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28 Aprile 2008 09:14

Maurizio Chierici: Le donne della libertà

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di Maurizio Chierici

Un giorno nei boschi, Appennino reggiano attorno a Felina. Trecento persone ascoltano Gianluca Foglia. Ricorda a suo modo il 25 aprile. Alle pareti dello chalet quattro ritratti coperti da garze. I suoi disegni. Foglia è autore di fumetti che interrogano la storia per far capire ai ragazzi con quale dignità è possibile affrontare la vita. < Once de septiembre >, prigione e torture di una donna sopravvissuta a Pinochet. Ne < La notte di San Nessuno > illustra l’ ingiustizia sociale che sfinisce i popoli schiacciati dalle multinazionali. Si avvicina al ritratto di una donna. Nella sala allungano gli occhi ragazzi sui vent’anni, signori sopra i quaranta, vecchi partigiani. < Giovanna Quadreri aveva la vostra età quando curava i volontari della libertà feriti dai nazisti. Il dottor Marconi di Castelnuovo Monti nascondeva fasce e medicine nella cassetta da idraulico. I fascisti non avrebbero sospettato. ‘ Se la ferita è grave portameli all’ospedale’ >. Pagine del passato che svegliano la curiosità. Qualcuno vuol sapere: come poteva Giovanna portarli all’ospedale quando fascisti e tedeschi avevano in mano il paese ? Foglia sorride. Sessant’anni dopo Giovanna mantiene il segreto. Scopre il quadro di Laura, la sorella, ecco il disegno di Lidia Zafferri, classe 1921. La staffetta Tullia Fontanili aveva 30 anni quando le brigate nere bloccano la sua bici. < Conosci questa ? >. Non la conosceva ma due pedalate dopo si ferma, cuore in gola. E’ la sua foto pettinata diversa. Cercano lei e lei va in montagna. In ogni posto del nord tante storie così, ma i ragazzi si distraggono perché le celebrazioni a volte suonano così diverse dalle parole sciolte nelle Tv. Ecco perché Foglia racconta i racconti delle donne partigiane come un cantastorie nel mercato del tempo. Un fumetto, due chitarre, la fisarmonica accompagnano con Bella Ciao, Fischia il Vento, Cosa rimiri mio bel partigiano. Parole che non rimbombano; mai sacrificio, eroismo, coraggio. Solo gli inciampi quotidiani di un impegno che ha liberato la vita di tutti. I ragazzi non perdono una sillaba, i vecchi si commuovono. E quando cade la garza dell’ultimo disegno, Foglia attraversa il pubblico. Prende per mano quattro piccole donne e le porta nella luce del riflettore: < Ecco Giovanna, Ilde, Laura, Tullia. Loro possono raccontarvi di più >. Tutti in piedi e attorno per capire dalla tenerezza orgogliosa delle nonne come cercare la speranza. I ragazzi vogliono scoprire in quale modo sono cambiati i giorni delle famiglie nelle quali stanno crescendo anche perché la conoscenza virtuale del passato a volte si smarrisce nei discorsi di chi consacra il 25 aprile. Troppo solenni per le generazioni internet. E il passato lontano e il passato prossimo ingrigiscono nella disattenzione. Non sanno come si viveva 63 anni fa attorno ai banchi dove oggi cercano il futuro. Nelle città o nei paesi che al mattino attraversano in fretta. La grande storia può insegnare qualcosa se misurata sulle abitudini negate. Nonni e padri impauriti nelle stesse strade sulle quali i nipoti sorridono coi telefonini dentro lo zaino. Nonni e padri avevano fame, e un pezzo di pane nero restava sogno proibito, mentre agli adolescenti 2000 si raccomanda < niente carboidrati >, lievito dell’obesità. Le paure e i delitti; soprattutto il disprezzo verso chi non si piegava al pensiero unico dell’ Italia fascista, restano pagine rimpicciolite da programmi e da troppi insegnanti, eppure i vincitori delle elezioni annunciano di voler sfuocare nei libri di testo i ricordi sopravissuti. Si vergognano di avere nostalgia dei massacri, e degli ebrei impacchettati nei vagoni merci come bestie da macello, non solo a Varsavia o Praga, come qualche film fa sapere; < bestie > arrestate a Roma, Milano, Ferrara, Firenze. In ogni piccola comunità d’ Italia i compagni di classe sparivano e i professori diventavano ombre schiacciate dai passi delle brigate nere. Stivali di Hitler, gagliardetti italiani. Insomma, memorie che a tirarle fuori danno fastidio alle corporazioni del fascismo al quale si aggrappano le corporazioni mercantili che trionfano in questi giorni. Con la stessa determinazione, leghe e popoli della libertà si impegnano a cancellare la memoria. Anche perché qualche vecchio signore che marciava nei battaglioni di Salò domani rientra in parlamento. I ragazzi non capirebbero un onorevole così. Con la trasformazione della Tv commerciale nell’arma di disattenzione di massa dove le notizie strisciano e i grandi fratelli piangono, manganelli e deportazioni non servono, ormai. L’ espianto si può fare a domicilio. Senza prediche o lezioni di retorica: un bel niente allegro aiuta a seppellire