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27 Settembre 2007 13:41

RIFLESSIONI DEL COMANDANTE IN CAPO

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di paolo

In una riflessione ho parlato dei lingotti d’oro depositati negli scantinati delle Torri Gemelle. Questa volta il tema è abbastanza più complesso e difficile da credere. Circa quarant’anni fa alcuni scienziati residenti negli Stati Uniti scoprirono Internet, nello stesso modo in cui Albert Einstein, nato in Germania, a suo tempo scoprì la formula per misurare l’energia atomica. Einstein era un gran scienziato ed umanista. Contraddisse le leggi fisiche di Newton fino ad allora sacre. Tuttavia le mele continuarono a cadere in virtù della legge di gravità da egli definita. Erano due modi diversi d’osservare ed interpretare la natura della quale, ai tempi di Newton, si possedevano pochi dati. Ricordo ciò che lessi oltre 50 anni fa sulla famosa teoria della relatività enunciata da Einstein: l’energia è uguale alla massa moltiplicata per il quadrato della velocità della luce, indicata con C: E=MC². C’erano i soldi degli Stati Uniti e le risorse necessarie per realizzare una così costosa ricerca. L’atmosfera politica, dovuto all’odio generalizzato per le brutalità del nazismo nella nazione più ricca e produttiva di un mondo distrutto dal conflitto, trasformò quella favolosa energia in bombe che furono lanciate sulle popolazioni indifese di Hiroshima e Nagasaki, causando centinaia di migliaia di morti ed un numero simile di persone colpite dalle radiazioni che morirono nel corso degli anni seguenti . Un chiaro esempio dell’uso della scienza e della tecnologia con gli stessi fini egemonici è descritto nell’articolo dell’ex ufficiale della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Gus W. Weiss, apparso originariamente nel 1996 sulla rivista Studies in Intelligence, sebbene la sua reale diffusione avvenne nel 2002, con il titolo Ingannando i sovietici. In tale articolo, Weiss s’attribuisce l’idea di far arrivare in URSS i software di cui aveva bisogno per la sua industria, ma già infettati, allo scopo di far collassare l’economia di quel paese. Secondo appunti presi dal capitolo 17 del libro Sull’orlo dell’abisso: Storie della guerra fredda raccontate dall’interno, di Thomas C. Reed, ex segretario della Forza Aerea degli Stati Uniti, nel 1972 Leonid Brezhnev disse ad un gruppo di alti funzionari del Partito: ”Noi comunisti dobbiamo continuare ad arare con i capitalisti per un po’ di tempo, abbiamo bisogno dei loro crediti, della loro agricoltura e della loro tecnologia; però continueremo a sviluppare grandi programmi militari e per la metà degli anni 80 saremo in condizone di tornare ad una politica estera aggressiva, ideata per avere un vantagio sull’Occidente.” Questa informazione venne confermata nel 1974 dal Dipartimento della Difesa nelle audizioni davanti al Comitato della Camera sulla Banca e la Moneta. Agli inizi degli anni 70, il governo di Nixon prospettò l’idea della distensione. Henry Kissinger aveva la speranza che “con il tempo, il commercio e gli investimenti avrebbero potuto ridurre la tendenza del sistema sovietico all’autarchia”; egli pensava che la distensione avrebbe potuto “invitare alla graduale associazione dell’economia sovietica con quella mondiale e così incoraggiare l’interdipendenza, aggiungendo un elemento di stabilità nei rapporti politici”. Reagan era incline ad ignorare le teorie di Kissinger sulla distensione e a prendere in parola il Presidente Brezhnev, ma tutti i dubbi svanirono il 19 luglio 1981, quando il nuovo presidente degli Stati Uniti s’incontrò con il presidente francese François Mitterand nel vertice economico del G-7 ad Ottawa. In un colloquio a quattrocchi, Mitterand informò Reagan in merito ai successi ottenuti dai suoi servizi segreti nel reclutamento di un agente del KGB. L’uomo apparteneva ad una sezione che valutava i risultati degli sforzi sovietici nell’acquisizione di tecnologia occidentale. Reagan espresse grande interesse per le delicate rivelazioni di Mitterand ed anche il suo ringraziamento per l’offerta di inoltrare il materiale al governo degli Stati Uniti. Il dossier, denomnato Farewell, giunse alla CIA nell’agosto del 1981. Risultava chiaro che i sovietici da anni stavano realizzando attività di ricerca e sviluppo. Visto l’enorme trasferimento di tecnologia riguardante radar, computer, macchine utensili e semiconduttori dagli Stati Uniti all’Unione Sovietica, si poteva dire che il Pentagono era impegnato in una corsa agli armamenti con se