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28 Dicembre 2007 01:19

IL Danno

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di pierluigi dattis

La democrazia è fondata, per ora, su maggioranza e opposizione nell'interesse comune del Nostro Paese. L'Italia. Ora Governa il centro/sinistra. Ritengo che per una sana Democrazia,l'opposizione debba avere un Leader Politico degno di questa affermazione. L'elettorato dell'opposizione, nelle ultime elezioni Politiche dell'aprile del 2006, nonostante la Vittoria risicata del centro/sinista , aveva ancora, forse inconsciamente, scelto, IL Danno che si potrae da 15 anni e che ci ha reso con la sua non politica e con il suo menefreghismo dei Problemi reali del Paese e del Rilancio dell'economia Italiana e della Cultura, " una poltiglia umana". IL Danno= Silvio Berlusconi: « L'Italia è il Paese che amo. […] Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare » (Silvio Berlusconi, discorso sulla "discesa in campo" - 26 gennaio 1994[1]) Silvio Berlusconi (Milano, 29 settembre 1936) è un politico, imprenditore e dirigente sportivo italiano, fondatore e proprietario della società multimediale Fininvest (oggi Mediaset), fondatore e presidente del movimento politico Forza Italia nonché presidente del club calcistico del Milan. È conosciuto anche come Il Cavaliere in ragione dell'onoreficenza conferitagli di cavaliere del Lavoro. Da uomo politico, siede alla Camera dei Deputati dal 1994, anno della sua prima elezione. Ha tenuto tre mandati di presidente del Consiglio, il primo nella XII legislatura (1994) e gli altri due, consecutivi, nella XIV (2001/2005 e 2005/2006), ricoprendo in tale occasione anche gli incarichi ad interim di ministro degli Esteri, dell’Economia, della Salute e della Funzione Pubblica. Secondo la rivista Forbes Silvio Berlusconi è l’uomo più ricco d’Italia e il 51° più ricco del mondo, con un patrimonio stimato nel 2007 in 11,8 miliardi di dollari USA[2]; nel 2006, secondo la stessa rivista, occupava il 37° posto assoluto con 11 miliardi[3], nel 2005 il 25° con 12 miliardi[4] e nel 2004 il 30° con 10 miliardi[5]. Indice [nascondi] 1 Note biografiche 2 Attività imprenditoriale 2.1 Edilizia 2.2 Televisioni 2.3 Editoria e media 2.4 Commercio e assicurazioni 2.5 Sport 3 Attività politica 3.1 La discesa in campo 3.2 Campagna elettorale ed elezioni del 1994 3.3 Campagna elettorale 1996 e capo dell'opposizione fino al 2001 3.4 Campagna elettorale 2001 e capo del governo fino al 2006 3.5 Campagna elettorale 2006 3.6 La seconda discesa in campo 3.7 Governi presieduti 4 Il "berlusconismo" 5 I temi caldi dell'attività imprenditoriale 5.1 I finanziamenti di origine ignota 5.1.1 La difesa 5.2 I rapporti con Dell’Utri e Mangano 5.3 Le televisioni nazionali 6 I temi caldi dell'attività politica 6.1 Conflitto di interessi 6.2 I rapporti col mondo dell'informazione 6.2.1 Dichiarazione contro Biagi, Santoro e Luttazzi 6.2.2 La legge Gasparri e il lodo Retequattro 6.2.3 Dissapori con la TV pubblica 7 Procedimenti giudiziari a carico di Berlusconi 8 Riconoscimenti 9 Influenza culturale 9.1 Musica 9.2 Film e documentari su Berlusconi 10 Note 11 Bibliografia 12 Voci correlate 13 Altri progetti 14 Collegamenti esterni 14.1 Biografie 14.2 Articoli e opuscoli critici 14.3 Berlusconi al Parlamento Europeo 14.4 In lingua inglese 15 Uffici di governo Note biografiche È il primogenito di una famiglia della piccola borghesia milanese. Il padre Luigi (Saronno, 1908 - Milano, 1989) era impiegato alla Banca Rasini, dove lavorò fino a diventarne procuratore generale. Dall'unione matrimoniale di Luigi con Rosa Bossi (25 gennaio 1911) (detta Rosella, ex-segretaria del gruppo Pirelli), oltre a Silvio nascono: Maria Antonietta Berlusconi (1943); Paolo Berlusconi (Milano, 6 dicembre 1949), anch'egli imprenditore. Nel 1954 Silvio consegue la maturità classica al liceo salesiano "Sant'Ambrogio" di Milano. Si iscrive quindi alla facoltà di Giurisprudenza presso l'Università Statale, dove si laurea in legge nel 1961 con lode, presentando una tesi sul contratto di pubblicità per inserzione – relatore il professor Remo Franceschelli – che gli vale una borsa di studio. Nel 1965 si sposa con Carla Elvira Lucia Dall'Oglio (1940), dalla quale ha due figli: Maria Elvira (Milano, 10 agosto 1966), detta Marina, presidente della Fininvest e del gruppo Arnoldo Mondadori Editore; Pier Silvio (Milano, 28 aprile 1969), vicepresidente di Mediaset. Nel 1985 divorzia da Carla Dall'Oglio ed ufficializza il legame con Veronica Lario, nome d'arte di Miriam Bartolini[6] (Bologna, 19 luglio 1956), attrice, che sposa nel 1990. Dal legame con Veronica nascono tre figli: Barbara, (Arlesheim, Svizzera, 30 luglio 1984) (nata quindi durante il precedente matrimonio), laureata in filosofia, entrata dal settembre 2003 nel Consiglio di Amministrazione della Fininvest[7] e diventata mamma (di Alessandro) il 30 ottobre 2007[8]; Eleonora (1986), fondatrice insieme a Barbara ed altri sette amici dell'associazione di beneficenza "Milano Young Onlus" [9]; Luigi (1988), quinto ed ultimo figlio. Attività imprenditoriale Edilizia Dopo le saltuarie esperienze come agente immobiliare[10], nonché di cantante e intrattenitore sulle navi da crociera negli anni universitari, Silvio Berlusconi inizia ad occuparsi di edilizia e nel 1961 fonda la Cantieri Riuniti Milanesi Srl insieme al costruttore Pietro Canali. Il primo acquisto è un terreno in via Alciati a Milano, grazie alla fideiussione del banchiere Carlo Rasini (titolare e cofondatore della Banca Rasini, nella quale lavorava il padre di Berlusconi). Nel 1963 fonda la Edilnord Sas in cui è socio d'opera accomandatario, mentre Carlo Rasini e il commercialista svizzero Carlo Rezzonico sono soci accomandanti. In quest'azienda Carlo Rezzonico fornisce i capitali attraverso la finanziaria Finanzierungsgesellschaft für Residenzen AG di Lugano[11]. Gli anonimi capitali della finanziaria svizzera vengono in parte depositati presso l'International Bank di Zurigo, e pervengono alla Edilnord attraverso la Banca Rasini. Nel 1964 l'azienda di Berlusconi apre un cantiere a Brugherio per edificare una città modello da 4000 abitanti. I primi condomìni sono pronti già nel 1965, ma non si vendono con facilità[12]. Nel 1968 nasce la Edilnord Sas di Lidia Borsani e C. (la Borsani è cugina di Berlusconi), generalmente chiamata Edilnord 2, acquistando 712 mila m² di terreni nel comune di Segrate, dove sorgerà Milano 2, in seguito