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28 Luglio 2007 01:28

Mentana e il suo documentario da Serie C! Anzi uno spot publicitario e gossip su Lapo.

1287 visualizzazioni - 3 commenti

di pierluigi dattis

Matrix di questa sera? Ma cosa è stato? uno spot pubbliredazionale sulla Fiat o un gossip su Lapo su Canale 5?. Altro che documentario sulla famiglia Agnelli. Veramente! se le capacità reporgistiche e documentaristiche di Mediaset, sono a questo livello ho capito perchè sono e siamo in tanti reporter capaci e ficcacoglioni a spasso. Matrix è sempre stato un programma da serie C! Questo lo sapevamo da tempo. La qualità documentaristica e narrativa è sempre stato di mediocre livello. Meglio sicuramente Rai TRE che di reportage se ne intende. Comunque, noi reporter indipendenti abbiamo il diritto e il dovere di giudicare. La famiglia Agnelli? Vediamo solo Gianni Agnelli per ora, altrimenti viene fuori un casino. Gianni Agnelli fu soprattutto il nipote dell'omonimo senatore Giovanni Agnelli. Il padre Edoardo morì tragicamente in un incidente aereo quando Gianni aveva 14 anni. Frequenta a Torino il Liceo classico "Massimo d'Azeglio" dove consegue il diploma di maturità nel 1938. Nel periodo bellico segue un corso di istruzione presso la Scuola di Applicazione di Cavalleria di Pinerolo, nelle vicinanze di Torino, e parte per la guerra, arruolato in un reggimento di carristi che viene inviato verso il fronte russo e poi su quello nord-africano. Dopo l'armistizio è ufficiale di collegamento con le truppe alleate. Nel 1943 si laurea a Torino in giurisprudenza. L'anno seguente, mentre viaggia in auto con la sorella Susanna in Toscana, subisce un grave incidente d'auto e rischia l'amputazione della gamba destra. Nel novembre del 1945 muore anche la mamma, vittima di un incidente d'auto nei pressi di Pisa. Appena terminata la Seconda guerra mondiale, il venticinquenne nipote di Giovanni Agnelli diviene presidente della RIV, la società di produzione di cuscinetti a sfere fondata da Roberto Incerti (ingegnere titolare del brevetto italiano dei cuscinetti che viveva a Villar Perosa, dal suo nome è nato l'acronimo RIV, "Roberto Incerti & C. Villar Perosa") e dal nonno nel 1906 (e che verrà ceduta nel 1965 per "fare cassa" alla multinazionale svedese operante anch'essa nel settore cuscinetti a rotolamento, SKF): l'incarico però ha una connotazione praticamente solo rappresentativa. Nello stesso anno viene eletto sindaco di Villar Perosa, un paese ubicato poco dopo Pinerolo lungo la statale del Sestrières. È il paese ove la famiglia risiede d'estate (e da dove la stessa proviene) ed è proprio Villar Perosa la città che ospita anche il primo stabilimento RIV. Non si tratta di un incarico molto impegnativo e Agnelli lo manterrà per quasi trent'anni. Si dice che proprio al termine del 1946, a quasi un anno dal decesso del nonno, Vittorio Valletta, fino ad allora dominus indiscusso della azienda, abbia avuto un colloquio con il giovane successore del defunto senatore e padrone dell'azienda. Con molta franchezza il sessantatreenne manager pone al giovane "padrone" questo dilemma: "Esistono solo due possibilità: o il presidente della Fiat lo fate voi o lo faccio io". Il giovane Agnelli sa di trovarsi di fronte all'uomo che ha condotto la barca aziendale nelle procellose acque del periodo bellico, in quelle ancor più insidiose dell'occupazione tedesca ed infine nelle turbolenze dei mesi post-liberazione, durante i quali ha anche soggiornato per breve tempo nelle patrie galere, ove è stato rinchiuso con l'accusa di collaborazionismo, ma dalle quali è stato presto levato quando i fautori dell'autogestione delle aziende si sono accorti che la guida di un'industria è cosa assai più complessa, difficile e rischiosa di quanto loro abbiano a suo tempo ingenuamente immaginato e sostenuto. E sa bene anche come Valletta abbia goduto per oltre quindici anni della fiducia illimitata del nonno. Perciò la sua risposta è un'esemplare espressione di saggia modestia, riconoscimento della propria inesperienza e quindi di grande intelligenza: "Ma di certo voi, professore [1]" Con questa risposta il "professore" si è guadagnato la sua autonomia manageriale ed il giovane erede la sua libertà di godersi la giovinezza, seguendo un consiglio che, si dice, gli avrebbe dato lo stesso nonno: "Prenditi qualche anno di libertà prima di immergerti nelle preoccupazioni dell'azienda". In futuro comunque Valletta lamenterà più volte l'eccessiva latitanza del principale azionista dai problemi aziendali. Poche persone al mondo si godono la giovinezza come lui. Intanto già nel 1947 diviene Presidente della squadra di calcio che il padre Edoardo