il passato prossimo che è ancora presente. Qualche tempo fa ascoltando una ragazza, laurea in architettura, concorrente nei quiz seminati attorno ai Tg, si è capito come l’operazione non < parliamo del passato > stia dando risultati che confortano. Domanda del conduttore: < Quanti ebrei sono morti nei campi di concentramento nazisti ? >. La dottoressa stringe le labbra. Comincia a fare i conti. < Diecimila ? >. Silenzio imbarazzato del signore che fa le domande: < Troppi ? >. La povera si scompone: < Allora dico mille >. E se i < bamba > che sono andati in piazza a tener viva la memoria arrossiscono per desolazione, Vittorio Feltri ( giornalista ) ci ride su: < ridotti al folklore, non riescono a cambiare >. Val la pena insegnare ai giovani come diventare protagonisti del giornalismo lavanderia. Con la stessa femminilità di Maria Teresa Maglie ( ex giornalista Unità ), Feltri ha sempre avuto un debole per gli uomini forti. Debutto anni Ottanta: portavoce dei socialisti craxiani alle assemblee del Corriere della Sera. L’impegno era rovesciare Alberto Cavallari chiamato dal presidente Pertini a riconfortare la dignità di un giornale sconvolto dalla mafia in doppiopetto della P2. Purtroppo Cavallari denuncia le cose che Mani Pulite avrebbe scoperto qualche anno dopo. Craxi si arrabbia. Urgente farlo tacere. Feltri è la manovalanza che serve. Oggi la P2 ha solo cambiato nome: i suoi uomini ridono al governo. Feltri marcia al passo di Berlusconi. E’ successo 30 anni fa; proibito spiegare nelle aule dove si forma la classe dirigente chi sono, cosa volevano e le belle carriere dei protagonisti P2. Intanto affoghiamo la Resistenza che spaventa le anime dei nuovi ministri. Il < bamba > lombardo del titolone Feltri è un frescone; cretino di campagna. Com’é possibile prendere sul serio i bamba che ricordano il 25 aprile ? Marcello Veneziani, intellettuale della nostalgia nera, regale il consiglio decisivo: < liberiamoci dall’ipocrisia di dire che il popolo italiano sia insorto per liberarsi dell’oppressore. Non è vero >. Cicale che nei prossimi mesi sciameranno in ogni Porta a Porta, dal Tg2 ai Tg mediaset. Raggiungeranno le anime che si incantavano nel bosco dell’Appennino ormai impigrite sulle poltrone dell’inverno Tv. Ieri ascoltavano racconti e canzoni; interrogavano vecchie signore protagoniste di una piccola storia che illumina l’Italia 1945; oppure sfogliavano le lettere di un libro inventato dagli allievi del liceo Ulivi di Parma. Hanno scelto di fermare il tempo per dialogare con un compagno di classe fucilato dai fascisti a Modena nei giorni de < la guerra civile >, per dirla con Veneziani: 10 novembre 1944. Giacomo Ulivi, 19 anni non aveva fatto niente. Niente per modo di dire: le regole del tempo non permettevano di preferire Croce a Gentile e a Mussolini. Delitto imperdonabile. Ulivi costretto a nascondersi per colpe che oggi fanno ridere: qualche libro sgradito al podestà e amici < poco raccomandabili dalle idee liberali >. Fucilato per rappresaglia. Plotone italiano. Nelle ore che precedono l’esecuzione, scrive lettere nelle quali sentimenti e rabbia affiorano senza voler graffiare. Con la lucidità di chi si sente rubare la vita, analizza gli errori della pigrizia di una generazione che sopravviveva nella zona grigia. Ulivi disegna le virtù indispensabili al futuro se davvero si vuole voltare pagina < quando sarà caduta la dittatura >. Invita i compagni di scuola ad evitare < il desiderio invincibile di quiete >.. Galleggiare e far finta di non capire < é il più terribile, credetemi, risultato di un’opera di diseducazione, o di educazione negativa, che martellando da ogni lato è riuscita ad inchiodare in molti di noi il pregiudizio >. Sessant’anni dopo i ragazzi dello stesso liceo imbucano le risposte:< Caro Giacomo, come faccio a spiegarti che al posto del regime ci pensa la Tv a rendere schiave le nostre menti con la differenza che non ce ne accorgiamo >. Nel bosco dell’Appennino un po’ tutti vogliono sapere cosa è successo alle signore quando è finita la guerra. Medaglie, posti comodi, paghe buone. Insomma, i benefici naturali di chi oggi è tentato di imitare il prossimo ministro dell’istruzione che si è guadagnato la carriera mettendo in dubbio le stragi delle bande nere sulle quali piangevano i suoi discorsi quand’era sindaco Pci vicino a La Spezia. Bondi, esempio dell’ Italia nuova. Le vecchie signore ridono. Sono invecchiate cameriere in Svizzera o nelle mense di fabbrica; mondine con l’acqua a mezza gamba nelle risaie, o nelle fornaci a fare mattoni o a vangare l’orto quando perdevano il lavoro e dovevano tirare giornata. < Abbiamo combattuto per fare ragionare la gente >. Ma certa gente si è distratta. I ragazzi che ascoltavano nel bosco, speriamo di no. mchierici2@libero.it Cortesia dell'Unità

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