alla concessione edilizia ottenuta nel 1969. Nel 1972 viene liquidata la Edilnord e creata la Edilnord Centri Residenziali Sas di Lidia Borsani, quest'ultima socia accomandante, con i finanziamenti della Aktiengesellschaft für Immobilienlagen in Residenzzentren AG di Lugano. Nel 1973 viene fondata la Italcantieri, prima come Srl, poi come Spa nel 1975, con Silvio Berlusconi quale presidente. I capitali sono di due fiduciarie svizzere e precisamente della Cofigen[13], legata al finanziere Tito Tettamanti e alla Banca della Svizzera Italiana[14], e della Eti AG Holding di Chiasso[15], il cui amministratore delegato è Ercole Doninelli[16]. Nello stesso anno, tramite l'avvocato Cesare Previti, viene acquistata ad Arcore la villa Casati Stampa ed alcuni terreni contigui da Annamaria Casati Stampa di Soncino, ereditiera della nota famiglia nobiliare lombarda, rimasta orfana minorenne nel 1970, di cui l'avvocato Previti è ancora tutore legale, pagandola un prezzo di favore. Nel 1974 viene costituita l'Immobiliare San Martino, a Roma, amministrata da Marcello Dell'Utri (amico di Berlusconi fin dagli anni universitari con Fedele Confalonieri), con il finanziamento di due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro (BNL), la Servizio Italia Fiduciaria Spa e la Società Azionaria Fiduciaria. Nel 1977, a coronamento di questa ampia e riuscita attività edilizia, Silvio Berlusconi viene nominato cavaliere del lavoro dal presidente della Repubblica Giovanni Leone. Nel gennaio 1978 viene liquidata la Edilnord per dare vita alla Milano 2 Spa, costituita a Segrate dalla fusione con l'Immobiliare San Martino Spa. Televisioni Dopo l'esperienza in campo edilizio Berlusconi allarga il proprio raggio d'affari anche al settore della comunicazione e dei media. Nel 1976, infatti, la sentenza n.202 della Corte costituzionale apre la strada all'esercizio dell'editoria televisiva anche ad emittenti locali, fino ad allora appannaggio soltanto dello Stato. Silvio Berlusconi nel 1978 rileva dal fondatore Giacomo Properzj Telemilano, una televisione via cavo, operante dall'autunno del 1974 nella zona residenziale di Milano 2. A tale società due anni dopo viene dato il nome di Canale 5, ed assume la forma di rete televisiva a livello nazionale, comprendente più emittenti. Il canale nel 1981 trasmette il Mundialito, un torneo di calcio fra nazionali sudamericane ed europee, compresa quella italiana. Per tale evento, nonostante gli iniziali pareri sfavorevoli da parte di ministri del governo Forlani, ottiene dalla RAI l'uso del satellite e la diretta per la trasmissione in Lombardia, mentre nel resto d'Italia l'evento viene trasmesso in differita. A partire dal 1981, Berlusconi inizia ad utilizzare la propria rete di emittenti locali come se fosse un'unica emittente nazionale: registrando con un giorno d'anticipo tutti i programmi e le pubblicità e trasmettendo il tutto il giorno seguente in contemporanea in tutta Italia. Nel 1982 il gruppo si allarga con l'acquisto di Italia 1 dall'editore Edilio Rusconi e di Rete 4 nel 1984 dal gruppo editoriale Mondadori (all'epoca controllato dall'editore Mario Formenton). Il gruppo Fininvest riesce perciò a spezzare l'allora monopolio televisivo RAI. Nel 1990 la Legge Mammì permette a Berlusconi la diffusione a livello nazionale di programmi radiotelevisivi privati. Negli anni seguenti il gruppo si diffonde in Europa: in Francia fonda La Cinq (1986) (la cui chiusura nel 1992 fu molto controversa; in seguito Berlusconi viene limitato ad una partecipazione in TF1[citazione necessaria]), in Germania Tele 5 (si legge Telefünf, nel 1987, chiuderà nel 1992), in Spagna Telecinco (1990, ancora oggi attiva). Editoria e media Nel campo editoriale diventa, ed è, il principale editore italiano nel settore libri e periodici, in quanto azionista di maggioranza di Mondadori (in cui è confluita negli anni novanta la Silvio Berlusconi Editore, fondata dal magnate milanese negli anni '80 e attiva nella stampa periodica, e che comprò Tv Sorrisi e Canzoni) ed Einaudi (comprata dalla prima), e di alcune rilevanti case minori (Elemond, Sperling & Kupfer, Grijalbo, Le Monnier, Pianeta scuola, Edizioni Frassinelli, Electa Napoli, Riccardo Ricciardi editore, editrice Poseidona). Nel campo della distribuzione audiovisiva, Berlusconi è stato socio dal 1994 al 2002 attraverso Fininvest, di Blockbuster Italia. Controlla inoltre il gruppo Medusa Cinema. Commercio e assicurazioni Berlusconi effettua anche investimenti nel settore delle grandi distribuzioni, acquisendo il gruppo Standa dalla Montedison e i Supermercati Brianzoli. Negli anni tra il '97 e il '98 scorpora e vende, Euromercato al gruppo Carrefour-GS, la parte "non alimentare" al gruppo Coin e la parte "alimentare" a Gianfelice Franchini, ex proprietario dei Supermercati Brianzoli. A tal proposito Berlusconi dichiarerà in seguito di esser stato costretto a vendere la Standa a seguito della sua entrata in politica, affermando che i Comuni gestiti da giunte di centrosinistra non gli concedevano le necessarie autorizzazioni per aprire nuovi punti vendita. Secondo i critici di Berlusconi l'acquisizione e la successiva vendita della Standa sarebbe stata determinata dalla volontà di creare una liquidità per il gruppo Fininvest nel periodo difficile per il suo gruppo(1990-1994) in cui egli stesso aveva asserito di essere esposto con le banche per oltre novemila miliardi (di lire) di debiti [citazione necessaria]. Il Gruppo Fininvest, con le società Mediolanum e Programma Italia, ha una forte presenza anche nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari. Sport Dal 20 febbraio 1986 Silvio Berlusconi è proprietario del Milan, club calcistico del quale tenne la presidenza dal giorno dell'acquisto fino al 21 dicembre 2004, quando lasciò la carica a seguito dell'approvazione di una legge disciplinante i conflitti d'interesse. Ricopre di nuovo la carica dal 15 giugno 2006, non essendo più presidente del Consiglio. Sotto la sua gestione il Milan si è laureato 7 volte campione d’Italia, 5 volte campione d’Europa e 3 volte campione del mondo; ha vinto inoltre 5 Supercoppe nazionali e 5 europee nonché una Coppa Italia. Nei primi anni novanta estese l’attività sportiva del Milan cambiandone il nome in Athletic Club (per mantenere l’acronimo), e trasformandolo in società polisportiva costituita comprando i titoli sportivi di società lombarde di varie discipline quali baseball, rugby, hockey su ghiaccio, pallavolo