aveva portato al ruolo di "prima donna" nel calcio italiano: la Juventus, squadra cui sarà affezionato per tutta la vita. Giovane, elegante, affascinante, con tanto tempo libero e tanto denaro a disposizione, è un tombeur de femmes. La sua irrequietezza è quasi patologica: viaggia in continuazione in tutto il mondo, frequentando i luoghi più mondani d'Europa, le persone più famose del jet-set internazionale: attrici, principi, magnati, uomini politici (i suoi rapporti di amicizia con John Fitzgerald Kennedy risalgono a quegli anni). Gli episodi legati alla sua vita fanno la gioia delle riviste patinate che campano sul gossip internazionale. Una sola parentesi sentimentale, per altro piuttosto burrascosa, che farebbe pensare ad un legame stabile è il rapporto con Pamela Digby (1920-1997), già Pamela Churchill, ex moglie del figlio di Winston Churchill, Randolph. Al termine di questa relazione, nell'estate del 1952 Gianni è vittima di un terribile incidente d'auto: correndo da Torino verso Montecarlo, si schianta contro un autocarro. Lo estraggono dalle lamiere piuttosto malconcio, la gamba destra è nuovamente, seriamente ferita e per la seconda volta rischia l'amputazione. La gamba sarà operata più volte ma una complessa protesi gli consentirà di continuare a praticare uno dei suoi sport preferiti: lo sci (e sarà proprio sciando che se la romperà per la terza volta nel 1987). Ne viene fuori abbastanza bene, tuttavia rimarrà leggermente ma visibilmente claudicante per tutta la vita. Pare che prima, l'influenza calmieratrice di Pamela, poi lo shock dell'incidente abbiano influito molto positivamente sul carattere del giovane. Nel 1953 sposa la principessa Marella Caracciolo di Castagneto, appartenente ad una antica nobile famiglia di origini napoletane. Nel 1959 diviene presidente dell'Istituto Finanziario Industriale (IFI), una società finanziaria pura che è una delle casseforti di famiglia e dove il professor Valletta non ha voce in capitolo. Anche in IFI però c'è un "Valletta", sia pure con connotazioni e carattere diversi, ed è Gaetano Furlotti. Diventa inoltre Amministratore Delegato della Fiat nel 1963, una carica che deve condividere con Gaudenzio Bono, un "vallettiano" a tutto tondo, ed in ogni caso il timone dell'azienda automobilistica rimane per ora nelle mani del "professore". Gianni "eredita" dal nonno nel 1966 il comando dell'azienda di famiglia dopo un periodo ventennale di "reggenza" da parte di Vittorio Valletta. Insediatosi al timone della Fiat all'età di 45 anni, dopo avervi svolto praticamente solo ruoli di rappresentanza, Gianni Agnelli si trova dinnanzi a due problemi: l'esecuzione dell'accordo con l'Unione Sovietica per la costruzione di uno stabilimento presso una cittadina sul Volga (che verrà chiamata Togliattigrad), per il quale la Fiat deve fornire all'Autoprominport (l'ente sovietico preposto) lo stabilimento "chiavi in mano" ed il know-how per la produzione. Il contratto è stata l'ultima opera di Valletta, ma la gestione non si presenta particolarmente onerosa: i sovietici sono diffidenti e pignoli ma pagano bene e tutto procede. Il secondo problema è assai più grave. Cedendo alle insistenze del presidente dell'Alfa Romeo Luraghi (e forse anche a qualche aspirazione elettorale), che da anni va predicando l'impossibilità di far quadrare i conti aziendali senza un'adeguata "massa critica" di volumi produttivi, il potere politico ha deciso di finanziare l'Alfa per la costruzione di uno stabilimento nel sud Italia, ove si produca un modello di autovettura di livello medio, nella stessa fascia di mercato più o meno della Fiat 128, che verrà lanciata di lì a poco. Secondo Gianni Agnelli nell'orticello del mercato italiano dell'auto di fascia bassa e media, concupito già dalle concorrenti europee grazie alla graduale riduzione dei dazi all'interno della CEE, non c'è spazio per un altro concorrente italiano, specialmente se questo può contare sui finanziamenti a carico del contribuente. Ma tutti i tentativi per contrastare a livello politico questo progetto falliscono, la sede designata è Pomigliano d'Arco, un paese a pochi chilometri da Napoli ove già operano la piccola Alfa Motori Avio, e l'Aerfer, azienda parastatale di medie dimensioni, che produce parti di velivoli commerciali per conto di grosse aziende americane. L'ulteriore guaio è che, per trovare i quadri tecnici intermedi in numero sufficiente a far funzionare lo stabilimento, la neonata Alfasud non può che rivolgersi alla Fiat cui sottrae questi personaggi con allettanti stipendi (i piemontesi non si muovono volentieri dalla loro terra e quindi la contropartita in denaro deve essere relativamente molto alta). Gianni Agnelli