221 utenti


Libri.itTILÙ BLU NON VUOLE PIÙ IL CIUCCIOLINETTE – COMPAGNO DI GIARDINOPOLLICINOMARINABELLA BAMBINA DAI CAPELLI TURCHINI
Emergency

Fai un link ad Arcoiris Tv

Fai un link ad Arcoiris Tv

Utilizza uno dei nostri banner!












Lettere ad Arcoiris

inviaci le tue opinioni, riflessioni, segnalazioni

Per inviare un lettera ad ArcoirisTV, riempi i campi sottostanti e clicca su "Invia". Se è la prima volta che scrivi, riceverai una email con un link ad una pagina che dovrai visitare per far sì che le tue lettere vengano sempre pubblicate automaticamente.

Informativa privacy

L’invio della "Lettera ad Arcoiris" richiede l’inserimento del valido indirizzo email del utente. Questo indirizzo viene conservato da ArcoirisTV, non viene reso pubblico, non viene usato per altri scopi e non viene comunicato ai terzi senza il preventivo consenso del utente.

maggiori info: Privacy policy

29 Settembre 2008 16:39

Maurizio Chierici: Il segreto di McCain

1115 visualizzazioni - 0 commenti

di Maurizio Chierici

Un segreto imbarazzante è in agguato nella campagne di John McCain. Non proprio scandalo, solo la curiosità malinconica che da trent’anni fa arrabbiare mogli e figli di chi non é tornato dal Vietnam. Non si sa se fucilati, morti per sfinimento o dispersi dopo un’evasione. Mille cento, mille cinquecento, il Pentagono prende in considerazione 51 prigionieri svaniti chissà come, sepolti chissà dove. Le carte del Pentagono sanno cosa è successo, ma nessuna informazione è arrivata alle famiglie. Documenti secretati, perché ? Soprattutto: come mai quando il Congresso ha deciso all’unanimità di declassificare informazioni superate da altre tragedie, il via libera si è impantanato nella commissione del Senato presieduta da McCain il quale con determinazione < a volte violenta > ha imposto il silenzio su una guerra talmente lontana da non provocare nessun danno < alla sicurezza del paese >, come il rivale di Obama ripeteva fino a qualche anno fa. Naturalmente Hanoi non dà una mano. Per i vietnamiti tutti i prigionieri Usa sono tornati a casa. Ma mogli e figli guardano il posto vuoto a tavola. Allora, cosa è successo ? Deputati democratici e repubblicani avevano chiesto al Pentagono di rispondere all’invocazione dei familiari con un provvedimento che prevedeva sanzioni pesanti per gli alti funzionari restii a collaborare. Quei famosi seppellitori dei servizi segreti, protagonisti dei racconti di Le Carré. McCain ha bloccato tutto concludendo l’arringa con un discorso patriottico: < guardiamo avanti. Il passato è il passato. Gli Stati Uniti hanno un futuro prospero garantito dalla trasparenza della nostra democrazia >. Chiuso il lucchetto. Per timore che qualcuno insistesse nel frugare, ha centellinato una legge sull’accesso ai documenti talmente complicata da permessi incrociati e regolamenti museruola da impedire l’apertura degli archivi. McCain aveva messo in piedi una lobby trasversale dove confluivano senatori dell’ala conservatrice democratica. Ed è riuscito a guadagnare la presidenza della commissione. Commissione che incalzata da familiari e veterani del Vietnam, risponde aprendo un’inchiesta per capire quali < interessi nascosti inspirano la perseveranza dei richiedenti >. I quali non si limitavano a voler sapere, ma riscrivevano la biografia del prigioniero McCain con insinuazioni non piacevoli. Il confronto Obama- McCain dell’altra sera ha messo a confronto due secoli: il secolo alle spalle e il secolo appena cominciato. Passato contro futuro. Il futuro può solo rivangare le ambiguità strazianti delle guerre di Bush, ma non gli scheletri della guerra perduta, ferita ancora aperta nell’orgoglio nazionale. L’imbuto del terremoto mutui, banche e finanze ha negato spazio a queste punte di spillo che infastidivano McCain durante le primarie