e acquistando per importi mai visti in precedenza i migliori giocatori a disposizione. La polisportiva si sciolse nel 1994 dopo la vittoria elettorale e le squadre in essa accorpate (Amatori Milano di rugby, Gonzaga Milano, già Mantova, di pallavolo, Devils Milano di hockey e Baseball Milano seguirono destini diversi). Attività politica La discesa in campo Per approfondire, vedi la voce Discesa in campo. Silvio Berlusconi sul palco al DatchForum, nel giugno 1995 Da sinistra, Jacques Chirac, George W. Bush, Tony Blair e Silvio BerlusconiNel novembre 1993, in occasione delle elezioni comunali di Roma, auspicò la vittoria di Gianfranco Fini, all'epoca segretario del MSI, che correva per la carica di sindaco contro Francesco Rutelli. Nell'inverno del 1993, in seguito al vuoto politico che si era formato dopo lo scandalo di Tangentopoli, Berlusconi decide di scendere direttamente in prima persona nell'arena politica italiana. Dall'esperienza dei club dell'Associazione Nazionale Forza Italia, guidati da Giuliano Urbani e dalla diretta discesa in campo di funzionari delle sue imprese, soprattutto di Publitalia 80, nasce così il nuovo movimento politico Forza Italia. Allo stesso tempo Berlusconi dà le dimissioni da alcuni incarichi di imprenditore presso il gruppo da lui fondato (affidando la gestione ai figli o a persone di fiducia e mantenendone la proprietà ), e dà vita ad uno schieramento di centrodestra con lo scopo di ridare una rappresentanza agli elettori moderati e contrapporsi ai partiti di sinistra. Si apre subito un dibattito sulle ragioni della scelta di Berlusconi che vede contrapporsi sostanzialmente due posizioni: quella di chi ne vedeva una scelta dettata dall'amor di patria e senso di responsabilità (godendo già lui di ricchezza e potere e vedendo l'ascesa dei comunisti come un pericolo per l'Italia [17]) e quella di chi ne vedeva una scelta dettata dalla convenienza personale (finalizzata a salvare le sue aziende sull'orlo del fallimento [18] ed evitare il carcere). L'eleggibilità di Berlusconi è anche oggetto di dibattito, in relazione all'articolo 10 della legge n.361 del 1957, secondo cui «non sono eleggibili (...) coloro che (...) risultino vincolati con lo Stato (...) per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica». La Giunta per elezioni della Camera nel 1994 ha convalidato l'elezione di Berlusconi [19]. Berlusconi si propone come innovatore e modernizzatore dello Stato, promette una forte sburocratizzazione e riorganizzazione degli apparati pubblici, ed un forte ridimensionamento della disoccupazione promettendo un milione di posti di lavoro. Campagna elettorale ed elezioni del 1994 Per approfondire, vedi la voce Legislature della Repubblica Italiana/XII Legislatura. Grazie anche ad una massiccia campagna elettorale, le elezioni politiche del 27 marzo 1994 si concludono con un successo del suo partito in corsa con Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini e con la Lega Nord di Umberto Bossi. Negli ultimi mesi di campagna elettorale, alcuni fra i volti più famosi [20] delle reti Fininvest dichiarano in televisione il loro appoggio politico, all'interno dei programmi di intrattenimento da loro condotti, scatenando reazioni che scaturiscono nella discussa par condicio. La prima esperienza di governo di Silvio Berlusconi ha però vita dura e breve, e si conclude nel dicembre dello stesso anno, quando la Lega Nord ritira l'appoggio al Governo. Il 22 dicembre Berlusconi rassegna le proprie dimissioni al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Al suo posto viene formato un governo tecnico, il governo Dini. Per alcuni anni, Berlusconi attribuisce la responsabilità della caduta del suo governo all'inaffidabilità di Bossi [21]. In seguito la attribuisce alla magistratura e a Scalfaro, il quale, secondo lo stesso Berlusconi, avrebbe indotto Bossi a ritirare l'appoggio all'esecutivo[22]. Polo e Lega si riconcilieranno in occasione delle elezioni politiche del 2001. Campagna elettorale 1996 e capo dell'opposizione fino al 2001 Per approfondire, vedi la voce Legislature della Repubblica Italiana/XIII Legislatura. Le successive elezioni sono vinte da L'Ulivo (con l'appoggio esterno di Rifondazione Comunista), la coalizione di centrosinistra capeggiata da Romano Prodi. Berlusconi guida l'opposizione di centrodestra fino al 2001. Durante la legislatura collabora con Massimo D'Alema alla Bicamerale, che si occupa principalmente di riforme costituzionali e giudiziarie (per approfondimenti si veda la voce sulle riforme giudiziarie dell'Ulivo). Campagna elettorale 2001 e capo del governo fino al 2006 Per approfondire, vedi la voce Legislature della Repubblica Italiana/XIV Legislatura. Le elezioni del 2001 portano alla vittoria la coalizione di centrodestra capeggiata da Silvio Berlusconi, grazie al ritrovato accordo con la Lega Nord e alle divisioni del centrosinistra. Durante la campagna elettorale Berlusconi sigla, presso la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa, il cosiddetto Contratto con gli italiani: un accordo fra lui ed i suoi potenziali elettori in cui si impegna, in caso di vittoria, a realizzare ingenti sgravi fiscali, il dimezzamento della disoccupazione, l'avviamento di decine di opere pubbliche, l'aumento delle pensioni minime e la riduzione del numero di reati; impegnandosi altresì a non ricandidarsi alle successive elezioni nel caso in cui almeno quattro dei cinque punti principali non fossero stati mantenuti. Berlusconi viene per la seconda volta nominato Presidente del Consiglio, dando inizio al Governo Berlusconi II. Durante il secondo semestre del 2003 ricopre la carica di Presidente del Consiglio dell'Unione Europea in quanto capo del governo italiano. Nella primavera del 2005 a seguito della pesante sconfitta della Casa delle Libertà alle elezioni regionali si apre una celere crisi di governo: Berlusconi si dimette il 20 aprile e dopo solo due giorni viene varato il Governo Berlusconi III che ricalca in gran parte come composizione e azione politica il precedente Governo Berlusconi II. 1 marzo 2006, Silvio Berlusconi parla innanzi al Congresso degli Stati Uniti riunito in sessione plenaria. Campagna elettorale 2006 Per approfondire, vedi le voci Legislature della Repubblica Italiana/XV Legislatura e Elezioni politiche italiane del 2006. Il periodo pre-elettorale è infiammato dalla pubblicazione di sondaggi che prevedono una vittoria dell'Unione con circa il 5% di scarto, commissionati