stesso. Il Dossier Farewell identificava inoltre centinaia d’ufficiali operativi, agenti in servizio attivo ed altre persone che fornivano informazioni attraverso l’Occidente ed il Giappone. Durante i primi anni della distensione, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica avevano creato gruppi di lavoro in agricoltura, aviazione civile, energia nucleare, oceanografia, informatica ed ambiente. L’obbiettivo era di iniziare a costruire dei “ponti di pace” tra le superpotenze. I membri dei gruppi di lavoro dovevano scambiarsi visite nei loro rispettivi centri. Oltre all’identificazione degli agenti, l’informazione più utile fornita dal Dossier era costituita dalla “lista della spesa” e dai suoi obiettivi in quanto all’acquisizione di tecnologia negli anni a venire. Quando il Dossier Farewell giunse a Washington, Reagan chiese al Direttore della CIA, Bill Casey, di ideare un uso operativo clandestino del materiale. La produzione ed il trasporto del petrolio e del gas era una delle priorità sovietiche. Un nuovo gasdotto transiberiano avrebbe dovuto portare il gas naturale dai giacimenti di Urengoi in Siberia, attraversando il Kazakistan, la Russia e l’Europa orientale, fino ai mercati in valuta dell’Occidente. Per automatizzare il lavoro delle valvole, dei compressori e delle installazioni dei depositi in una impresa di tali dimensioni, i sovietici avevano bisogno di sistemi di controllo sofisticati. Comprarono i primi modelli di computer nel mercato aperto, ma quando le autorità del gasdotto si rivolsero agli Stati Uniti per acquistare il software necessario, furono respinti. Imperterriti, i sovietici cercarono da un’altra parte; un’agente operativo del KGB venne incaricato di penetrare in un provider canadese di software, nel tentativo d’acquisire i codici necessari. L’intelligence statunitense, avvisata dall’agente del Dossier Farewell, rispose e modificò il software prima d’inviarlo. Una volta giunti in Unione Sovietica, i computer ed il software insieme, permettevano al gasdotto di operare meravigliosamente. Però quella tranquillità era ingannevole. Nel software che gestiva il gasdotto vi era un cavallo di Troia, termine usato per indicare delle linee di software nascoste nel sistema operativo normale che fanno sì che lo stesso perda il controllo con il tempo o ricevendo un ordine dall’estero. Con l’obiettivo di danneggiare i guadagni in valuta provenienti dall’Occidente e l’economia interna russa, il software del gasdotto che faceva funzionare le pompe, le turbine e le valvole era stato programmato in modo tale che si alterasse dopo un prudenziale lasso di tempo e resettare – così si definisce – la velocità delle pompe ed i valori delle valvole, facendole funzionare a pressioni molto superiori di quelle sostenibili dalle guarnizioni e dalle saldature del gasdotto. “Il risultato fu l’esplosione non nucleare e l’incendio più colossali mai visti dallo spazio. Alla Casa Bianca, funzionari ed esperti ricevettero dai satelliti infrarossi l’avvertimento di uno strano evento accaduto in una località disabitata del territorio sovietico. Il NORAD (Comando della Difesa Aerospaziale Nordamericana) temette che si trattasse del lancio di missili da un sito dove non si conosceva che ve ne fossero; o che si trattasse forse della detonazione di un dispositivo nucleare. I satelliti non avevano percepito alcuna pulsazione elettromagnetica tipica delle detonazioni nucleari. Prima che tali indizi potessero trasformarsi in una crisi internazionale, Gus Weiss giunse da un corridoio per dire ai suoi colleghi del CSN (Consiglio della Sicurezza Nazionale) di non preoccuparsi, afferma Thomas Reed nel suo libro.” La campagna di contromisure basate sul Dossier Farewell fu una guerra economica. Sebbene non ci siano state vittime causate dall’esplosione del gasdotto, per l’economia sovietica rappresentò un danno significativo. Come gran finale, tra il 1984 ed il 1985 gli Stati Uniti ed i suoi alleati della NATO posero fine a questa operazione, che si concluse efficacemente con la capacità dell’URSS d’assicurarsi la tecnologia, in un momento in cui Mosca si trovava tra la spada di un’economia difettosa e la parete di un presidente statunitense ostinato a prevalere e a porre fine alla guerra fredda. Nel già citato articolo di Weiss, si afferma che: “Nel 1985, il caso ebbe una svolta singolare quando in Francia venne alla luce l’informazione sul dossier Farewell. Mitterand arrivò a sospettare che l’agente sovietico fosse stata una montatura organizzato dalla CIA per metterlo alla prova e decidere