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23 Dicembre 2008 21:18

A ciascuno il suo Natale: lettere sotto traccia

961 visualizzazioni - 1 commento

di Doriana Goracci

C’è chi difende il Natale, mettendo in sicurezza un abete, servendosi della polizia: ad Atene. Scriveva Ygal Bronner, professore di sanscrito, riservista e «refusenik», il 15 novembre 2002, dal carcere ai generali israeliani : «Se i ‘bisogni’ militari ci inducono ad assediare, dare la caccia, affamare un intero popolo, allora questi ‘bisogni’ sono terribilmente sbagliati. Quindi disobbedirò alla Vostra chiamata» e la inviava, introducendo la citazione dei versi di Bertolt Brecht: « Generale il tuo carro è un veicolo potente,/ abbatte foreste, schiaccia cento uomini./ Ma ha un sol difetto:/ ha bisogno dell’autista». Quella che segue è la lettera firmata da centinaia di soldati greci. Il mio pensiero a tutte e a tutti coloro, che stanno dentro, nelle patrie galere del mondo, a fare le Feste: rifiutando. Doriana Goracci p.s. apprendo ora che Neta Golan pacifista e attivista israeliana è stata arrestata. Aggiungo la sua lettera- testimonianza datata 14.2.2002 (immagini e riferimenti su http://snipurl.com/91ijk) “Letter from army camps refuting the army’s repressive role (indy.gr, Wednesday) ” CI RIFIUTIAMO DI DIVENTARE UNA FORZA DI TERRORE E DI REPRESSIONE CONTRO LE MOBILITAZIONI; APPOGGIAMO LA LOTTA DEGLI STUDENTI DI SCUOLA/UNIVERSITA’ E DEI LAVORATORI. Siamo dei soldati da ogni parte della Grecia [è necessario qui osservare che in Grecia è ancora in vigore la coscrizione e che riguarda tutti i greci maschi; la maggior parte o forse anche tutte le persone che firmano questo sono legati al popolo che al momento stanno servendo nel servizio militare obbligatorio - non reclute dell’esercito]. Soldati ai quali, a Hania, è stato ordinato di opporsi a studenti universitari, lavoratori e combattenti del movimento movimento antimilitarista portando le nostre armi e poco tempo fa. [Soldati] che portano il peso delle riforme e della “preparazione” dell’esercito greco. [Soldati che] vivono tutti i giorni attraverso l’oppressione ideologica del militarismo, del nazionalismo dello sfruttamento non retribuito e della sottomissione ai “[nostri] superiori”. Nei campi dell’esercito [nei quali serviamo], sentiamo di un altro “incidente isolato”: la morte, provocata dall’arma di un poliziotto, di un quindicenne di nome Alexis. Sentiamo di lui negli slogan portati sopra le mura esterne del campo come un tuono lontano. Non sono stati chiamati incidenti anche la morte di tre nostri colleghi in agosto? Non è stata pure chiamata un incidente isolato la morte di ciascuno dei 42 soldati che sono morti negli ultimi tre anni e mezzo? Sentiamo che Atene, Thessalonica ed un sempre crescente numero di città in Grecia sono diventate campi di agitazione sociale, campi dove viene recitato fino in fondo il risentimento di migliaia di giovani, di lavoratori e di disoccupati. Vestiti con uniformi dell’esercito ed “abbigliamento da lavoro”, facendo la guardia al campo o correndo per commissioni, facendo i servitori dei “superiori”, ci troviamo ancora lì [in quegli stessi campi]. Abbiamo vissuto, come studenti universitari, come lavoratori e come disperatamente disoccupati, le loro “pentole d’argilla”, i “ritorni di fiamma accidentali”, i “proiettili deviati”, la disperazione della precarietà, dello sfruttamento, dei licenziamenti e dei procedimenti giudiziari. Ascoltiamo i mormorii e le insinuazioni degli ufficiali dell’esercito, ascoltiamo le minacce del governo, rese pubbliche, sull’imposizione dello “stato d’allarme”. Sappiamo molto bene cosa ciò significhi. Viviamo attraverso l’intensificazione [del lavoro], aumentate mansioni [dell’esercito], condizioni estreme con un dito sul grilletto. Ieri ci è stato ordinato di stare attenti e di “tenere gli occhi aperti”. Ci chiediamo: A CHI CI AVETE ORDINATO DI STARE ATTENTI? Oggi ci è stato ordinato di stare pronti ed in allarme. Ci chiediamo? VERSO CHI DOVREMMO STARE IN ALLARME? Ci avete ordinato di stare pronti a far osservare lo stato di ALLARME: - Distribuzione di armi cariche in certe unità dell’Attica [dove si trova Atene] accompagnata anche dall’ordine di usarle contro i civili se minacciate. (per esempio, una unità dell’esercito a Menidi, vicino agli attacchi contro la stazione di polizia di Zephiri) - Distribuzione di baionette ai soldati ad Evros [lungo la frontiera turca] - Infondere la paura nei dimostranti spostando i plotoni nell’area periferica dei campi dell’esercito - Spostare per protezione i veicoli della polizia nei campi dell’esercito a Nayplio-Tripoli-Korinthos - Il “confronto” da parte del maggiore I. Konstantaros nel campo di addestramento per reclute di Thiva riguardo l’identificazione di soldati con negozianti la cui proprietà è stata danneggiata - Distribuzione di proiettili di plastica nel campo di addestramento per reclute di Corinto e l’ordine di sparare contro i nostri concittadini se si muovessero “minacciosamente” (nei riguardi di chi???) - Disporre una unità speciale alla statua del “Milite ignoto” giusto di fronte ai dimostranti sabato 13 dicembre come pure mettere in posizione i soldati del campo di addestramento per reclute di Nayplio contro la manifestazione dei lavoratori - Minacciare i cittadini con Unità Operazioni Speciali dalla Germania e dall’Italia - nel ruolo di un esercito di occupazione - rivelando così il vero volto anti-lavoratori/autoritario della U.E. La polizia che spara prendendo a bersaglio le rivolte sociali presenti e future. E’ per questo che preparano un esercito che assuma i compiti di una forza di polizia e la società ad accettare il ritorno all’esercito del totalitarismo riformato. Ci stanno preparando ad opporci ai nostri amici, ai nostri conoscenti ed ai nostri fratelli e sorelle. Ci stanno preparando ad opporci ai nostri precedenti e futuri colleghi al lavoro ed a scuola. Questa sequenza di misure dimostra che la leadership dell’esercito, della polizia e l’approvazione di Hinofotis (ex membro dell’esercito professionale, attualmente vice ministro degli interni, responsabile per “agitazioni” interne), del QG dell’esercito, dell’intero governo, delle direttive della U.E., dei negozianti-come-cittadini-infuriati e dei gruppi di estrema destra mirano ad utilizzare le forze armate come un esercito di occupazione - non ci chiamate “corpo di pace” quando ci mandate all’estero a fare esattamente le stesse cose? - nelle città dove siamo cresciuti, nei quartieri e nelle strade dove abbiamo camminato. La leadership politica e militare dimentica che siamo parte della stessa gioventù. Dimenticano che siamo carne della carne di una gioventù che sta di fronte al deserto del reale all’interno ed all’esterno dei campi dell’esercito. Di una gioventù che è furibonda, non sottomessa e, ancora più importante, SENZA PAURA. SIAMO CIVILI IN UNIFORME. Non accetteremo di diventare strumenti gratuiti della paura che alcuni cercano di instillare nella società come uno spaventapasseri. Non accetteremo di diventare una forza di repressione e di terrore. Non ci opporremo al popolo con il quale dividiamo quegli stessi timori, bisogni e desideri/lo stesso futuro comune, gli stessi pericoli e le stesse speranze. CI RIFIUTIAMO DI SCENDERE IN STRADA PER CONTO DI QUALSIASI STATO D’ALLARME CONTRO I NOSTRI FRATELLI E SORELLE. Come gioventù in uniforme, esprimiamo la nostra solidarietà al popolo che lotta e urliamo che non diventeremo delle pedine dello stato di polizia e della repressione di stato. Non ci opporremo mai al nostro popolo. Non permetteremo nei corpi dell’esercito l’imposizione di una situazione che ricordi i “giorni del 1967″ [quando l’esercito greco ha effettuato il suo ultimo colpo di stato].