prevalentemente da quotidiani nazionali ed emittenti televisive. Solo tre sondaggi elaborati su commissione di Berlusconi da una società statunitense attribuiscono un lieve vantaggio per la Casa delle Libertà. I due candidati si incontrano in due dibattiti televisivi molto seguiti, andati in onda su Raiuno. Berlusconi conclude il secondo dibattito il 3 aprile annunciando a sorpresa, di voler eliminare l'Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) sulla prima casa [23]. Nei giorni successivi, durante la trasmissione Radio anch'io su Radio Uno, promette anche l'eliminazione della tassa sui rifiuti[24]. L'esito delle elezioni del 2006 è caratterizzato da una forte incertezza perdurata fino al termine dello scrutinio delle schede e si risolve con una leggera prevalenza della coalizione di centrosinistra capeggiata da Romano Prodi, che vince le elezioni. Dopo l'esito del voto, Berlusconi inizialmente contesta il risultato delle votazioni denunciando brogli e chiedendo il riconteggio dei voti. Successivamente giudica l'esito un «sostanziale pareggio», e suggerisce di formare un governo istituzionale di coalizione ispirato alla "Grosse Koalition" tedesca. La proposta è però rifiutata dai partiti del centrosinistra e dalla Lega Nord. Il governo va così a Prodi e al centrosinistra. Le Giunte per le elezioni, attivatesi per il riconteggio delle schede bianche e nulle[25], nel settembre 2007 confermeranno il risultato elettorale[26]. La seconda discesa in campo Per approfondire, vedi la voce Popolo della Libertà. Dal 16 al 18 novembre 2007 Berlusconi ha organizzato una petizione popolare per richiedere elezioni anticipate, con l'obiettivo di raccogliere almeno 5 milioni di firme. Il risultato comunicato da Sandro Bondi è stato di 7.027.734 [27], sebbene tale dato non sia stato sottoposto ad alcuna verifica[28]. Con questa cifra alla mano, il 18 novembre a comizio in piazza San Babila a Milano Berlusconi ha annunciato lo scioglimento di Forza Italia e la nascita del Popolo della Libertà, un nuovo soggetto politico contro i «parrucconi della politica» [29]. Il giorno successivo, in una conferenza stampa tenuta a Roma in Piazza di Pietra ha sostenuto che «il bipolarismo […] nella presente situazione italiana, con la frammentazione dei partiti che esiste, non è qualcosa che può funzionare per il governo del Paese»[30] e ha dichiarato la sua disponibilità a trattare per la realizzazione di un sistema elettorale proporzionale puro con sbarramento alto per evitare il frazionamento dei partiti. Berlusconi ha affermato che il nuovo partito «intende rovesciare la piramide del potere»[31] e che la scelta del nome, dei valori, dei programmi, dei rappresentanti e del leader del nuovo soggetto politico spetterà ai cittadini e non alle segreterie. Una successiva petizione popolare tenutasi il 1° e 2 dicembre 2007 ha stabilito, con il 63,14% delle preferenze, che il nome di tale formazione politica dev'essere Popolo della libertà. Tramite successive elezioni primarie si giungerà all'elezione del suo leader. Questa improvviso mutamento di strategia, unito alla decisione di riformare la legge elettorale, ha colto di sorpresa gli alleati; Alleanza Nazionale, Lega Nord e UDC hanno preso le distanze e negato di volersi sciogliere dentro la nuova formazione. Governi presieduti Governo Berlusconi I, dal 10 maggio 1994 al 22 dicembre 1994. Governo Berlusconi II, dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005. Governo Berlusconi III, dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006. Il "berlusconismo" Per approfondire, vedi la voce Berlusconismo. Berlusconismo è un termine coniato dal leader di Rifondazione Comunista Fausto Bertinotti. Nato con accezione critica, è ora usato in senso più ampio per indicare il modo di Berlusconi di porsi nei confronti dell'opinione pubblica. Berlusconi si definisce un liberale e liberista, richiamandosi alla tradizione anglo-americana. Egli si propone come «l'alternativa alla vecchia politica», «un imprenditore al servizio della politica». Abile comunicatore mediatico, si rivolge direttamente al popolo italiano con slogan semplici ed incisivi («un presidente operaio», «un milione di posti di lavoro», «meno tasse per tutti») e mostra insofferenza per la politica legata alle trattative tra i partiti (che definisce "politica di palazzo"), nonché verso i limitati poteri che la Costituzione attribuisce al primo ministro (non per altro la riforma costituzionale approvata dal suo governo ne prevedeva un rafforzamento, riforma che poi è stata però bocciata da un referendum popolare appoggiato principalmente dai partiti del centro-sinistra). Negli anni di governo in politica estera Berlusconi si è impegnato per stabilire rapporti d'amicizia, non solo istituzionali ma anche personali, con diversi capi di stato, in particolare con il presidente statunitense George W. Bush, il primo ministro spagnolo José Aznar e il presidente russo Vladimir Putin. Dello sviluppo di tali rapporti Berlusconi ha fatto non solo una caratteristica distintiva della propria politica estera, ma anche un motivo di orgoglio da far fruttare a fini di politica interna. Alcuni atteggiamenti di Berlusconi, come ad esempio alcune dichiarazioni controverse in presenza di giornalisti stranieri, hanno suscitato successivamente un dibattito. I suoi oppositori hanno definito i comportamenti del Cavaliere disdicevoli per uno statista. I suoi sostenitori minimizzano considerandoli «umorismo» nel dialogo con i suoi interlocutori. A causa di tali atteggiamenti talvolta i diplomatici italiani sono stati chiamati per un chiarimento e in alcuni casi le dichiarazioni sono state smentite il giorno dopo dai portavoce istituzionali [32]. L'aspetto fisico riveste per Berlusconi una certa importanza: egli si è sottoposto negli anni della sua attività politica a vari interventi di chirurgia estetica. Il modo di porsi del Cavaliere ha diviso nettamente gli animi fra coloro che lo stimano e coloro che ne disprezzano gli atteggiamenti e le idee. I temi caldi dell'attività imprenditoriale I finanziamenti di origine ignota Rimane tuttora ignota, a distanza di più di 40 anni, la fonte degli ingenti capitali di cui dispose il ventisettenne Silvio Berlusconi per avviare la sua attività imprenditoriale. Interrogato sulla questione in sede giudiziaria dal P.M. Antonio Ingroia, Berlusconi si avvalse della facoltà di non rispondere; inoltre, ancora oggi gli istituti di credito svizzeri negano alla magistratura italiana la possibilità di accedere alle identità dei possessori dei conti cifrati inerenti al flusso di capitali transitato all’epoca e in piena disponibilità della Fininvest.