se il materiale sarebbe stato consegnato agli statunitensi o tenuto dai francesi. Partendo da questa idea, Mitterand licenziò il capo dei servizi francesi, Yves Bonnet.” Gus W. Weiss fu colui che s’attribuì, come già detto, il sinistro piano per far arrivare in URSS i software difettosi, una volta che gli Stati Uniti ebbero a loro disposizione il Dossier Farewell. È morto il 25 novembre 2003, all’età di 72 anni. Il Washington Post non ne riportò la morte fino al 7 dicembre, 12 giorni dopo. Riferì che Weiss “cadde” dall’edificio dove risiedeva, il “Watergate” a Washington, ed affermò inoltre che un medico legale della capitale nordamericana dichiarò la sua morte come “suicidio”. Il giornale della sua città natale, il Nashville Tennesean, pubblicò la notizia una settimana dopo il Washington Post, avvertendo che fino a quel momento tutto ciò che potevano dire era che “le circostanze della morte non si potevano ancora essere confermate.” Prima di morire lasciò scritte delle note inedite intitolate “Il dossier d’addio: l’inganno strategico e la guerra economica nella guerra fredda”. Weiss si laureò alla Vanderbilt University. Aveva frequentato corsi postuniversitari ad Harvard ed alla New York University. Il suo lavoro per il governo si concentrò in questioni riguardanti la Sicurezza nazionale, le organizzazioni d’intelligence e le preoccupazioni legate il traferimento di tecnologia ai paesi comunisti. Lavorò con la CIA, con la Giunta di Difesa Scientifica del Pentagono e con il Comitato dei Segnali d’Intelligence della Giunta di intelligence degli Stati Uniti. Ricevette la Medaglia al Merito della CIA e la Medaglia “Cipher” del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Nel 1975 i francesi gli concessero la “Legion d’Onore”. Non ha lasciato sopravvissuti. Poco prima del suo “suicidio”, Weiss si era dichiarato contro la guerra in Iraq. È interessante tenere in considerazione che 18 giorni prima della morte di Weiss, - il 7 novembre 2003 - si suicidò un altro analista del governo di Bush, John J. Kokal (58 anni), morto saltando dalla finestra di un ufficio del Dipartimento di Stato, dove lavorava. Kokal era un analista dei servizi segreti del Dipartimento di Stato per le questioni riguardanti l’Iraq. Risulta da documenti già pubblicati che Mikhail Gorbaciov s’infuriò quando in vari paesi cominciarono gli arresti e le espulsioni degli agenti sovietici, dato che non sapeva che il contenuto del Dossier Farewell era in mano ai principali capi di governo della NATO. Il 22 ottobre 1986, in una riunione dell’Ufficio Politico convocata per informare i suoi colleghi sul Vertice di Reykjavik, aggiunse che gli statunitensi stavano “agendo molto scortesemente e comportandosi come banditi”. Sebbene in pubblico mostrasse un volto compiacente, in privato Gorbaciov definiva Reagan “un bugiardo”. Nei giorni finali dell’Unione Sovietica, il Segretario Generale del PCUS dovette muoversi alla cieca. Gorbaciov non aveva idea di ciò che stava accadendo nei laboratori e nell’industrie di alta tecnologia degli Stati Uniti; ignorava totalmente che i laboratori e le industrie sovietiche erano state compromesse, e fino a che punto. Mentre ciò accadeva, anche i pragmatici della Casa Bianca si muovevano alla cieca. Il Presidente Ronald Reagan giocava la sua carta del trionfo: l’Iniziativa di Difesa Strategica/Scudo Stellare. Sapeva che i sovietici non potevano competere in questo campo, perché non potevano sospettare che la loro industria elettronica era stata infettata da virus e da cavalli di Troia messi lì dall’Intelligence degli Stati Uniti. Nelle sue memorie pubblicate da un’importante casa editrice nel 1993 con il titolo Margaret Thatcher, gli anni di Downing Street, l’ex Primo Ministro britannico, riferisce che l’intero piano di Reagan riguardante lo Scudo Stellare e l’intenzione di portare al collasso economico l’Unione Sovietica, fu il più brillante di quella amministrazione che portò al definitivo crollo del socialismo in Europa. Nel XVI capitolo del suo libro, spiega la partecipazione del suo governo all’Iniziativa di Difesa Strategica. A giudizio della Thatcher, quella di realizzarla fu la “decisione più importante” presa da Reagan, “risultò essere la chiave della vittoria dell’Occidente nella guerra fredda”. Impose “maggiori tensioni economiche e maggiore austerità” alla società sovietica, in definitiva, le sue “implicazioni tecnologiche e finanziarie furono per l’URSS devastanti”. Nello scritto intitolato “Rivalutando l’Unione Sovietica”, descrive una serie di concetti la cui essenza