COMMENTI

24 Dicembre 2008 10:00

http://snipurl.com/92ht6 Altra lettera sotto traccia.... “Perché si cerca di intervenire a “normalizzare” la presenza di una base NATO soprattutto con le fasce più giovani?” Se lo chiede un gruppo di lettori che scrive a Varesenews una lettera dopo la visita di alcuni bambini alla caserma di Solbiate Olona. Ve la propongo, buon solstizio invernale Doriana Goracci * Gentile Direttore, Le scriviamo a titolo personale, ciascuno con l’interesse a segnalare un fatto di poca importanza come cronaca, ma di effetto dal punto di vista culturale. Un gruppo di bambini della Scuola dell’Infanzia, l’English School di Busto Arsizio, ha fatto visita alla Caserma Ugo Mara di Solbiate Olona (Varese), uno dei cinque Comandi di Reazione Rapida della NATO nel mondo. Potrebbe sembrare una semplice visita scolastica, ma crediamo abbia un forte impatto culturale che qui segnaliamo con alcuni punti: - I bambini hanno potuto mimetizzarsi, vedere da vicino carri armati e tende da guerra e conoscere il “volto umano” dei militari. L’esperienza della guerra è stata “normalizzata”, resa quotidiana, vicina ai bambini come fosse un fatto naturale, quale l’andare a Messa la domenica o vivere in un paese dove si festeggiano le feste insieme. Ma la guerra non è “normale”. La guerra crea distruzione, morti, orfani, desolazione. La guerra non può diventare parte di un sistema quotidiano, davanti al quale non ci si sorprende più”. La guerra, ripudiata dalla nostra Costituzione, non può essere fatta assimilare e accettare come evento di normalità a nessuno, tanto meno ai bambini. E altrettanto non può essere reso normale un intervento militare umanitario o una presenza in uno scenario di battaglia. Anche la stessa veste in cui sarebbe stata programmata la visita, cioè una gita per conoscere i mezzi militari usati dall’esercito, non può che essere un blando paravento. Il mezzo (o i mezzi…) servono a raggiungere il fine… - Perché si assiste a sempre maggiori eventi a favore della popolazione giovanile organizzati con la base NATO e caserme? Perché si cerca di intervenire a “normalizzare” la presenza di una base NATO soprattutto con le fasce più giovani? Ci sembra, ma possiamo sbagliarci, che intervenire su una coscienza non completamente formata o in via di costruzione sia molto più facile. * I bambini più piccoli sono più disposti ad ascoltare una fiaba e accettarla in silenzio, mentre più difficile è fare opera di convincimento con i più grandi. Un piccolo consiglio, se c’è permesso: proviamo a raccontare gli scenari in cui operano i nostri militari (pienamente legittimati dal Parlamento), spieghiamo anche che essere militare non vuol dire solo guidare splendidi carri armati, giocare a dipingersi il viso con i colori della natura. Significa anche conoscere e operare in zone ove vige la distruzione e la morte, ove il pericolo di un attacco è molto alto, così come la possibilità che si usino le stesse armi per uccidere altre persone, fosse anche come legittima difesa. * - Per ultimo una nota religiosa, per chi crede e vuole leggere la nostra realtà anche con la chiave di lettura del cristianesimo. Nel periodo di Natale la Chiesa festeggia la nascita di Gesù figlio di Dio in una capanna dello sperduto e piccolo paese di Betlemme. Un Dio che si incarna in un bambino è già paradossale di suo. Che poi scelga di farlo in un piccolo paese sotto il controllo dell’Impero Romano, con forti tensioni politiche, desideri di indipendenza che alcuni interpretavano in modo violento, è ancora più sbalorditivo. Che, per ultimo, poi non si incarni in un comandante militare o in un capo-popolo politico forse ci sta a significare che dovremmo riuscire a cambiare le storture del nostro mondo anche dal basso e con mezzi poveri e non violenti. * Ma questa è un’altra storia, forse troppo lunga da ricercare…

Doriana

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