preceduto l’apertura ufficiale del WSF, i residenti hanno varcato alla meglio i muri che isolavano l’area delle due università con tavoli, sedie, piatti, posate e cibi da offrire al pubblico, per il quale non erano stati predisposti adeguati servizi. In seguito, dato l’intensificarsi della vigilanza lungo i muri e nelle poche aree di accesso (il dibattito era libero ma l’ingresso era super controllato), le persone già intrufolatesi hanno iniziato a rubare, prendendo di mira principalmente i duemila volontari presenti nel campus dell’Università Federale del Parà e dell’Università Federale Rurale dell’Amazzonia. Prima hanno rubato i badge di accesso, che poi falsificavano per superare i controlli ed entrare con prodotti alimentari da offrire. In seguito, si sono impossessati delle magliette, altro elemento di controllo all’ingresso (alcune sono state vendute dagli stessi volontari, che non avevano nemmeno i soldi per pagare il biglietto dell’autobus). In questo modo la periferia della metropoli amazzonica ha tratto profitto dall’evento che avrebbe riunito, secondo gli organizzatori, 130 mila persone, stima contestata da chi assisteva allo svolgimento dei lavori e poco realistica considerando le migliaia di magliette rimaste, davvero tante, ancora dentro alle scatole. Grazie alla necessità di cibi e bevande delle oltre tremila persone che hanno pernottato nelle tende e delle altre migliaia che circolavano per i locali durante il giorno, si è creato un legame fra la bolla di solidarietà e di fiducia in un mondo migliore e coloro che dovrebbero essere la materializzazione fisica di queste utopie: gli essere umani esclusi della globalizzazione. Il Guamá e la Terra Firme sono state due delle più angoscianti preoccupazioni del governo, il soggetto occulto nella preghiera di indipendenza del WSF (come la contraffazione alla riunione dei ricchi a Davos) e degli organizzatori. Lo Stato Federale, governato dal PT, ha mobilitato 300 uomini della Guardia Nazionale e destinato R$ 50 milioni (dei R$ 160 milioni dell’intero importo) alla sola sicurezza. Il Governo della Regione, anch’esso presieduto dal PT, ha concentrato settemila uomini delle due forze di polizia (militare e civile) a Belém, dove ha preso forma un cordone sanitario attorno ai due quartieri adiacenti alle università, per proteggere i partecipanti al Forum dalla routine delle 200 occorrenze criminali giornaliere (60% delle quali sono costituite da crimini contro il patrimonio, oltre i due terzi messi in atto con l’uso della violenza). Migliaia di residenti sono stati fermati e perquisiti quotidianamente dalle pattuglie; i bar hanno dovuto chiudere alle ore 22,00 e un clima di isolamento è stato imposto. Il quotidiano ha sperimentato una metamorfosi repentina benché effimera. Grazie a questi provvedimenti la violenza non si è mescolata all’ambiente del Forum durante la settimana del suo svolgimento. Isolati, i partecipanti hanno potuto dibattere senza contrattempi le loro idee e proposte sulla costruzione di un mondo migliore e un’Amazzonia auto-sostenibile. La realtà scomoda che c’era prima potrà ritornare, ora che profeti, guru, discepoli e tutte le persone di buona volontà sono ritornate nelle loro case, portando appresso le stesse idee e immagini che hanno portato a Belém. Non ci sono dubbi che il WSF ha portato a Belém persone di grande capacità intellettuale con un curriculum importante, pronte a mettere a disposizione le proprie conoscenze per la costruzione di un futuro migliore per il pianeta e, in particolare, per l’Amazzonia. Pochi però sono venuti ad ascoltare ciò che la stessa regione aveva da dire. Molti hanno dedicato il proprio tempo a studiare l’Amazzonia, mantenendo un’attitudine di costante allerta in relazione a ciò che vi accade, a partire dai suoi terminali elettronici connessi a satelliti, accedendo a banche di dati, incrociando informazioni, montando presentazioni su argomenti e producendo conclusioni su ciò che succede nel martoriato suolo amazzonico. Sembra tuttavia che questo mondo digitale sia tanto affascinante da sollevare i suoi frequentatori dalla necessità di andare là fuori a vedere cosa accade nella realtà: i personaggi reali di questa storia che diano conto dei loro drammi e problemi senza la mediazione di questo nuovo mondo tecnologico. Il Forum passò, come la banda della canzone più famosa di Chico Buarque de Holanda di quarant’anni fa; in uno dei tanti versi egli ha osservato: “A minha gente sofrida/ despediu-se da dor/ pra ver a banda passar/ cantando coisas de amor” (Una tristezza così \ Non la sentivo da mai \ Ma poi la banda passò \ E allora tutto cambiò \ Tutta la gente cantava \ Per scordare il dolor \ Quando la banda passò \ Cantando cose d'amor. L’amore se ne è andato ma la sofferenza restò. Così è la vita che invade e contamina il mondo virtuale togliendole la virtù, come deve essere.

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