è contenuta nei paragrafi riportati testualmente di quel lungo periodo, dai quali risulta il brutale complotto. “All’inizio del 1983, i sovietici devono avere cominciato a rendersi conto che il loro gioco di manipolazione ed intimidazione stava per finire. I governi europei non erano disposti a cadere nella trappola tesa con la proposta di una “zona libera da armi nucleari” in Europa. Continuarono i preparativi per il dispiegamento dei missili Cruiser e Pershing. Nel mese di marzo, il Presidente Reagan annunciò i piani degli Stati Uniti per un’Iniziativa di Difesa Strategica (IDE), le cui conseguenze tecnologiche e finanziarie sarebbero state per l’URSS devastanti.” […] non ho il minimo dubbio della giustezza di continuare ad insistere nel programma. Analizzando retrospettivamente, mi appare ora chiaro che la decisione originale di Ronald Reagan sull’Iniziativa di Difesa Strategica fu la più importante della sua presidenza,” “Nel formulare il nostro punto di vista sull’iniziativa di Difesa Strategica, considerai quattro diversi elementi. Il primo fu la scienza come tale. “L’obbiettivo degli Stati Uniti nell’Iniziativa di Difesa Strategica era sviluppare una difesa nuova e molto più efficace contro i missili balistici.” “Questo concetto di difesa si basava nella capacità d’attaccare i missili balistici, in qualsiasi fase del loro volo, dalla fase di spinta, quando il missile e tutte le sue ogive e dispositivi si trovavano uniti, fino al punto di rientro nell’atmosfera terrestre nella sua traiettoria verso il bersaglio.” “Il secondo elemento che si doveva prendere in considerazione erano gli accordi internazionali esistenti, che limitavano il dispiegamneto di armi nello spazio e dei sistemi di missili antibalistici. Il Trattato sulla Limitazione dei Sistemi di Missili Antibalistici del 1972, emendato da un Protocollo del 1974, permetteva agli Stati Uniti e all’Unione Sovietica di disporre di un sistema di missili antibalistici statico con un massimo di cento lanciamissili per difendere i propri silos di missili balistici intercontinentali.” “Il Ministero degli Esteri e quello della Difesa britannici hanno sempre insistito nell’interpretazione più rigorosa possibile, per cui gli statunitensi – a mio avviso, opportunamente – credettero che avrebbe significato la morte sul nascere dell’Iniziativa di Difesa Strategica. Ho sempre cercato di prendere le distanze da questa fraseologia ed espressi chiaramente, sia in privato che in pubblico, che non si poteva affermare di aver concluso la ricerca sulla fattibilità di un sistema, finché non fosse stato sperimentato con successo. Di conseguenza, questo punto apparentemente tecnico era in verità una questione di evidente senso comune. Nondimeno si trasformò nella questione che divise gli Stati Uniti e l’URSS nel vertice di Reykjavik, assumendo così grande importanza. “Il terzo elemento considerato, fu la forza relativa delle due parti nella difesa contro i missili balistici. Solo l’Unione Sovietica possedeva un sistema di missili antibalistici (conosciuto come GALOSH), nei dintorni di Mosca, che in quel periodo stava perfezionando. Gli statunitensi non erano mai stati in possesso di un sistema equivalente.” “I sovietici erano più progrediti anche nel settore degli armamenti antisatellitare. Di conseguenza, esisteva un argomento forte basato sul fatto che i sovietici avevano già acquisito un vantaggio inaccettabile in questo campo. “Il quarto elemento era ciò che implicava l’Iniziativa di Difesa Strategica nella dissuasione. All’inizio provai abbastanza simpatia per la filosofia del Trattato sulla Limitazione dei Sistemi di Missili Antibalistici, secondo cui più quanto più ultramoderna ed effettiva fosse la difesa contro i missili nucleari, tanto maggiore sarebbe stata la pressione per cercare di ottenere dei progressi enormemente costosi nella tecnologia delle armi nucleari. Ho creduto sempre in una versione, con leggere condizioni, della dottrina conosciuta come ‘distruzione reciproca sicura”’ MAD la sua sigla in inglese. La minaccia di ciò che io preferisco chiamare ‘distruzione inaccettabile’ che si sarebbe prodotta dopo uno scambio di colpi nucleari era tale, che le armi nucleari costituivano un effettivo elemento di dissuasione non solo contro la guerra nucleare, ma anche contro quella convenzionale.” Incominciai a vedere subito che l’Iniziativa di Difesa Strategica non avrebbe messo inombra la dissuasione nucleare, ma l’avrebbe al contrario rafforzata. A differenza del Presidente Reagan e di altri membri della sua Amministrazione, non