147 utenti


Libri.itLILLI E MOSTROPUPAZZOLO 2LA GALLINAPAPÀ HA PERSO LA TESTACIOPILOPI MARZO 2024 – SULLA MORTE E SULLA VITAGLI INSETTI vol. 2
Emergency

Fai un link ad Arcoiris Tv

Fai un link ad Arcoiris Tv

Utilizza uno dei nostri banner!












Lettere ad Arcoiris

inviaci le tue opinioni, riflessioni, segnalazioni

Per inviare un lettera ad ArcoirisTV, riempi i campi sottostanti e clicca su "Invia". Se è la prima volta che scrivi, riceverai una email con un link ad una pagina che dovrai visitare per far sì che le tue lettere vengano sempre pubblicate automaticamente.

Informativa privacy

L’invio della "Lettera ad Arcoiris" richiede l’inserimento del valido indirizzo email del utente. Questo indirizzo viene conservato da ArcoirisTV, non viene reso pubblico, non viene usato per altri scopi e non viene comunicato ai terzi senza il preventivo consenso del utente.

maggiori info: Privacy policy

8 Ottobre 2007 12:16

«Che», la rivoluzione alla prova in una vita

748 visualizzazioni - 0 commenti

di Maurizio Chierici

Esce martedi con l’Unità il volume Guevara al tempo di Guevara di Saverio Tutino nella collana «Le Chiavi del Tempo» diretta da Bruno Gravagnuolo. Martedì sono quarant’anni che il Che è stato ucciso ma non svaniscono i sentimenti, e il guerrigliero dei guerriglieri resta il sentimento che accompagna le generazioni cresciute attorno al suo mito. Per lo più amato, ma anche bistrattato da chi porta la cravatta. Libri e dvd. Film vecchi e nuovi. Il racconto di Saverio Tutino non sfoglia i libri degli altri. È il diario di un testimone vissuto all’Avana negli anni del Che. Lo guarda da vicino, ne registra le parole e le riascolta per capire se l’idealismo radicale di Guevara e il pragmatismo nazionalista di Castro potessero convivere nella costruzione di un futuro al quale si aggrappavano intellettuali di cultura europea e latini alla disperazione. Cuba è un piccolo segno, ma sono gli anni del Vietnam che inginocchia la superpotenza: vola l’utopia. Tutino ne è trascinato. Ma lentamente si affacciano i dubbi. Tutino arriva all’Avana mentre Kennedy annuncia il blocco aeronavale di Cuba, 1962. Da Praga al Canada dove viene perquisito assieme ad ogni passeggero. Dieci ore di sosta e riparte con la Cubana d’Aviacion accompagnata da due caccia starfighter americani: seguono il volo «fino a quando si profilano i contorni dell’isola». l’Unità lo ha mandato a raccontare la crisi dei missili e appena si mescola alle voci dell’Avana capisce il rischio di una guerra «palpabile, quasi spettacolare». Fino a quando i russi abbandonano l’isola, l’impressione non cambia. La sfida affascina i giovani, però Tutino ha 40 anni: viene dalla Resistenza in Piemonte, ha studiato a Parigi respirando gli entusiasmi della sinistra francese. A Cuba si propone non solo di mettere in fila le notizie, ma di osservare la rinascita del progetto inseguito nella lotta al fascismo e che l’Italia intiepidita dal benessere cominciava ad annebbiare. Dorme all’Habana Libre, vecchio Hilton che ha cambiato nome. Fruga biblioteche, lavora nei campi mescolandosi ai cubani «per imparare concreti aspetti della libertà collettiva». La legione straniera della speranza si è raccolta a Cuba, da Vargas Llosa a Garcia Marquez. Masetti, l’argentino che aveva raccontato alla radio le imprese di Castro e Guevara sulla Sierra, apre Prensa Latina, agenzia in concorrenza con le multinazionali del «mondo fuori». L’indecisione sul modello economico apre fessure tra i tecnici di Castro e i programmi estremi del Che, che vorrebbe abolire la moneta, centralizzare ogni risorsa. Il peso dovrebbe diventar solo un’unità teorica di misura nella contabilità rigidissima dello stato. Non deve servire a comprare qualcosa. Ma la realtà non segue utopia ed entusiasmo. Burocrazia che risorge lenta e inefficace. Si riaffaccia la corruzione. Solo Raul Castro, con Fidel malato, ne denuncia il malaffare impegnando ogni controllo per combatterla. Non nei giorni del Tutino cubano, qualche mese fa, 45 anni dopo. La rivoluzione comincia a dividersi tra Mosca e Pechino mentre l’ordine sovietico impone il ritorno alla monocoltura dello zucchero. Sbarca all’Avana macchinari obsoleti che Mosca considera fuori uso. Con questo spirito il Cremlino aiuta Castro ad «industrializzare l’isola». I fantasmi del trozkismo aprono sospetti che sfiorano le amicizie di Tutino. Non sarà più un ospite così gradito. Non capendo cosa gli altri possano pensare delle riflessioni ad alta voce sull’evoluzione della rivoluzione, Tutino finisce per «parlare da solo». All’Habana Libre fa amicizia con Celia, madre del Che. Ogni giorno parlano di tante cose, Tutino le chiede di incontrare il figlio. Celia promette di intercedere, ma