[33]. Al tempo in cui Luigi Berlusconi era procuratore generale della Banca Rasini, infatti, questa entrò in rapporti d’affari con la Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d’amministrazione figuravano nomi poi divenuti famosi alla cronaca giudiziaria, come Roberto Calvi, Licio Gelli e Michele Sindona. La stessa banca Rasini fu indicata da Sindona e da altri collaboratori di giustizia come coinvolta nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa (il che aiuta a comprendere la grossa presenza di finanziatori svizzeri nei primi anni di attività di Berlusconi[34]. Queste indicazioni assumeranno un importante significato rispetto ad alcune successive ombre sulla figura di Berlusconi quali i supposti rapporti con la mafia e l’iscrizione alla loggia massonica Propaganda 2[35] di Licio Gelli con tessera 1816, codice E.19.78, gruppo 17, fascicolo 0625, data di affiliazione 26 gennaio 1978: la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2 (fornita di poteri ispettivi analoghi a quelli della magistratura, secondo la lettera della legge istitutiva 23 settembre 1981, n. 527), nella relazione di maggioranza firmata da Tina Anselmi individuò proprio nell’appartenenza alla loggia P2 l’origine di numerosi finanziamenti altrimenti inottenibili: nella sezione dedicata ai rapporti finanziari della loggia, infatti, emerse che «…non vanno peraltro trascurati anche altri interventi con identici fini, anche se di portata minore, che la Loggia P2 pone in essere sia tramite il Banco Ambrosiano, sia tramite altre banche ove alcuni operatori (Genghini, Fabbri, Berlusconi, ecc.), trovano appoggi e finanziamenti al di là di ogni merito creditizio. Molti degli istituti bancari, ai cui vertici risultavano essere personaggi inclusi nelle liste P2, non hanno effettuato in merito opportune indagini, ma l'esistenza di una vasta rete di sostegno creditizio per le operazioni interessanti la loggia risulta provata dalla già citata inchiesta portata a termine dal Collegio sindacale dei Monte dei Paschi di Siena…»[36]. Nel luglio 2007 Giuffrida, il perito dell’accusa che nel 1999 dimostrò la provenienza illecita dei fondi Finivest e che da quest’ultima fu poi querelato per diffamazione, giunse a un accordo transattivo con i legali Mediaset: l’oggetto dell’accordo consisté nella ritrattazione delle sue precedenti dichiarazioni fornite durante il processo (ritenute incomplete e parziali perché la scadenza dei termini di indagine non gli aveva permesso di approfondire a sufficienza l'origine di otto transizioni dubbie) e la dichiarazione conseguente che tutti i soldi giunti nelle casse Fininvest in quegli anni erano di provenienza del gruppo di Berlusconi[37]. La difesa Le ipotesi di riciclaggio non sono state confutate né confermate da prove decisive, anche a causa del segreto bancario vigente in Svizzera. Stando alle dichiarazioni dello stesso Silvio Berlusconi, fu la liquidazione del padre, Luigi Berlusconi, divenuto poi collaboratore del figlio all'Edilnord e in molti altri momenti cruciali della sua vita imprenditoriale, che servì a finanziare gli inizi della sua attività imprenditoriale e a costituire la metà del capitale dei Cantieri Riuniti Milanesi. Silvio Berlusconi si definisce un self made man perché il suo successo - stando a queste dichiarazioni - si basa sulle sue "capacità imprenditoriali", sul suo "fiuto per gli affari", sul suo "lavoro indefesso" e su una serie di "fortuite circostanze" che gli avevano garantito la fiducia dei vari finanziatori.[38] I rapporti con Dell’Utri e Mangano Nella prima metà degli anni settanta diverse organizzazioni criminali (non ultima la mafia) usavano, per autofinanziarsi, ricorrere alla pratica del sequestro di persona nei confronti di imprenditori (o di loro familiari) non molto noti al grande pubblico e Berlusconi, all’epoca già padre di due figli, era tra questi: il 7 luglio 1974 l’avvocato palermitano Marcello Dell'Utri (all’epoca collaboratore di Berlusconi e che in seguito fu eletto senatore per il partito da quest’ultimo fondato), mise in contatto Berlusconi con Vittorio Mangano. L’incontro avvenne nella neoacquistata villa San Martino ad Arcore, e il motivo ufficiale della presenza di Mangano fu quello di assumere le mansioni di fattore e stalliere. In realtà, Mangano si occupò anche della sicurezza della villa e dell’incolumità dei figli di Berlusconi, che usava anche accompagnare a scuola. Disse anni dopo Dell’Utri: «Berlusconi ha assunto Mangano, gliel’ho presentato io, è verissimo, tra tante persone che c’erano in concorso per quella posizione, e ai quali Berlusconi ha addirittura affidato la casa, e il signor Mangano accompagnava anche i figli di Berlusconi a scuola. Non vedo niente di strano nel fatto che io abbia frequentato in questa maniera il signor Mangano, e lo frequenterei ancora adesso»[39]. Vittorio Mangano si licenziò nel 1976. A suo carico, nel periodo successivo all’impiego a villa San Martino, una condanna per traffico di droga e un’altra per associazione mafiosa semplice. Fu inoltre sospettato del rapimento di Luigi D’Angerio, che avvenne nella notte di S. Ambrogio del 1974, subito dopo una cena ad Arcore. La procura della repubblica di Palermo sostiene che Marcello Dell’Utri era a conoscenza dei precedenti penali di Mangano. Al tempo in cui Dell’Utri, infatti, lasciò l’impiego in banca per diventare collaboratore di Berlusconi, e successivamente chiamò Mangano ad Arcore, la locale stazione dei Carabinieri ricevette un’informativa dai loro colleghi palermitani che segnalava Mangano quale persona con precedenti giudiziari e Dell’Utri quale persona che era informato di ciò[40]. Il 26 maggio 1975 una bomba esplose nella villa di Berlusconi in via Rovani a Milano, provocando ingenti danni con lo sfondamento dei muri perimetrali e il crollo del pianerottolo del primo piano. Berlusconi, dopo aver ricevuto varie minacce, si trasferì per qualche mese con la famiglia in Svizzera e successivamente in Spagna. Il 28 novembre 1986 un altro attentato alla villa milanese creò unicamente danni alla cancellata esterna. Berlusconi, nel mezzo di un’intercettazione telefonica, commentò con Dell’Utri l’attentato definendolo scherzosamente un atto fatto «con affetto», proseguendo sullo stesso tono che «secondo me, come un altro manderebbe una lettera o farebbe una telefonata, lui metterebbe una bomba» e sottolineando che la natura del gesto è da ricercarsi nel fatto «che non sa scrivere»[41]. Contrariamente a quanto Berlusconi pensava, invece, l’attentato non è attribuibile a Mangano in quanto all’epoca del fatto era detenuto. Esso è ascrivibile altresì (come risulta dalle dichiarazioni di Galliano Antonino) alla mafia catanese: una volta raccordatosi con il suo sodale Nitto Santapaola di Catania, Totò Riina, il capo di Cosa nostra, aveva, come si suol dire, «preso in mano la situazione» relativa a Berlusconi e Dell’Utri, che, come si è visto (per concorde dichiarazione di Ganci, Anzelmo e Galliano), sarebbe stata sfruttata non soltanto per fini prettamente estorsivi, ma anche per potere “agganciare” politicamente Bettino Craxi. Un rapporto della Criminalpol del 13 aprile 1981 recita che «L’aver accertato attraverso la citata intercettazione telefonica il contatto tra Mangano Vittorio, di cui è bene ricordare sempre la sua particolare pericolosità criminale, e Dell’Utri Marcello ne consegue necessariamente che anche la Inim spa e la Raca spa (società per le quali il Dell’Utri svolge la propria attività), operanti in Milano, sono società commerciali gestite anch’esse dalla mafia e di cui la mafia si serve per riciclare il denaro sporco, provento di illeciti»[42]. Sull’attività di Mangano nello stesso periodo in cui prestava servizio come stalliere di Berlusconi il giudice Paolo Borsellino rilasciò, poco prima di morire, un’intervista a un giornalista francese nella quale definiva il Mangano come una delle teste di ponte di cosa nostra nel nord Italia[43]. Le televisioni nazionali La creazione di un gruppo di canali televisivi appariva di fatto in contrasto con la legge in vigore e con le sentenze della Corte costituzionale che, sin dal 1960 (n. 59/1960), aveva mostrato il suo orientamento in materia. Un tema ripreso anche dal più recente pronunciamento del 1981, dove veniva riaffermata la mancanza di costituzionalità nell'ipotesi di permettere ad un soggetto privato il controllo di una televisione nazionale, considerando questa possibilità, visti gli spazi limitati a disposizione, come una lesione al diritto di libertà di manifestazione del proprio pensiero, garantito dall'articolo 21 della Costituzione. Tre pretori da Roma, Milano e Pescara (tra cui Giuseppe Casalbore) intervennero nel 1984, disponendo - in base al codice postale dell'epoca - il sequestro nelle regioni di loro competenza del sistema che permetteva la trasmissione simultanea nel Paese dei tre canali televisivi. In conseguenza di ciò e per protesta, le emittenti Fininvest interessate dal provvedimento apposero sul video un messaggio, rinunciando ad una programmazione canonica. Dopo quattro giorni, il governo di Bettino Craxi, intervenne direttamente nella questione aperta dalla magistratura emanando un decreto legge in grado di rimettere in attività il gruppo. Ma il Parlamento, invece di convertirlo in legge, lo rifiutava in quanto incostituzionale, permettendo alla magistratura di riprendere l'azione penale contro Fininvest. Craxi varò quindi un nuovo decreto, ponendolo al Parlamento tramite la questione di fiducia, e riuscendo a farlo eleggere. La Corte Costituzionale esaminò la legge solo tre anni dopo, mantenendola in vigore, ma sottolineandone la dichiarata transitorietà. Silvio Berlusconi e Bettino Craxi in una foto del 1984L'approvazione del provvedimento fu da alcuni giustificata nella stretta e mai celata amicizia tra Bettino Craxi e Silvio Berlusconi (Craxi è stato testimone di nozze al matrimonio tra Berlusconi e Veronica Lario e padrino di battesimo di Barbara Berlusconi). Secondo altri, invece, il disegno di modernizzazione del Paese del segretario socialista passava per lo scardinamento del monopolio culturale che - attraverso la RAI - la Democrazia cristiana esercitava sulla programmazione radiotelevisiva nazionale; l'oligopolio a cui si giunse, però, probabilmente non corrispondeva alla ratio con cui la Corte costituzionale nel 1976 (invocando l'articolo 21 della Costituzione) aveva ammesso a latere della concessionaria pubblica un sistema plurale di molteplici reti, distribuite sul territorio a livello esclusivamente locale. Il rapporto con Craxi fu documentato nell'archivio dell'ex-presidente del Consiglio in cui fu trovata anche una lettere a firma di Berlusconi: « Caro Bettino grazie di cuore per quello che hai fatto. So che non è stato facile e che hai dovuto mettere sul tavolo la tua credibilità e la tua autorità. Spero di avere il modo di contraccambiarti. Ho creduto giusto non inserire un riferimento esplicito al tuo nome nei titoli-tv prima della ripresa per non esporti oltre misura. Troveremo insieme al più presto il modo di fare qualcosa di meglio. Ancora grazie, dal profondo del cuore. Con amicizia, tuo Silvio.[44] » Nel 1990 con la legge Mammì si tornava a legiferare in materia e veniva stabilito che non si poteva essere proprietari di più di tre canali, senza l'introduzione, però, di limiti che compromettessero l'estensione assunta televisivamente dalle reti di Berlusconi. L'approvazione della legge rinnovava forti polemiche e cinque ministri del Governo Andreotti si dimisero per protesta. Berlusconi, essendo state decise anche norme volte a impedire posizioni dominanti contemporaneamente nell'editoria di quotidiani, venne costretto a cedere le proprie quote della società editrice del Giornale, vendendole al fratello Paolo Berlusconi. Nel 1994 una nuova sentenza della Corte (la n. 420) dichiarava incostituzionale parte della legge, richiamando la necessità di porre limiti più stretti nella concentrazione di possedimenti in campo mediatico. Berlusconi continua, quindi, ad operare nel settore tramite l'azienda Mediaset (nata nel 1995, dallo scorporo delle attività televisive della Fininvest), con concessioni a valenza transitoria. I temi caldi dell'attività politica Conflitto di interessi Un conflitto di interessi emerge in presenza di proprietari di imprese che vengono ad assumere cariche pubbliche. La contemporanea proprietà di società di assicurazione, di colossi dell'editoria, di imprese turistiche, e così via, acuisce questo problema nella figura di Silvio Berlusconi. Secondo il settimanale britannico The Economist, Berlusconi, nella sua doppia veste di proprietario di Mediaset e Presidente del Consiglio, deteneva il controllo di circa il 90% del panorama