ho mai creduto che l’Iniziativa di Difesa Strategica avrebbe potuto offrire una protezione al cento per cento, ma avrebbe permesso che un numero sufficiente di missili degli Stati Uniti sopravvivessero ad un primo colpo dei sovietici.” “Il tema dell’iniziativa di Difesa Strategica è stato dominante nei miei colloqui con il Presidente Reagan e con i membri del suo governo quando mi recai a Camp David il sabato 22 dicembre 1984 per informare gli statunitensi sui miei colloqui con il signor Gorbaciov. Quella è stata la prima volta che sentii parlare il Presidente Reagan dell’Iniziativa di Difesa Strategica. Ne parlò appassionatamente. Si trovava nel suo punto più idealista. Mise in risalto come l’Iniziativa di Difesa Strategica sarebbe stata un sistema di difesa e che la sua intenzione non era quella di trarre un vantaggio unilaterale per gli Stati Uniti. Inoltre, affermò che se l’Iniziativa di Difesa Strategica avesse avuto successo, sarebbe stato disposto ad internazionalizzarla in modo tale che fosse a disposizione di tutti i Paesi, e che l’aveva riferito anche al signor Gromyko. Riaffermò il suo obiettivo, a lungo termine, di eliminare totalmente le armi nucleari. “Tali osservazioni mi innervosirono. Ero terrorizzata nel pensare che gli Stati Uniti fossero disposti a gettare dalla finestra il vantaggio così faticosamente ottenuto in materia di tecnologia, mettendolo a disposizione di tutti.” “Quello che sentì, una volta giunti ad affrontare la discussione sulle probabilità reali piuttosto che su una concezione ampia, era tranquillizzante. Il presidente Reagan non simulava che loro sarebbero stati a conoscenza di dove avrebbero potuto condurre tali ricerche. Tuttavia, insistette sul fatto che – oltre ai suoi precedenti argomenti a favore dell’Iniziativa di Difesa Strategica – seguire il ritmo degli Stati Uniti avrebbe imposto all’Unione Sovietica una pressione economica. Argomentò che non esisteva un limite pratico per sapere fino a che punto il governo sovietico avrebbe potuto trascinare il suo popolo sulla via dell’austerità.” “Prendevo nota, mentre parlavo con il consigliere alla Sicurezza Nazionale Bud McFarlane, dei quattro punti mi parevano cruciali. “I miei funzionari avrebbero aggiunto dopo i particolari. Il Presidente ed io concordammo un testo in cui s’esponeva la politica. “La sezione principale della mia dichiarazione manifesta: “Ho parlato al Presidente della mia ferma convinzione secondo cui il programma di ricerche relativo all’Iniziativa di Difesa Strategica doveva continuare. La ricerca, ovviamente, è consentita in base ai trattati esistenti tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica; e, ovviamente, sappiamo che i russi hanno già un loro programma di ricerche e, secondo l’opinione degli Stati Uniti, sono andati al di là delle ricerche. Convenimmo su quattro punti: 1. L’obiettivo degli Stati Uniti, dell’Occidente, non era quello di raggiungere la superiorità ma di mantenere l’equilibrio, tenendo conto dei progressi dei sovietici; 2. Il dispiegamneto legato all’Iniziativa di Difesa Strategica, convista agli obblighi imposti dai trattati, avrebbe dovuto essere un tema per il negoziato; 3. L’obiettivo generale era quello di aumentare e non di calpestare, ovvero dissuadere; 4. Il negoziato tra l’Est e l’Occidente doveva orientarsi verso il raggiungimento della sicurezza con livelli ridotti dei sistemi offensivi di entrambe le parti. Questo sarà lo scopo dei negoziati riavviatisi tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica sul controllo delle armi, che io accolgo con soddisfazione. . “In seguito, venni a conoscenza che George Schultz –allora segretario di Stato- pensava che avevo concesso troppo agli americani nella redazione; ma questo, di fatto, ci dava –sia a loro che a noi- una linea chiara e difendibile, ed aiutava a tranquillizzare i membri europei della NATO. Una giornata di lavoro molto proficua.” Più avanti, con il sottotitolo “In visita a Washington: febbraio 1985”, Margaret Thatcher esprime: “Nel febbraio 1985, mi recai nuovamente a Washington. I negoziati tra gli americani e l’Unione Sovietica sulle armi nucleari erano ormai ripresi, ma l’Iniziativa di Difesa Strategica continuava ad essere fonte di discussione. Io dovevo prendere la parola nella riunione congiunta del Congresso nella mattinata di mercoledì 20 febbraio e portai da Londra, come dono, una statuetta in bronzo di Winston Churchill, anch’egli onorato molti anni prima da tale invito. Lavorai arduamente sul testo del discorso . Per pronunciarlo mi sarei