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13 Dicembre 2007 00:20

La Casta sindacale

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di Lorenzo Mortara

Dedicata ai compagni della Thyssen Krupp a Mimmo Mignano e Ciro Crescentini I forni crematori nei lager della Krupp di Torino sono l’occasione giusta per parlare di un problema considerato minore, almeno a giudicare dai pochi post di Beppe Grillo e dei tanti attivisti presenti nel paese, ma che invece è a mio parere addirittura il primo in ordine d’importanza. Negli ultimi tempi si fa un gran parlare di casta. Quasi ogni giorno qualcuno ne scopre una. Di una solo non si parla mai: la casta sindacale. La casta sindacale è la più viscida, schifosa, ottusa e vigliacca delle caste che ci sia. Non ne esiste una più lubrica, più strisciante, più mediocre e più analfabeta di quella. Perché almeno i veri potenti, per fottersene di chi dicono di rappresentare, ottengono fior di miliardi, hanno quindi una ragione più che valida per farlo, mentre i sindacalisti nella maggior parte dei casi ottengono solo qualche giorno in più di ferie e un’anonima, misera carrierina da burocrate. Sindacato è una bella parola, dà l’idea di qualcuno impegnato per difendere i deboli, è forse per questo che nessuno lo tocca mai o solo di sfuggita. Purtroppo non è così. «Scopo del sindacato è la tutela dei sindacalisti» dice il più grande scrittore italiano, Aldo Busi. Nella commedia teatrale “Il telaio” – del 1969 – di Dario Fo, il commissario politico Mangiavespe, dopo aver espulso una famiglia di attivisti dal partito, motiva così la sua decisione: «il padrone fa il suo mestiere, è giusto, ha ragione di cercare di tenerli sotto [gli operai]… ma la più grossa carognata che si possa fare verso lo sfruttato è quella di compiangerlo, di dirgli di non fare colpi di testa… abbiamo bisogno di gente che si metta in testa a tirarli, non dietro a fare i frenatori… a farli sbollire». Sono passati quasi 40 anni da quella commedia e la stessa cosa si può dire del sindacato. A chi pensa che queste siano ugge tipiche degli intellettuali italiani, aggiungo il pensiero del Nobel per la letteratura portoghese, Josè Saramago, espresso qualche anno fa al social forum di Porto Alegre: «In maniera cosciente o inconsapevole, il sindacalismo docile e burocratizzato che oggi ci ritroviamo, è in gran parte responsabile dell’assopimento sociale risultante dal processo di globalizzazione economica in corso. Non mi rallegra dire questo, ma non potrei tacerlo…» È evidente che queste non sono fisime da intellettuali, ma solo l’espressione più viva della capacità che gli scrittori hanno di inquadrare in tre parole i problemi, grazie alla loro caratteristica peculiare: il dono della sintesi. Cos’è burocrazia? È indifferenza, menefreghismo, intimidazione, violenza, fascismo (per chi è di sinistra), stalinismo (per chi è di destra?), "analfaidiotismo" e cavilli a non finire. Il sindacato burocratizzato è quello che fa tutto da solo e arriva a giochi fatti dal lavoratore strombazzando la sua propaganda per strappargli il consenso, o con il potere del raggiro o più spesso puntando, vigliaccamente, sulla debolezza della rassegnazione. Il sindacato burocratizzato è quello che stampa su tutti i giornali, a caratteri cubitali, la censura della libertà d’espressione dei lavoratori che sopra non ci possono scrivere, con la scusa che uno insulta, un altro è offensivo, questo non si può dire, quest’altro è meglio tacerlo, eccetera. Il sindacato burocratizzato è quello, insomma, che vuole che non si dica e si scriva nient’altro che qualunquismo, forma generalizzata dell’ "analfaidiotismo" in cui ha riposto tutta la fiducia nella sua inaudita ignoranza. Il sindacato burocratizzato è quello che riesce a fare sempre i tuoi interessi senza mai chiederti quali siano. Il sindacato burocratizzato è quello che con la falsificazione orwelliana del linguaggio trasforma la “Rottura di Maroni confermata" nella “Rottura di Maroni superata", violentando la coscienza degli iscritti trattati come imbecilli nelle assemblee e costretti a sentirsi dire dalla sua faccia tosta che il problema di quella carognata, contro ogni logica di pensiero, sia l’anno in cui entra in vigore e non ovviamente gli anni in più di sgobbo che uno sfruttato dovrà farsi prima di ottenere la miseria d’una pensione. Il sindacato burocratizzato è quello formato da ignobili teste di legno che guardano con orrore alla Rivoluzione d’Ottobre, a Stalin, ai dittatori e alla sottomissione ai partiti senza accorgersi d’aver ridotto gli iscritti a mera cinghia di trasmissione dei loro diktat. Il sindacato burocratizzato non è lì per migliorare la vita degli operai ma per non peggiorare con troppe noie quella dei burocrati che lo dirigono. E siccome non c’è burocrazia che possa esistere mettendosi contro i poteri forti, ecco che i burocrati sono tutti occupati a far sì che i pochi sindacalisti che fanno il loro dovere siano costantemente emarginati o addirittura espulsi dalle confederazioni, come nei recenti casi di Mimmo Mignano e di Ciro Crescentini. Nel primo, licenziato dalla Fiat di Pomigliano per aver esposto striscioni di lotta, il burocrate di turno, Massimo Brancato della FIOM s’è affrettato a dire che “Licenziare un sindacalista