ogni volta la risposta è negativa. Non lo vuole vedere per due buoni motivi: perché è giornalista e perché scrive su l’Unità, allora quotidiano del Partito comunista «il più pacifista dei partiti comunisti del mondo». Troppo tranquillo per piacergli... E il giornalista non ha occasione di fare domande ma di ascoltarlo sì. Può seguirne l’evoluzione del pensiero, quando si arrabbia o tace o parla troppo. Una volta Guevara appare improvvisamente nell’albergo. Gira fra i tavoli degli scacchisti al campionato del mondo: «passo calmo, quasi pesante. Sigaro tra le dita. Nessuno osa abbordarlo mentre osserva la partita fra il sovietico Spaskije l’americano Fisher. La presenza di Guevara in quel luogo e in quel momento di grave tensione internazionale non era un evento consueto. Non si faceva mai vedere in giro per città. A Cuba si diceva che nel gioco degli scacchi fosse più bravo di Fidel. Erano le due anime della rivoluzione, eppure nessuno osava parlare di dualismo...». Che invece comincia e si allarga. L’affondo di Algeri di Guevara contro l’Unione Sovietica precisa i disegni ormai diversi dei protagonisti della rivoluzione. Realisticamente Castro si adegua a Mosca perché senza l’Urss Cuba non sopravvive. Il Che continua a sognare la liberazione dei popoli umiliati e allunga i passi fuori dall’isola. Guevara ai tempi di Guevara, racconto delle voci raccolte tra virgolette, insegue il Che stampandone l’immagine su un Castro non del tutto amato dopo i primi entusiasmi al primo sbarco dall’Italia. La deduzione di chi ha attraversato a lungo la realtà cubana non può essere che personale, ma l’analisi resta curiosa: trasforma l’Avana in un posto dove la politica ricorda più o meno come si fa politica in ogni capitale del mondo. Con tanti misteri in più, dipendenze meno mascherate dalle grandi potenze, ma sono le verità nascoste il filo che accompagna il sospetto dell’autore, ombra che si espande alle spalle del monumento Guevara. Tutino ne è affascinato in modo diverso da chi ne riceve il mito da lontano. Fa capire che le sue improvvidenze allargano l’ammirazione nelle masse costrette alla razionalità delle società normali, soffocando umori che ribollono nelle persone più rassegnate. In un certo senso Guevara vive la sua avventura per tutti. Avventura di ministro intransigente con chi tradisce il dovere. Di politico che non conosce la mediazione e non sopporta il dominio sovietico. Di guerrigliero che al ritorno dal Congo non ha riguardi per Mosca. Tutino esplora gli imbarazzi di Fidel, coglie ciò che considera l’ambiguità delle mezze parole e ne deduce che mai due persone così vicine nella storia e nella vita hanno coltivato nella stessa rivoluzione vocazioni tanto diverse. Il racconto dell’ultimo viaggio in Bolivia - solidarietà di Cuba che affievolisce, ordini di Mosca che invitano i comunisti di La Paz all’abbandono - riesce ad essere diverso dalle biografie della tradizione guevariana. Com’è diverso il profilo che Tutino disegna delle tre donne della vita di Guevara: Hilda che in Guatemala piega al marxismo la generosità di un ragazzo scandalizzato dall’ingiustizia sociale; Aleida moglie paziente che aspetta e aspetta; Tania, protagonista del Kgb, un po’argentina un po’ tedesca dell’Est, guerrigliera senza paura e senza pruderies in amore. Dopo la morte, coi russi ancora all’Avana, il lutto per Guevara viene provvisoriamente rimosso dall’ufficialità, non dal cuore della gente e dal ricordo di Tutino. Che annota: «Nel suo modo di rivolgersi agli altri diventava un vero comunicatore. Se scriveva versi era un mediocre poeta, ma quando parlava agli operai in fabbrica, a donne e impiegati dei ministeri, o quando mandava lettere ai parenti e amici lontani, usava un linguaggio misurato, cercava toni sobri. I cubani tendevano l’orecchio appena qualcuno riferiva di una cosa detta in privato dal Che. Il suo parere si distingueva per un contenuto che comunque andava controcorrente. Forse era davvero un po’folle pensare di poter cambiare il mondo e salvare l’umanità assistendo a tutto questo nel giro di una vita, la propria». Nelle ultime righe il libro dei dubbi conclude coi dubbi: «Molti uomini politici e filosofi hanno avuto voglia di migliorare l’universo senza arrivare agli estremi del Che. Fidel Castro, per esempio, potrebbe pretendere di aver cercato più del Che la politica per fare quello che tutti e due volevano. Bisogna vedere chi dei due pensava più a se stesso che agli altri». Da vent’anni Tutino non torna all’Avana. Altre opere nelle quali Saverio Tutino ricorda la sua vita cubana. < Ottobre cubano >, 1968;< Gli anni di Cuba >, 1970; < Cicloneros >, romanzo 1994 e l’autobriografia < L’occhio del barracuda >, 1995. Cortesia di Unità

COMMENTA