servita del teleprompter. Sapevo che il Congresso aveva visto lo stesso ‘Gran Comunicatore ‘ pronunciare discorsi impeccabili ed avrei avuto una platea esigente. Quindi, decisi di dedicarmi alla lettura del testo fino ad arrivare a pronunciarlo con l’intonazione e l’enfasi giuste. D’altra parte, parlare con il teleprompter è una tecnica completamente diversa da quella degli appunti. Così il presidente Reagan mi prestò il suo teleprompter ed io lo portai all’Ambasciata britannica, dove ero alloggiata. Me l’aveva procurato Harvey Thomas, che mi accompagnava e senza tenere conto del fuso orario mi esercitai fino alle ore 4 del mattino. Non andai a letto ed iniziai il nuovo giorno di lavoro con il mio solito cafè nero e le mie vitamine; successivamente concessi delle interviste alla tv dalle ore 6:45; andai dal parrucchiere ed alle ore 10:30 ero pronta per recarmi al Campidoglio. Utilizzai il mio discorso, che affrontava ampiamente le questioni internazionali, per dare un forte appoggio all’Iniziativa di Difesa Strategica. L’accoglienza fu favolosa.” “Il mese successivo (marzo 1985) morì il signor Chernenko e senza molto ritardo, venne nomitao alla successione del signor Gorbaciov alla direzione dell’Unione Sovietica. Ancora una volta assistetti ad un funerale a Mosca: faceva ancora più freddo che al funerale di Yuri Andropov. Il signor Gorbaciov doveva prendersi cura di tanti dignitari stranieri. Comunque, ebbi con lui una chiacchierata di circa un’ora quel pomeriggio, nella Sala di Santa Caterina al Cremlino. L’atmosfera era più formale che a Chequers, (l’ufficiale residenza di campagna dei Primi Ministri britannici dal 1921), e la presenza muta, sardonica, del signor Gromyko non aiutava. Tuttavia, potei spiegare loro le conseguenze della politica che avevo accordato a dicembre con il presidente Reagan a Camp David. Ovviamente l’Iniziativa di Difesa Strategica era ormai la preoccupazione principale dei sovietici in termini di controllo degli armamenti. Il signor Gorbaciov portò con sé, come ci aspettavamo, un nuovo stile nel governo sovietico. Parlava apertamente dell’orribile stato dell’economia sovietica, anche se in quella tappa ancora si appoggiava sui metodi della campagna del signor Andropov per una maggior efficienza, piuttosto che su una radicale riforma. Un esempio di ciò furono le misure draconiane adottate da Gorbaciov contro l’alcolismo. Ma l’anno trascorreva e non si vedevano miglioramenti nelle condizioni dell’Unione Sovietica. Infatti, e come disse in uno dei suoi primi rapporti il nostro nuovo e grande ambasciatore a Mosca, Brian Cartledge, mio segretario privato degli affari esteri quando sono diventata Primo Ministro per la prima volta, si trattava di “omogeneizzato domani e, nel frattempo, niente vodka”. “I rapporti tra la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica entrarono in un chiaro periodo di freddezza a causa delle espulsioni, da me autorizzate, di funzionari sovietici implicati in atti di spionaggio.” A novembre, il presidente Reagan ed il signor Gorbaciov ebbero il loro primo incontro a Ginevra. I risultati furono scarsi – i sovietici insistevano sul fatto di legare il tema delle armi nucleari strategiche alla sospensione delle ricerche sull’Iniziativa di Difesa Strategica – ma nacque subito una simpatia personale tra i due leader. Era evidente una certa preoccupazione sul fatto che lo sveglio e giovane omologo sovietico del presidente Reagan avrebbe potuto superarlo in abilità. Ma non fu così e ciò non mi stupì assolutamente, giacché Ronald Reagan aveva tratto una grande esperienza dai suoi primi anni come presidente del sindacato degli artisti del cinema, conducendo trattative su basi realistiche – e nessuno era più realista del signor Gorbaciov. “Durante il 1986 il signor Gorbaciov dimostrò molta arguzia nello sfruttare l’opinione pubblica occidentale nel presentare proposte seduttrici, ma inaccettabili, sul controllo delle armi. I sovietici parlarono relativamente poco del legame tra l’Iniziativa di Difesa Strategica e la riduzione delle armi nucleari. Ma non gli venne dato motivo alcuno di credere che gli americani fossero disposti a sospendere o a fermare le ricerche riguardanti l’Iniziativa di Difesa Strategica. Alla fine di quell’anno si concordò un incontro tra il presidente Reagan ed il signor Gorbaciov –assieme ai loro Ministri degli Esteri- a Reykjavik, in Islanda, per discutere offerte importanti.” “Il fatto era che noi non potevamo fermare la ricerca sui nuovi armamenti. Dovevamo essere i primi ad ottenerli. E’ impossibile