nello svolgimento delle sue funzioni è un provvedimento che sa di ritorsione. Pur non condividendo il metodo di lotta di Mignano censuriamo il comportamento dell’azienda…”. Traduzione dal burocratese: “Non è giusto licenziare i sindacalisti, ma i sindacalisti non devono rompere troppo i coglioni, ne va della burocrazia sindacale, la quale non può mantenere i suoi privilegi se attacca troppo i padroni”. Nel secondo, licenziato dal suo superiore Giovanni Sannino, l’espulsione è stata causata dalla troppe denunce verso i cantieri edili, notoriamente sempre solerti nel proteggere i loro lavoratori. Denunce che hanno evidentemente imbarazzato la poltrona del Sannino, troppo traballante di fronte a tale attentati contro la sua ignavia. Preciso che il Mignano non è iscritto ai sindacati di regime, CGIL CISL & UIL & CIULA, ma ai Cobas, sindacati col vizio sacrilego dell’autonomia come tutti gli altri (che è sempre e solo autonomia dagli operai mica da partiti e governi) ma almeno onesti, quindi con la volontà di difenderlo fino in fondo come già l’hanno fatto in passato. Diverso è il caso di Crescentini in balia totale di parassiti senza scrupoli, pronti a piagnucolare in difesa dell’articolo 18 salvo poi “abolirlo” nei confronti dei loro iscritti coi quali si comportano proprio come le aziende più spietate e selvagge. Se così non fosse, Crescentini, oggi sarebbe tranquillamente al suo posto, anzi sarebbe stato addirittura promosso. Infatti, la sua vicenda, sotto forma di lettera di protesta firmata dalla solidarietà di molti colleghi e operai, è arrivata al gran capo, la nostra bella addormentata nel bosco Guglielmina Epifani, la quale, se non fosse corrotta, avrebbe dovuto respingere immediatamente il licenziamento di Crescentini reintegrandolo sul posto del "mafioso" Sannino, costretto alle dimissioni immediate per corruzione e abuso di potere. Ma è chiaro che chi è corrotto si sentirà più unito al compagno d’abusi che al sindacalista onesto che tenta di tagliare tutti i cordoni della loro corruzione. Di Crescentini e Mignano ormai ce ne sono troppi per non tuonare contro i massimi burocrati della dirigenza sindacale. Certo, lo so anch’io che i dirigenti ci saltano perché noi glielo permettiamo. So bene che è anche colpa nostra, ma a ognuno la sua responsabilità, ed è ovvio che più si sale di grado, più è grande l’imputazione per il crimine commesso. Io sono operaio metalmeccanico, iscritto alla FIOM-CGIL, e lì ci resterò fino quando o mi cacceranno o riuscirò a cambiarlo (molto più probabile il primo caso visto che già sono guardato come un appestato per due denunce alla mia fabbrica senza il consenso delle RSU che hanno bisogno almeno di un mandato di 3 anni prima di muoversi). Sono però per l’unità di tutti i sindacati. E l’unione si dovrebbe vedere proprio in questi casi. Altrimenti, di fronte a queste cose, cosa dovrebbe pensare un operaio medio pensante come me? Personalmente, di fronte a 4 morti, avrei voluto vedere uno o due giorni di sciopero generale. È un po’ difficile pensare che i sindacati vogliano davvero risolvere le cose, quando di fronte a una simile strage, di fatto hanno deciso che lo spettacolo debba comunque andare avanti. E così infatti, andrà: altri morti aspettano… Avrei voluto vedere un sindacato che per una volta smettesse di rivolgersi alle istituzioni, che capisse finalmente che è ai lavoratori che deve rivolgersi, facendo appello alla loro storia, non tagliandogliela alle radici: non è rivolgendosi a questo o a quel santo, in terra in cielo o in parlamento, che gli operai otterranno qualcosa, ma solo mobilitandosi, fermando la baracca! Non è la censura di un comportamento aziendale che metterà fine alle intimidazioni mafiose dei Marchionni, servi a riMorchio degli sfruttatori di turno, ma il terrore di perdere il profitto, alias plusvalore, che scioperi, denunce e mobilitazioni metteranno negli assenteisti della ragione alla Montezemolo. Ma per simili denunce e mobilitazioni c’è bisogno di un sindacato che metta i Mignano e i Crescentini, cioè i migliori, ai posti di comando, o che almeno non sia così infame da colpirli alle spalle. Né i lavoratori, né i grillanti, potranno combinare una granché senza attaccare l’informazione di base, che non è quella dei giornali, ma appunto quella sindacale, quella che ci dovrebbe stare più vicino ma che, non facendolo mai, dovremmo cominciare a farci da soli. Uno spazio al prossimo V-Day mi piacerebbe che fosse dedicato a questo. Vorrei dare una speranza a quelli che si sentono abbattuti. Gli operai devono stare tranquilli perché oggi la burocrazia sindacale è finita, dipende solo da noi accelerarne la messa in pensione. La soluzione è internet: Lavoratori di tutti i paesi connettetevi! E contattatemi, per il V-day ho una proposta di “democrazia diretta” che, se spinta avanti dai lavoratori, manderà a casa prestissimo la burocrazia, restituendo il sindacato a chi appartiene. Ci serve solo un Grillo con le antenne dritte che ci faccia un po’ da cassa di risonanza per accelerare un processo comunque inarrestabile: il capitalismo è al tramonto, internet sarà la sua fossa! Lorenzo Mortara Operaio metalmeccanico Via Prarolo 20 13100 Vercelli CompagnoLorenzaccio@gmail.com

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