repubblicane. Per rimpicciolire gli avversari di partito, non aveva smesso di sventolare le ventitre medaglie che lo proclamano eroe. Avendo partecipato a venticinque azioni di guerra, quasi una medaglia ogni volo. E alla contrarietà che agitava Obama sull’operazione Iraq, rispondeva sorridendo : < So com’è terribile la guerra. Ne porto le cicatrici, ma so anche quando è urgente farla. La guerra in Iraq era un’urgenza >. Dichiarazione che ha resuscitato la rabbia di chi non ha notizie. E i veterani e le famiglie del Pwo-Mita sono ripartiti con la stessa domanda: di cos’ha paura McCain quando nasconde quel passato ? Il vecchio aspirante alla presidenza ha capito che era conveniente trascurare l’eroismo anche perché altre urgenze stavano precipitando. Nipote di un ammiraglio, vicerè Usa sul canale di Panama, figlio dell’ammiraglio che in Vietnam comandava in mare le truppe che il generale Westmoreland guidava nella foresta, prima o poi, riscivolerà nelle glorie del medagliere e la polemica potrebbe tornare sui giornali e nelle Tv. Non nelle sfide eleganti di Obama, ma ogni partito ha tante anime e il McCain vietnamita resta per i democratici un bersaglio a portata di mano. McCain viene abbattuto il 26 ottobre 1967 mentre sta bombardando Hanoi. Un missile fa scoppiare l’aereo e McCain ha appena il tempo di proiettarsi fuori ma sviene per l’impatto e quando cade nel lago che abbraccia la capitale comincia ad annegare. Lo salva il soccorso improvvisato da contadini i quali appena riva gli volano addosso con forconi e qualche fucile. Spalla fratturata, gamba spezzata. Linciaggio evitato da militari che lo trascinano in ospedale. Il racconto degli altri prigionieri americani si discosta dall’ autobiografia dove McCain spiega come i carcerieri scoprano solo nel giugno ’68 di chi è figlio il pilota dietro i reticolati del campo di concentramento di Hoa, beffardamente definito Hilton Hanoi. John Sidney junior era stato promosso da poco comandate delle forze navali Usa. McCain scrive che un signore in borghese, < il gatto >, gli offre la libertà nella prospettiva di una diplomazia segreta. Figlio che può convincere il padre. Ma John rifiuta < come prevede il regolamento sul quale ogni soldato americano ha giurato fedeltà >. Nessun tradimento. La versione dei compagni che ne accompagnano per un tratto la disavventura, ne ritocca la modestia. Appena all’ospedale, McCain avrebbe rivelato nome e grado del padre. E subito sparisce in ospedali meno disadorni dagli ospedali dove giacevano i compagni. I familiari e i reduci del Pow-Mita mettono in dubbio che anche la cella di McCain fosse uguale a quella di tutti perché sulla dislocazione dei prigionieri si sa poco. Solo i documenti invisibili del Pentagono possono ricostruire la storia. E’ forse il privilegio che vuole tener nascosto ? Poi, le interviste. Lo incontra uno eccentrico psicologo di origine spagnola, nazionalità argentina, chiamato all’Avana dal Che, compagno d’infanzia. Le dichiarazione di McCain alla radio vietnamita vengono tradotte in francese e tedesco, e diffuse nel mondo. Più o meno racconta le stesse cose, sintomo di un copione imposto: lo può solo recitare anche se l’acquiescenza sembra eccessiva ai comandi Usa di Saigon, l’altro Vietnam. McCain confessa che le missioni sulla capitale servivano ad individuare e bombardare le difese missilistiche e a distruggere scuole ed ospedali per scatenare il caos. < Se sono vivo- dichiara McCain – lo devo alla perizia dei medici vietnamiti, bravi e preparati come i medici americani >. E nelle trasmissioni di propaganda mandate in onda per scoraggiare le truppe Usa, McCain fa sapere di < aver scoperto un nazione militarmente preparata, con probabilità di vittoria anche perché Stati Uniti sempre più isolati dai paesi occidentali contrari alle atrocità di questa guerra >. Purtroppo i documenti dissecretati negli anni di Clinton confermano che McCain non nascondeva niente rivelando le strategie degli alti comandi, informazioni destinate a inorridire l’opinione pubblica, soprattutto ad agitare le rivolte nelle università americane dove i ragazzi non sopportavano l’invasione in Vietnam. Quando torna a casa spiega perché si è lasciato andare così: non ha resistito alla tortura. Poco lontano dal Centro dell’Avana, municipio Playa, Fernando Barral lo psicologo che nel 1970 intervista McCain, ha aperto due anni fa un paladar, ristorante familiare con dodici tavoli affollati da turisti. 79 anni, parla con accento madrileno anche se da mezzo secolo vive in America Latina. Sulle pareti di legno è appeso un ritaglio del Granma, giornale unico del partito unico. Le foto di Barral e di McCain ricordano la < famosa intervista >, 24 giugno ‘70. Cuba era molto vicina al Vietnam in lotta contro gli Stati Uniti e al visitatore Barral è stato permesso di incontrare Mc Cain. Non in un albergo come ricordano le memorie dell’eroe di guerra, ma negli uffici del comitato per le relazioni culturali con gli stranieri. Sul tavolo caffè, arance, sigarette. Barral visita il prigioniero: muove male il braccio, cammina con bastone: < Mi hanno rotto le gambe >. Poi un’intervista lunga un’ora e 45 minuti. < Era solo un propagandista che diceva essere medico e faceva le domande di ogni giornalista >: McCain, nel suo libro. < L’ego del prigioniero era insopporabile. Mi ha detto: se non avessero abbattuto l’aereo sarei diventato ammiraglio in un’età più giovane di quando lo è diventato mio padre >. E torna il solito racconto al quale una domanda dà un finale diverso: < E’ pentito di aver bombardato scuole e ospedali ? >. Secondo Barral McCain non ha risposto ma non ha negato e, del resto, come poteva con i guardiani attorno. Secono McCain la risposta è stata: < No, non sono pentito >. Insomma un passato che può infastidire la campagna elettorale nella quale l’aspirante presidente prende le distanze dai conflitti armati, anche se promette, in caso di vittoria, di mandare più militari in Iraq < per pacificarlo in fretta >. Su queste e altre pacificazioni si allunga l’ombra del consigliere per la sicurezza che ne guida la campagna elettorale: Randy Scheumann. Nel’98 ha protetto Ahmad Chalabi, uomo d’affari iracheno fuggito in Giordania da dove deve scappare per bancarotta. Con i 98 milioni di dollari che Scheumann gli fa avere dal Pentagono, Chalabi ridiventa presentabile permettendo ai falchi di Bush di proporlo quale capo di governo dopo la caduta di Hussein. Ma viene subito messo da parte per corruzione e le vendette tribali che scatenava. Scheumann è un lobbista d’altro bordo delle industrie di armamenti. In copia col vice presidente della Locked, Martin Bruce Jackson, nel 2002 diventa presidente della Comitee for Nato Expansion, organizzazione che sollecita l’ammissione alla Nato degli ex paesi comunisti. Facile spiegare la ragione: chi entra nella Nato deve adeguare le risorse militari agli standard dei paesi alleati. Comprare carri armati, aerei ed elicotteri dai fabbricanti Usa. Affari colossali. Nella cartellina che ne raccoglie il profilo professionale, Scheumann elenca i numeri del boom del complesso militare-industriale: nel 2006 ha firmato contratti per 17 miliardi di dollari, 40 per cento delle vendite mondiali, Russia di Putin ferma a metà. E le vendite continuano a gonfie vele. Nel gennaio 2008 il fatturato di un solo mese è di 19,626 miliardi e la campagna di McCain va avanti senza problemi. Se arriva alla Casa Bianca il futuro è disegnato. Un mondo destinato al riarmo e Wall Street potrà respirare e i veterani del Vietnam e le famiglie dei prigionieri scomparsi non avranno mai risposte. mchierici2@libero.it Cortesia dell'Unità

COMMENTA