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22 Dicembre 2008 09:08

Maurizio Chierici: Ragazzi pendolari, treni di rabbia

1333 visualizzazioni - 1 commento

di Maurizio Chierici

Da due settimane viaggio assieme ai pendolari per capire i treni della rabbia. Ascolto le loro voci. Il racconto di Antonio La Via è il racconto di un perdente rassegnato alla non speranza. La folla dei giovanti perdenti si allarga ogni giorno eppure nessuno li vede. Antonio ha 32 anni, va e viene tra Pavia e Milano: mattino 6 e23. Una volta erano < treni operai >, ma nella cintura milanese le grandi fabbriche non ci sono più e il profilo del pendolare 2000 è un profilo laureato anche se non tutti con la pergamena del dottorato accanto al letto. Veste come il nomadismo consiglia: dimesso, non trasandato. Ascolta musica; saluta con mano distratta chi lo saluta. Solitudine come rifugio. Il suo bagaglio ricorda un passato che non passa: la borsa della schiscèta. La madre si alza al buio per scaldare la minestra dell’intervallo pranzo. Termos, pane e formaggio, cucchiaio e coltello. Due mele. Come nella Milano Corea anni ’50 bisogna arrangiarsi. Dove Antonio lavora niente mensa o buoni trattorie. E’ una impresa di pulizie: uffici, scale di condomini. Questa settimana ha il turno condomini e può dormire normale. Nella settimana degli uffici prende il treno 17 e 37. Torna dopo mezzanotte per 649 euro al mese. Ha 32 anni, nato a Pavia in una famiglia contadina risalita dalla provincia di Agrigento mentre il dopoguerra sgelava la ripresa del nord. Ragazzo piccolo di padre capomastro. < Dovrebbe andare in pensione, ma non se lo può permettere. Due figli che non escono di casa. I mezzi lavori non garantiscono niente >. Voleva fare il comunicatore e sorride lasciandosi avvolgere dalla parola: pubblicità, giornali, le luci di Milano sono lì. Ha scelto la facoltà che inorgogliva i genitori. Mancano cinque esami alla festa di laurea ma gli impieghi occasionali dietro gli studi sono diventati tempo pieno per sopravvivere. Non sa quando riaprirà i libri. Call center, piedipiatti nelle inchieste di mercato: sempre passaggi provvisori. La crisi ha chiuso tante porte. Si è rassegnato ai secchi e alle spazzole: < La mia giovinezza finisce così >. Si ritrae nella malinconia con la dignità di una cultura non banale che impedisce di piangersi addosso: < Non ho voglia di raccontare…>. Ma poi racconta. Anche la sua ragazza fa la pendolare: segretaria nello studio di avvocati, orario d’ufficio 8 e 45. Treni diversi. Parlano nel fine settimana ma hanno smesso di fare progetti ascoltando il lamento dei non cittadini come loro. Invisibili nei discorsi di chi promette l’ Italia nuova. Ecco Rogoredo. Antonio guarda l’orologio, treno in ritardo. Deve correre al metrò sperando nella coincidenza con l’autobus di viale Zara. Altrimenti ancora una multa e la paga rimpicciolisce. \ mchierici2@libero.it Coresia dell'Unità

COMMENTI

23 Dicembre 2008 08:55

Caro Maurizio da qualche settimana hai assaggiato a quanto scrivo il dispiacere del pendolarismo. Arriva ora messaggio a mia figlia, dal suo compagno, pendolare Capranica (Vt)) roma, precario come tanti. Treno ore 7,20-soppresso Treno ore 8,20 ritardo di 25 minuti Le ferrovie non recitano neanche scusa. Se non piace questa minestra, si può sempre saltare dal "finestrino" e l'Oblò sull'Informazione, pubblica, come scrivo stamattina è affidata a don Zuppi, su Rai Tre, non tuo collega. Da una senza patente, che sa cosa significa l'andata e ritorno tra casa e lavoro. Per chi ce l'ha entrambe e chi sogna almeno una delle due "cose". Doriana Goracci

Doriana

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