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13 Giugno 2008 21:01

RABBIA E UMILIAZIONE

750 visualizzazioni - 0 commenti

di Francesco Salistrari

A volte la rabbia ti stringe lo stomaco, tanto da farti sentire dolore. A volte il mondo sembra tanto ingiusto da farti star male. A volte gli occhi non hanno il coraggio di guardare quello che vedono ed un senso di nausea ti assale dal basso. Non ci sono possibilità di fuggire, di pensare, di lasciarsi scivolare addosso alcune cose. Gente che muore lavorando, a cui viene rubato il diritto di vivere, così, senza pudore. Uomini valorosi che sacrificano tutto ciò che hanno solo per permettersi una vita quasi decente, di farsi largo nel marciume di un mondo che nemmeno li ringrazia. Persone che muoiono senza un gemito, senza far rumore, in silenzio, massacrati da un lavoro alienante, uccisi dall'incredibile violazione impunita delle più semplici ed elementari regole di sicurezza. Il problema non sono le regole, le leggi, i regolamenti, ma l'applicazione di queste, il cui rispetto da parte di tutti gli attori del mondo del lavoro e non sarebbe un obbligo prima di tutto morale, il nocciolo della questione sta proprio nel rigore, assente, nel far rispettare anni di legislazione in materia. Il problema non consiste in qualche vacatio legis, ma nell'assoluta mancanza di controlli. Come si fa ad ignorare una verità fondamentale come questa? Ed ecco che la rabbia ti assale, l'odio per un mondo ipocrita e fasullo che piange e commemora i morti di una battaglia silenziosa ogni giorno ti prende le viscere, soprattutto quando le istituzioni “si stringono intorno alle famiglie”, quando avrebbero dovuto stringersi e molto PRIMA intorno alle ditte, alle aziende che violano così sfacciatamente le norme di sicurezza, che non fanno svolgere ai propri operai i corsi necessari ad acquisire consapevolezza e competenza sui rischi che corrono svolgendo il proprio lavoro, alle ditte che per motivi di bilancio o di pura e semplice avidità non investono nella sicurezza degli strumenti e delle attrezzature, di tutte quelle ditte che “assumono” in nero. Le istituzioni, gli ispettorati del lavoro dove sono quando si apre un cantiere, quando si comincia un'opera, una casa, una scatola di cartone? Dove sono i controlli e dove soprattutto le sanzioni per chi non rispetta le regole? Una guerra che dura da anni, che tutti conoscono, ma di cui nessuno parla. Migliaia e migliaia di morti, di assassinii impuniti, di famiglie spezzate dal dolore, una catastrofe sociale che insanguina il paese da un capo all'altro. E poi giù lì con la retorica, con i paroloni, con i provvedimenti di emergenza, con i decreti e con tutte quelle operazioni di facciata per calmierare la rabbia che monta dal basso, una rabbia atavica, senza nome, senza volto, che sale dal fondo di una società umiliata, nel terzo millennio, da situazioni da medioevo. Sarebbe ora di dire basta. Sarebbe ora di smetterla con le pronunciazioni di “cordoglio” e poi dimenticarsi del dolore delle persone rimaste SOLE il giorno dopo. Sarebbe ora di guardarsi in faccia, tutti quanti, e decidere di fare qualcosa. Cosa? Cominciare a pretendere rispetto! Cominciare noi per primi a pretendere il RISPETTO ASSOLUTO DI TUTTE LE NORME DI SICUREZZA SUL LAVORO dalle ditte e dalle aziende nelle quali lavoriamo, denunciando i soprusi e le mancanze, le violazioni di legge e gli inganni. Cominciare noi per primi a rischiare il posto di lavoro senza paura. Organizzare dal basso una solidarietà di classe che non tenga conto dei livelli retributivi, ma dei rischi, delle competenze. Organizzare una rete di relazioni nel mondo del lavoro per ricucire quello che questo capitalismo italiano malato ha spezzato negli ultimi anni: l'unità dei lavoratori. Tutti. Impiegati, muratori, operai specializzati e non, metalmeccanici e pubblico impiego, artigiani e contadini, lavoro autonomo e salariato. Ricreare le condizioni per cui nessuno debba sentirsi con l'acqua alla gola ed essere costretto ad accettare un lavoro a prescindere da quali siano i rischi che si corrono, a prescindere se si sia assicurati o meno, a prescindere se le attrezzature che vengono utilizzate siano a norma oppure no. E' ora di dire basta a questo stillicidio di soprusi e di imposizioni che fanno del lavoro, oggi, in Italia, qualcosa di assolutamente fuori controllo se non dal punto di vista del ricatto economico. E' ora di alzare la testa e vendicare con l'azione, con l'impegno, anche singolo, individuale, queste FOIBE inconfessate, a dire NO a tutte le ingiustizie che viviamo sulla pelle. E' ora di guardare in faccia il nostro datore di lavoro e se mette a rischio la nostra vita per rimpinguare il proprio conto in banca e dirgli tutto d'un fiato: “VAFFANCULO TU E IL TUO LAVORO!”.

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