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26 Luglio 2008 16:32

Dio, sanità e mazzette

933 visualizzazioni - 0 commenti

di paolo de gregorio

- Dio, sanità, e mazzette - a cura di Paolo De Gregorio, 26 luglio 2008 Il corvo nero Don Luigi Maria Verzè, presidente della Fondazione San Raffaele di Monte Tabor, a proposito del caso Eluana Englaro sentenzia: “la Magistratura non paga di invadere l’azione politica distruggendone la cultura, pretende oggi di avere anche il dominio sulla vita, in nome di un “Diritto” fra l’altro tutto da dimostrare. Questo a mio avviso è lo scandalo intollerabile. Non ritengo che in questo caso si debba parlare di eutanasia ma di omicidio. E’ evidente che le decisioni sulla vita di un uomo non possono essere affidate né al medico, né al magistrato, e neppure ai parenti più cari. Spettano solo a Dio, nessun uomo è padrone della vita né propria né tanto meno dell’altrui”. E siamo alle solite! La colpa è sempre della Magistratura. La “cultura” politica distrutta dalla magistratura è quella dei suoi benefattori, Craxi e Berlusconi, senza i quali Don Verzè non esisterebbe, che hanno fatto la raffinatissima mossa politica di creare un polo ospedaliero privato, convenzionato con la sanità pubblica (che ha imbrogliato con false fatturazioni ed è indagato per questo), che è un potentato politico in mano ad un dittatore che usa l’appartenenza religiosa come filtro per assumere il personale, con preferenza per gli integralisti di comunione e liberazione, con il fine di dimostrare la superiorità delle strutture private gestite dalla religione rispetto a ciò che è gestito dalla mano pubblica. In Italia ormai quasi il 50% dell’offerta sanitaria è in mano a loschi figuri privati, che hanno avuto in regalo dai politici succose convenzioni, che si prestano ad infiniti inghippi e maggiorazioni di rimborsi, strategia che coniuga due interessi precisi: quello dei politici di avere dei finanziatori in quanto arrivano a gestire e dosare il meccanismo dei rimborsi, e quello di privati che senza le generose convenzioni pagate dallo Stato non sopravviverebbero. L’origine del grande deficit sanitario è qui, e Don Verzè sta in questo gioco. Ciò che è intollerabile è l’ostentazione del carattere religioso integralista del capo di una struttura mantenuta con soldi pubblici, a nome di cui il corvo nero parla, per fare propaganda a tesi che non spettano all’amministratore di un ospedale, ma alla politica e alle leggi dello Stato. In Germania ben 7 milioni di persone hanno disposto il loro testamento biologico, e ci dicono che Dio non conta un bel niente, ma che solo la propria volontà è sovrana, ognuno di noi può disporre ciò che meglio crede e le strutture sanitarie si debbono piegare a questa volontà. Proprio il contrario dell’affermazione che nessun uomo è padrone della sua vita. L’importanza di questi piccoli dittatori,politicanti,integralisti e fascistoidi, sarebbe drasticamente ridimensionata se si interrompesse per sempre il rapporto con le convenzioni pubbliche. In una struttura privata, nessuno avrebbe da dire se il padrone fa propaganda integralista o assume chi vuole, resta un rapporto tra clienti paganti e proprietari e ognuno può fare ciò che vuole. La struttura pubblica deve essere un’altra cosa, niente preti o suore, niente crocefissi, i medici impegnati nel servizio pubblico non possono avere impegni privati. Piano piano si vedrà quale sarà la struttura più funzionale per i cittadini, anche perché i medici che rifiutano di considerare i malati galline dalle uova d’oro saranno nel servizio pubblico, e i medici speculatori con i privati speculatori. Nell’Italia “liberista”, governata dai liberisti, non si trovano imprenditori di cliniche e laboratori che vogliono lavorare in proprio, e trovano più piacevole fare soldi succhiandoli alle casse dello Stato e corrompendo i politici. Miracoli del libero mercato! Un referendum che abolisca nella Sanità le convenzioni pubblico-privato sarebbe un obiettivo valido per riportare sotto controllo il deficit sanitario, toglierebbe ossigeno a politicanti e speculatori, farebbe emergere una cultura laica e la necessità della mano pubblica. Paolo De Gregorio

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