televisivo italiano[45]. Questa percentuale include sia le stazioni da lui direttamente controllate, sia quelle su cui il suo controllo può essere esercitato in maniera indiretta attraverso la nomina (o l'influenza sulla nomina) degli organismi dirigenti della televisione pubblica. Questa tesi viene respinta da Berlusconi che nega di controllare la RAI. Egli sottolinea il fatto che durante il suo governo siano stati nominati presidente della RAI persone facenti riferimento al centrosinistra, in primo luogo Lucia Annunziata. Attualmente il presidente della RAI è Claudio Petruccioli, di centro-sinistra, mentre il ruolo di direttore generale è ricoperto da Claudio Cappon. Di fatto durante il governo Berlusconi il CdA della RAI era a maggioranza di nomina della Casa delle Libertà. Il vasto controllo sui media esercitato da Berlusconi è stato collegato da molti osservatori italiani e stranieri alla possibilità che i media italiani siano soggetti ad una reale limitazione delle libertà di espressione. L'Indagine mondiale sulla libertà di stampa (Freedom of the Press 2004 Global Survey), uno studio annuale pubblicato dall'organizzazione americana Freedom House, ha retrocesso l'Italia dal grado di "Libera" (Free) a quello di "Parzialmente Libera" (Partly Free) [46] sulla base di due principali ragioni, la concentrazione di potere mediatico nelle mani del Presidente del consiglio Berlusconi e della sua famiglia, e il crescente abuso di potere da parte del governo nel controllo della televisione pubblica RAI [47]. L'indagine dell'anno successivo ha confermato questa situazione con l'aggravante di ulteriori perdite di posizione in classifica [48]. Reporter senza frontiere dichiara inoltre che nel 2004, «Il conflitto d'interessi che coinvolge il primo ministro Silvio Berlusconi e il suo vasto impero mediatico non è ancora risolto e continua a minacciare la libertà d'espressione»[49]. Nell'aprile 2004, la Federazione Internazionale dei Giornalisti si unisce alle critiche, obbiettandosi al passaggio di una legge firmata da Carlo Azeglio Ciampi nel 2003, che i detrattori di Berlusconi ritengono sia destinata a proteggere il suo controllo dichiarato del 90% dei media nazionali[50]. Lo stesso Berlusconi, per rispondere alle critiche su un suo conflitto di interessi, pochi giorni prima delle elezioni politiche del 2001, in un'intervista al Sunday Times annunciò di aver contattato tre esperti stranieri («un americano, un britannico e un tedesco»"), di cui però non fece i nomi, che lo consigliassero nel trovare una soluzione alla questione. Pochi giorni dopo ribadì al TG5 la sua decisione, specificando che: « In cento giorni farò quel che la sinistra non ha fatto in sei anni e mezzo: approverò un disegno di legge che regolamenterà i rapporti tra il Presidente del Consiglio e il gruppo che ha fondato da imprenditore » a cui fecero eco le parole del presidente di AN Gianfranco Fini e di altri politici della CdL, i quali nei giorni seguenti confermarono più volte che, in caso di vittoria alle elezioni, l'intenzione del governo era quella di presentare entro i primi 100 giorni un disegno di legge per risolvere la questione tramite un blind trust. Non vennero mai resi noti i nomi dei tre esperti stranieri che si sarebbero dovuti occupare della questione, né vennero mai presentati disegni di legge del tipo di quelli annunciati prima delle elezioni.Evidentemente non c'è mai stato un vero impegno in tal senso teso a correggere una tale discrasia e neanche il centrosinistra, al governo dal 1996 al 2001, è riuscito ad intervenire sul tema del conflitto d'interessi. Nel 2003 Luciano Violante, allora capogruppo DS alla Camera, dichiarò in Parlamento che il centrosinistra aveva dato nel 1994 la garanzia piena a Berlusconi e Letta che le "televisioni non sarebbero state toccate" con il cambio di governo. Inoltre sottolineò che il centrosinistra non ha approvato una legge sul conflitto di interesse e anzi ha votato a favore per l'eleggibilità di Berlusconi a deputato quando essa fu contestata (la Costituzione nega l'eleggibilità per i concessionari dello Stato) e rimarcò il fatto che durante il governo di centrosinistra il fatturato di Mediaset era cresciuto di 25 volte [51]. I rapporti col mondo dell'informazione Dichiarazione contro Biagi, Santoro e Luttazzi Per approfondire, vedi la voce Editto bulgaro. Berlusconi e Biagi nel 1986Il 18 aprile 2002, durante la visita di Stato a Sofia in Bulgaria Berlusconi, da circa un anno Presidente del Consiglio rende una assai discussa dichiarazione (soprannominata dai suoi oppositori il "diktat bulgaro" o l'"editto di Sofia"): « L'uso che Biagi, come si chiama quell'altro...? Santoro, ma l'altro... Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga. » I tre non vennero più chiamati a condurre programmi in RAI fino al 2006 quando, in seguito ad azioni giudiziarie che li hanno visti vincenti sulla dirigenza RAI, Biagi e Santoro hanno ripreso a condurre programmi giornalistici. Berlusconi in seguito alla morte di Biagi precisò che la sua dichiarazione era un'esortazione alla dirigenza RAI affinchè non avvenisse più un certo tipo di uso della TV pubblica da lui definito criminoso e non era un'esortazione al licenziamento dei tre[52]. Di fatto la nuova dirigenza RAI insediatasi all'epoca del governo Berlusconi e da esso spronata a prendere provvedimenti, espulse Biagi, Santoro e Luttazzi da tutte le programmazioni televisive. La legge Gasparri e il lodo Retequattro Per approfondire, vedi le voci Lodo Retequattro e Legge Gasparri. La situazione di Retequattro è incerta dalla fine degli anni ottanta, dove si iniziò a discutere di concentrazione dei mezzi di informazione, in seguito all'acquisto della Mondadori da parte di Fininvest. Tale situazione perdura nonostante la giurisprudenza sia stata in più occasioni chiara e categorica riguardo la destinazione del canale, il quale avrebbe dovuto migrare dal sistema analogico a quello digitale e le cui frequenze digitali sarebbero dovute passare ad un diverso concessionario, vincitore legittimo della gara d'appalto: Francesco di Stefano, proprietario dell'emittente televisiva Europa 7 . Con la legge Gasparri Retequattro ha potuto invece continuare a trasmettere in chiaro senza risolvere la succitata discriminazione. Dissapori con la TV pubblica Berlusconi ha sempre avuto rapporti contrastati con la televisione pubblica, da lui spesso accusata di essere, se non totalmente schierata a sinistra, per