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15 Ottobre 2008 12:03

Su Domande alle sinistre articolo della Rossanda

780 visualizzazioni - 0 commenti

di gastaldopaolo

L' articolo della Rossanda che riporto integralmente descrive bene i limiti dell' attuale opposizione verso l' atteggiamento del governo perseguito da aprile ad oggi . Emerge un quadro di inceretezza che investe soprattutto il PD e la sua ambigua collocazione diviso tra una tardiva spinta oppositiva della manifestazione del 25 p.v.e resistenze interne dovute ad anni in cui ad esempio i rapporti con l' attuale establiscement della finanza italiana era praticato anche dal centro sinistra Prodiano ulivista . Quindi infinite contraddizioni ,..tra cui quella di aver condiviso una traiettoria di arretramento generale dello Stato di svendite di cartolarizzazioni ,di favori ,di privatizzazioni stile Telecom ,Enel ,di pessima gestione dell' Alitalia ,delle ferrovie non solo recente . Schizofrenie che hanno colpito nel 2007 anche l' azione di giudici come la Forleo e Demagistris , dando un profilo opaco della sinistra anche sulla questione giustizia per non considerare anche tutte le polemiche circa la gestione Bassolino a Napoli della crisi dei rifiuti e il caso Impregilo . E' chiaro quindi che oggi lo stesso PD appare diviso al suo interno tra le componenti dell' ex Margherita ,i segmenti legati alla finanza e alla confindustria ,con quelli che sono maggiormente collegati alla base dei lavoratori ad esempio CGIL gli ex ds ,si marca in sintesi la contraddizione che è difficile stare sia coi padroni che con i salariati. Per queste ragioni sulle misure di garanzia dei risparmiatori doverose per tranquillizzare il mercato,varate dal governo , l' opposizione non riesce ad imporre regole ad una coalizione che ha fatto invece delle "leggi ad personam "il suo fondamento ,il rischio è che i menagers continuino a fare quel che han fatto fin qui e che il sistema si riassetti parzialemente per riproporre magari domani altri aspetti della crisi che possono invece far peggiorare il paese dal punto di vista recessivo .con devastanti effetti sull' occupazione . Il caso Alitalia ben descritto dalla Gabbanelli domenica scorsa in Report è veramente la rappresentazione della privatizzazione dei profitti con la socializzazione delle perdite ,tendenza che potrebbe rivelarsi corrosiva anche nel salvare banche e mengers disonesti ,senza limiti regole e punizioni. Ben sappiamo come Berlusconi abbia operato ad esempio sulla legge del "falso in bilancio "e come questa puo' rilevelarsi utilissima anche per i banchieri ... Le dichiarazioni del PD quindi di venire incontro a salari e pensioni non convincono ,perche' la prerogativa del governo Prodi quando fu eletto nel 2006 antepose invece la riduzione alle aziende del cuneo fiscale del 7% e restituzioni di reddito ai salariatti furono posticipate ,cosi' il governo fu fatto cadere proprio perche' l' establisment ritenne insopportabile la presenza in parlamento della sinistra radicale colpevole di agitare questi problemi di "risarcimento sociale " che non ci sono stati e non ci saranno allego quindi l' articolo di : di Rossana Rossanda - da il Manifesto Non credo che una sinistra possa dirsi esistente se di fronte alla più grossa crisi del capitalismo dal 1929 non sa che cosa proporre. Questi erano i lumi che la cittadina sprovveduta chiedeva di avere dai leader delle sinistre e dell'opposizione e dagli amici economisti, ma non ne ha avuti. Stando così le cose, mi azzardo ad avanzare alcune osservazioni e proposte elementari che, se sono infondate, spero vengano vigorosamente contraddette. Prima osservazione. Perché le sinistre non si chiedono la ragione per cui non solo le destre thatcheriana e reaganiana ma anch'esse si sono e restano persuase che non c'è altra via economica da percorrere che non sia la privatizzazione (spesso liquidazione) di tutti i beni pubblici e di gran parte dei servizi, quelli di interesse sociale inclusi? E perché era giusto incitarli alla concorrenza dentro e fuori i confini nazionali ed europei? La destra ha detto che i privati li avrebbero gestiti meglio e che le tariffe si sarebbero abbassate, ma questo non è successo affatto e in nessun luogo. Seconda osservazione. Perché le sinistre hanno accettato, talvolta mollemente opponendosi, la detassazione delle imprese, delle successioni