fermare la scienza: non si fermerà solo per il fatto di essere ignorata.” “A posteriori, si può considerare che il Vertice di Reykjavik, tenutosi quel fine settimana, dall’11 e 12 ottobre [1986], ebbe un significato assolutamente diverso da quello attribuitogli all’epoca dalla maggioranza dei commentatori. Era stata tesa agli americani una trappola. Durante il Vertice i sovietici fecero concessioni sempre maggiori: per la prima volta convennero sul fatto che gli elementi di dissuasione britannici e francesi fossero esclusi dai negoziati sulle forze nucleari di media gittata; e che le riduzioni delle armi nucleari strategiche dovevano lasciare, a ciascuna delle parti, gli stessi quantitativi –e non solo una riduzione percentuale, che avrebbe dato un netto vantaggio ai sovietici-. Fecero Inoltre importanti concessioni sulle cifre riguardanti le forze nucleari di media gittata. Quando il Vertice si avvicinava già alla conclusione, il presidente Reagan suggerì un accordo in base al quale tutto l’arsenale di armi nucleari strategiche –bombardieri, missili Cruiser e balistici di lunga gittata – si sarebbe ridotto a metà nell’arco di cinque anni e le più potenti di quelle armi, i missili balistici strategici, sarebbero stati eliminati nell’arco di dieci anni. Il signor Gorbaciov era ancora più ambizioso; voleva che fossero eliminate tutte le armi nucleari strategiche in un periodo di dieci anni. “Ma improvvisamente, proprio alla fine, scattò la trappola. Il presidente Reagan aveva concesso che per un periodo di dieci anni entrambe le parti non si sarebbero ritirate dal Trattato sulla Limitazione dei Sistemi di Proiettili Antibalistici, anche se sarebbe stato consentito lo sviluppo e gli esperimenti compatibili con il Trattato.” Però Reagan ebbe di una strana amnesia circa il detonatore della brutale concorrenza militare imposta all’URSS, con uno straordinario costo economico. Il suo noto diario non parla per niente del Dossier Farewell. Nei suoi appunti giornalieri, pubblicati quell’anno, Ronald Reagan, parlando del suo soggiorno a Montebello, Canada, esprime: “Domenica 19 luglio (1981) “L’hotel è una meravigliosa opera d’ingegneria, fatta interamente in tronchi d’albero. La più gran capanna di tronchi del mondo. “Ho avuto un tête-à-tête con il Cancelliere Schmidt (Capo del governo tedesco). Era veramente depresso e di un umore pessimista sul mondo. “Dopo ho incontrato il presidente Mitterrand al quale ho spiegato il nostro programma economico e che non avevamo niente a che fare con gli alti tassi d’interesse. “Quella sera abbiamo cenato soltanto noi 8. I 7 capi di Stato ed il Presidente della Comunità europea. Si trasformò realmente in una conversazione informale sulle questioni economiche, soprattutto per suggerimento della Prima Ministra Thatcher.” Il risultato finale della grande cospirazione e della pazzesca e costosa corsa agli armamenti, nei momenti in cui l’Unione Sovietica era economicamente ferita a morte, George H. W. Bush, il primo Presidente della dinastia Bush, il quale ha partecipato realmente alla Seconda Guerra Mondiale, lo narra nell’introduzione al libro di Thomas C. Reed, scrivendo testualmente: “La guerra fredda è stata una lotta a favore della stessa anima dell’umanità. E’ stata una lotta a favore di un modo di vita definito dalla libertà di una parte e dalla repressione dell’altra. Penso che abbiamo ormai dimenticato quanto è stata lunga e dura quella lotta, e quanto vicini al disastro nucleare siamo stati a volte. Il fatto che questo non sia avvenuto testimonia di quanti uomi e donne d’onore di entrambe le parti mantennero la loro serenità e agirono correttamente –secondo il loro criterio- nei momenti di crisi. “Questo conflitto tra le superpotenze che sono sopravvissute alla Seconda Guerra Mondiale, iniziò quando io rientravo in patria dalla guerra. Nel 1948, l’anno della mia laurea all’Università di Yale, i sovietici cercarono di bloccare l’accesso dell’Occidente a Berlino. Questo blocco portò alla creazione della NATO, fu seguito dal primo esperimento sovietica della bomba atomica, e divenne sanguinoso con l’invasione della Corea del Sud. Dopo di che si sono succedute quattro decadi di confronto nucleare, guerre ove ognuna delle superpotenze appoggiava la parte contraria e privazioni economiche. “Ho avuto il privilegio di diventare presidente degli Stati Uniti quando tutto ciò giunse a conclusione. Nell’autunno 1989 gli stati satelliti cominciarono a liberarsi e rivoluzioni in maggior parte pacifiche si propagarono in Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia e Romania. Al momento della caduta del muro di Berlino, eravamo consci che si avvicinava la fine. “Dovevano trascorrere ancora due anni perché avesse fine l’impero di Lenin e di Stalin. Ricevetti la buona notizia da due telefonate. La prima mi giunse l’8 dicembre 1991, quando Boris Yeltsin mi telefonò da un padiglione di caccia vicino a Brest, Bielorussia. Essendo stato eletto di recente presidente della Repubblica russa, Yeltsin si era incontrato con Leonid Kravchuk, presidente dell’Ucraina, e con Stanislav Shushchevik, presidente della Bielorussia. ‘Oggi si è venrificato un avvenimento molto importante nel nostro Paese,’ disse Yeltsin. “Ho voluto comunicarglielo personalmente prima che ne venisse a conoscenza dalla stampa: i presidenti di Russia, Bielorussia ed Ucraina avevano deciso la dissoluzione dell’Unione Sovietica. “Due settimane dopo, una seconda telefonata confermò che l’antica Unione Sovietica sarebbe scomparsa. Mikhail Gorbaciov mi contattò a Camp David nella mattinata di Natale del 1991. Augurò un felice Natale a Barbara e a me e quindi passò a riassumere rquanto accaduto nel suo Paese: l’Unione Sovietica aveva finito di esistere. Era appena comparso nella tv nazionale per confermare quell’avvenimento ed aveva trasferito il controllo delle armi nucleari sovietiche al presidente della Russia. “Potete godervi una tranquilla notte di Natale”, ci ha detto. E così, terminò tutto.” Secondo un articolo pubblicato dal giornale The New York Times, l’operazione utilizzò quasi tutte le armi a disposizione della CIA –guerra psicologica, sabotaggio, guerra economica, inganno strategico, contro-intelligenza, guerra cibernetica- il tutto con la collaborazione del Consiglio di Sicurezza Nazionale, il Pentagono e la FBI. Distrusse il combattivo apparato di spionaggio sovietico, danneggiò l’economia e destabilizzò lo Stato di quel Paese. Fu un completo successo. Se si fosse fatto al contrario (i sovietici ai nordamericani) sarebbe stato visto come un atto di terrorismo. Del tema si parla anche in un altro libro intitolato Eredità di Cenere, appena pubblicato. Nella presentazione, si riferisce che “Tim Winer, è un reporter del giornale The New York Times, che per venti anni ha scritto sui servizi d’Intelligenza statunitensi, ottenendo un Premio Pulitzer per il suo lavoro sui programmi segreti di Sicurezza Nazionale. Ha visitato l’Afghanistan ed altri Paesi per indagare, di prima mano, sulle operazioni segrete della CIA. Questo è il suo terzo libro. Eredità di Cenere si basa su oltre 50.000 documenti, provenienti soprattutto dagli archivi della CIA, e centinaia d’interviste a veterani di detta agenzia, compresi tre direttori. Ci mostra una panoramica della CIA fin dalla sua nascita, dopo la Seconda Guerra Mondiale, passando dalle battaglie durante la guerra fredda e la guerra contro il terrorismo iniziata l’11 settembre 2001. L’articolo di Jeremy Allison, pubblicato da Rebelión nel giugno 2006, e quelli di Rosa Miriam Elizalde, pubblicati il 3 ed il 10 settembre di quest’anno, denunciano tali fatti mettendo in risalto l’idea di uno dei fondatori del software libero, il quale segnalò che: “quanto più complesse sono le tecnologie, tanto più difficile sarà rilevare questo tipo di azioni.” Rosa Miriam ha pubblicato due semplici articoli di appena cinque pagine ciascuno. Volendo, potrebbe scrivere un libro di molte pagine. La ricordo bene dal giorno in cui, giovanissima giornalista, mi chiese ansiosa, niente di meno che in una conferenza stampa di oltre 15 anni fa, se pensavo che avremmo potuto resistere al periodo speciale che ci stava cadendo addosso con la scomparsa del campo socialista. L’URSS è crollata strepitosamente. Da allora abbiamo laureato centinaia di migliaia di giovani. Quale altra arma ideologica ci rimane se non un livello superiore di coscienza! L’avevamo già quando eravamo un popolo in maggioranza analfabeta o semianalfabeta. Se ciò che si vuole è conoscere le vere fiere, lasciate che prevalgano nell’essere umano gli istinti. Di questo argomento, potremmo parlare molto. Oggi il mondo è minacciato da una desolante crisi economica. Il governo degli Stati Uniti impiega impensabili risorse economiche per difendere un diritto che viola la sovranità di tutti gli altri Paesi: continuare ad acquistare con banconote di carta le materie prime, l’energia, le industrie di tecnologie avanzate, le terre più produttive e gli immobili più moderni del nostro pianeta. Fidel Castro Ruz 18 settembre 2007 Ore 18:37

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