gran parte controllata dai partiti dell'opposizione (soprattutto Raitre, definita da Berlusconi «una macchina da guerra contro il Presidente del Consiglio»). Questa visione è ovviamente ribaltata secondo il punto di vista dei suoi oppositori che lo accusano di averla pesantemente occupata nel periodo in cui è stato capo del governo.. È del 12 marzo 2006 (durante la campagna elettorale per le elezioni politiche) la polemica, in occasione del programma di Raitre, "In 1/2 h" (In mezz'ora), tra Berlusconi che accusava la conduttrice Lucia Annunziata di muoversi sulla base di posizioni di pregiudizio nei suoi confronti e di aperta partigianeria in appoggio della sinistra, e la giornalista stessa che gli rimproverava l'incapacità di trattare con i giornalisti. Silvio Berlusconi lasciò lo studio dopo 17 minuti [53]. Procedimenti giudiziari a carico di Berlusconi Per approfondire, vedi la voce Procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi. Alcuni dei procedimenti giudiziari a cui Silvio Berlusconi è stato sottoposto si sono conclusi con una sentenza definitiva che ha riconosciuto la colpevolezza dell'imputato, per reati quali corruzione giudiziaria, falsa testimonianza, finanziamento illecito a partiti e falso in bilancio. In altri procedimenti Silvio Berlusconi è stato invece assolto nel merito, oppure le indagini sono state archiviate. Nei processi in cui è stato riconosciuto colpevole con sentenza definitiva non è stato tuttavia condannato, grazie ad amnistie, attenuanti generiche causanti prescrizione, e nuove norme, approvate definitivamente dal governo da lui presieduto, che hanno modificato le pene e la struttura di taluni reati a lui contestati, per esempio il reato di falso in bilancio. Alcuni procedimenti giudiziari sono ancora in corso, uno dei quali all'estero. Su tutti questi procedimenti giudiziari c'è acceso dibattito. Berlusconi ed i suoi sostenitori affermano che questi processi sono basati su teoremi senza alcun riscontro di prove, e costituiscono una persecuzione giudiziaria orchestrata delle toghe rosse, ovvero da magistrati vicini ai partiti e alle ideologie di sinistra (iscritti a Magistratura democratica), che utilizzerebbero illegittimamente la giustizia a fini di lotta politica [54] [55]. Essi affermano inoltre che Berlusconi è uscito a testa alta da tutti i processi, pienamente scagionato da ogni accusa. I critici di Berlusconi, sostengono invece che i processi siano iniziati prima della discesa in campo, asseriscono che se non fosse entrato in politica sarebbe finito in bancarotta o in galera[56], e che proprio grazie alle cosiddette "leggi ad personam" varate dal suo governo avrebbe evitato di essere condannato. Riguardo all'accusa sulle "toghe rosse", essi sostengono che Berlusconi, rispetto ad altri imputati, abbia giovato del vedersi riconoscere dai giudici le attenuanti generiche (le quali erano comunque normativamente previste[citazione necessaria]), il che non è avvenuto per Cesare Previti, condannato in primo e secondo grado per una stessa vicenda[57]. Di seguito viene fornito uno schema delle sentenze: Tipo di sentenza Imputazione Procedimento Sentenze di non doversi procedere Reati estinti per prescrizione con concessione di attenuanti La Corte di Cassazione ha affermato che, riguardo ai casi di prescrizione dovuta alla concessione di attenuanti, «Qualora l'applicazione della causa estintiva della prescrizione del reato sia conseguenza della concessione di attenuanti, la sentenza si caratterizza per un previo riconoscimento di colpevolezza dell'imputato ed è fonte per costui di pregiudizio» (Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza n. 5069 del 21 maggio 1996). Di seguito le sentenze che ricadono in tale categoria: Lodo Mondadori, corruzione giudiziaria (attenuanti generiche, sentenza definitiva) Caso All Iberian 1, 23 miliardi di tangenti a Craxi (attenuanti generiche, sentenza definitiva) Caso Lentini, falso in bilancio (attenuanti generiche e nuova legge intervenuta, sentenza definitiva) Reati estinti per intervenuta amnistia Falsa testimonianza P2 (amnistiato, sentenza definitiva) Terreni Macherio, imputazione per uno dei due falsi in bilancio (amnistiato, sentenza definitiva) Sentenze di assoluzione Caso All Iberian 2 (falso in bilancio, sentenza di I grado) Sme-Ariosto 1 - imputazione su vendita Iri, corruzione giudiziaria (insufficienza di prove in I grado) 4 Tangenti alla guardia di finanza (assolto per non aver commesso il fatto, sentenza definitiva) Medusa cinematografica, falso in bilancio (assoluzione con formula dubitativa, in quanto per la sua ricchezza potrebbe non essersene accorto, sentenza definitiva) Sme-Ariosto 2, falso in bilancio (stralciato in base alla nuova legge sul falso in bilancio) Sme-Ariosto 1 - corruzione in atti giudiziari per due versamenti a Renato Squillante (assoluzione per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste, sentenza definitiva) Terreni Macherio, imputazione per appropriazione indebita, frode fiscale, e uno dei due falsi in bilancio (assoluzione nel merito, sentenza definitiva) Procedimenti archiviati Bilanci Fininvest, falso in bilancio e appropriazione indebita (calcolo prescrizione in base alla nuova legge sul falso in bilancio) Consolidato Fininvest, falso in bilancio (calcolo prescrizione in base alla nuova legge sul falso in bilancio varata dal Governo Berlusconi) spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest (archiviazione per insufficienza di prove) traffico di droga (l'indagine non ha rilevato nulla di penalmente perseguibile) tangenti fiscali Pay-tv Stragi 92-93, concorso in strage (scadenza dei termini d'indagine) Concorso esterno in associazione mafiosa assieme a Marcello Dell'Utri, riciclaggio di denaro sporco (scadenza dei termini d'indagine) Procedimenti in corso Diritti televisivi, falso in bilancio, frode fiscale, appropriazione indebita (indagini in corso) Tangenti a David Mills, corruzione giudiziaria (rinviato a giudizio) Contrastante è invece il processo Telecinco: in Italia era giunta notizia che tutti gli imputati erano stati assolti, mentre in Spagna si sa che la posizione dell'ex-premier è ancora pendente. In Europa, negli USA e comunque in tutti i Paesi occidentali veramenti LIBERI che si rispettino, una persona così, tornerebbe a fare solo l'imprenditore e non occuparsi della Propria nazione, che è Sacra e non un circo con spettatori passivi.

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