e delle grandi fortune, togliendo entrate allo stato, nella previsione che i capitali, rimpinguati, sarebbero stati investiti nella produzione? Non è stato affatto così, la produzione non è mai stata così bassa, fino all'orlo - per esempio in Francia - della recessione. Terza osservazione. Perché le sinistre, che fino a ieri rappresentano il lavoro dipendente, hanno accettato che per facilitare la crescita si dovessero abbassare, rispetto al passato, i salari mentre lo Stato doveva restringere nella spesa sociale quel tanto che c'era di salario indiretto (vedi, in Italia, finanziaria e protocollo sul welfare dell'anno scorso)? Con l'ovvia conseguenza di una caduta generale del potere di acquisto in tutti i ceti dipendenti? Stando così le cose non occorrono grandi discussioni filosofiche sulla crisi della politica. Quarta osservazione. Non so se dovunque, ma è certo che in Italia questa strada ha condotto non solo a una produzione bassa ma non puntata sull'innovazione di prodotto, bensì al basso costo del lavoro, in questo dando la testa al muro, o cercando le condizioni per delocalizzare, perché sia nell'Est del nostro continente sia fuori di esso i salari sono ancora più bassi che da noi. Quinta osservazione. Perché le sinistre e le loro stesse teste d'uovo non si sono accorte che i capitali, invece che in produzione se ne andavano sia in modo legale sia in modo fraudolento, nella speculazione finanziaria, dandosi a tali demenze che stanno sbaraccando l'intero sistema? Ultima osservazione. Perché le sinistre non sanno dire altro, a mezza bocca o con grandi sorrisi, che i buchi formati dalle banche, dalle assicurazioni e dagli hedge fund, mandati a picco per demenza dei loro dirigenti, vengano sanati col denaro pubblico, cioè quello dei contribuenti, senza chiedere nessuna proprietà pubblica effettiva in cambio? Suppongo la risposta: non si può reimmaginare un intervento pubblico perché si sa che lo stato gestisce malissimo. Già. Perché, il privato gestisce bene? Nell'epoca dei «trenta gloriosi», cioè della partecipazione pubblica e statale, nessuno di questi immensi guasti si è verificato. Dunque in nome di che cosa, che non sia il pregiudizio, non viene oggi riproposta una politica di intervento pubblico? Certo esso implica darsi non solo una linea economica ma un metodo di gestione pubblica pulito, fatto di diritti chiari invece che ottativi. Perché è vero che questo è mancato dando luogo a quelli che sono stati chiamati boiardi di stato e a clientelismi di vario tipo. Un intervento pubblico non sarebbe il socialismo, come qualche ignorantissimo afferma, ma darebbe luogo a una forma di contrattazione partecipata fra cittadini e istituzioni assai diversa dall'attuale riduzione della democrazia a fiera quinquennale del voto. Chi ci impedisce di metterci a ripensarlo? Nessuno. Chi lo propone? Nessuno. Salvo qualche isolato pensatore americano come Krugman con la riproposizione di un new deal. Chi dirige la musica in Italia è ancora Berlusconi, con la sua speranza che la «scarsa» modernizzazione delle banche italiane ci salvi dal terremoto. Con maggior ragione si può obiettare che una politica di intervento pubblico non si fa da soli, tantomeno in tempi di globalizzazione e dopo che lo stato nazionale si è consegnato mani e piedi alla Costituzione europea che, sotto il profilo politico, è flebile, come si è visto nel caso dei rom e, sotto quello economico, è superliberista. Da parte mia, obietto che lo spazio europeo può essere invece una carta da giocare, per la sua dimensione e la sua moneta unica; vi si potrebbero mettere in atto i processi macroeconomici che oggi un intervento pubblico comporterebbe. Che cosa impedisce che una sinistra possa e debba muoversi su questo terreno su scala continentale? Non penso che mancherebbero le resistenze, e potenti. Ma questo è il momento per aprire il conflitto con qualche possibilità di vincere. I lavoratori europei non sarebbero con noi, invece che darsi alla disperazione o consegnarsi alla Lega o al primo Haider che passa perché gli salvi protezionisticamente l'azienda? La verità è che si tratta di una scelta non «economica», ma «politica». Ecco quanto. Naturalmente sono pronta a riflettere su tutte le critiche demolitrici che mi si vorranno inviare. postato da paolo gastaldo www.ilsognochecontinua .it

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