decide di disfarsi di quelle produzioni che richiedono continui investimenti e la cui redditività è precaria e condizionata (non solo sul mercato italiano) da scelte spesso legate a decisioni di carattere politico. Vengono così cedute alla Finmeccanica il 50% della Grandi Motori, detta Divisione Mare, specializzata in motori marini a ciclo Diesel per grosse navi, che sarà trasferita a Trieste con il nome iniziale di Grandi Motori Trieste. Analogamente si procede con la cosiddetta Fiat Velivoli, specializzata in fabbricazione di aerei, prevalentemente di uso militare, spesso su licenza di grosse aziende estere, che viene aggregata alla Aerfer di Pomigliano d'Arco, nella società a partecipazione statale Aeritalia (divenuta molti anni dopo Alenia). La partecipazione Fiat rimarrà solo un fatto finanziario, poiché il controllo operativo è di Finmeccanica: il restante 50% delle azioni verrà definitivamente alienato da Fiat nel 1975. Così va anche per altre realtà minori. Nel 1969 viene acquisita dalla famiglia Pesenti, ad un prezzo simbolico, la Lancia, glorioso marchio di auto di prestigio (era detta "la Mercedes italiana") fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel 1907, ormai in stato di quasi decozione. Nello stesso anno Ferrari cede alla Fiat il controllo della sua mitica casa di auto da corsa. Gianni Agnelli decide di disfarsi di quelle produzioni che richiedono continui investimenti e la cui redditività è precaria e condizionata (non solo sul mercato italiano) da scelte spesso legate a decisioni di carattere politico. Vengono così cedute alla Finmeccanica il 50% della Grandi Motori, detta Divisione Mare, specializzata in motori marini a ciclo Diesel per grosse navi, che sarà trasferita a Trieste con il nome iniziale di Grandi Motori Trieste. Analogamente si procede con la cosiddetta Fiat Velivoli, specializzata in fabbricazione di aerei, prevalentemente di uso militare, spesso su licenza di grosse aziende estere, che viene aggregata alla Aerfer di Pomigliano d'Arco, nella società a partecipazione statale Aeritalia (divenuta molti anni dopo Alenia). La partecipazione Fiat rimarrà solo un fatto finanziario, poiché il controllo operativo è di Finmeccanica: il restante 50% delle azioni verrà definitivamente alienato da Fiat nel 1975. Così va anche per altre realtà minori. Nel 1969 viene acquisita dalla famiglia Pesenti, ad un prezzo simbolico, la Lancia, glorioso marchio di auto di prestigio (era detta "la Mercedes italiana") fondata a Torino da Vincenzo Lancia nel 1907, ormai in stato di quasi decozione. Nello stesso anno Ferrari cede alla Fiat il controllo della sua mitica casa di auto da corsa. Il sogno di Gianni Agnelli è l'internazionalizzazione della Fiat. Due anni dopo l'assunzione della guida della Fiat, Gianni Agnelli concorda con François Michelin, proprietario del pacchetto di controllo della Citroën, che si trova in cattive acque, l'acquisto della partecipazione con l'intenzione di giungere successivamente al controllo totale della casa automobilistica francese. La sinergia fra i due costruttori europei sembra promettere bene: Citroën è un marchio prestigioso, con buona fama nella produzione di auto di alta gamma, la Fiat ugualmente nelle utilitarie. L'accordo si conclude, al vertice Citroën arrivano uomini Fiat ma ci si mette di traverso il nazionalismo esasperato di Charles De Gaulle, presidente della repubblica francese. Alla Fiat viene fatto divieto di acquisire la maggioranza delle azioni Citroën. Le incomprensioni fra i tecnici italiani ed i tecnici francesi compiono il resto: la Fiat, senza il controllo totale dell'azienda non può imporre nulla senza accordo con le altre forze nel gioco, può solo spendere quattrini per ammodernare impianti e strutture. Alla fine, quattro anni dopo, il sogno si infrange e Gianni Agnelli dovrà rinunciare alla sua internazionalizzazione, almeno attraverso questa via, e la quota Fiat viene ceduta alla Peugeot. Poco dopo verrà decisa l'avventura di una produzione oltre oceano: creare uno stabilimento in Brasile (Belo Horizonte nello stato di Minas Gerais) ove si produrrà inizialmente la 127 opportunamente modificata per quel mercato (il nome del modello brasiliano sarà 147). Non sono trascorsi che tre anni dal suo insediamento al vertice della FIAT che Gianni Agnelli deve affrontare un problema piuttosto difficile: il rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici (1969). La vertenza procede per tutta la prima metà dell'anno più o meno aspramente rispetto alle volte precedenti, ma all'inizio di settembre le cose cambiano radicalmente ed emergono nuove, inattese forme di sciopero: incomincia quello che verrà subito battezzato autunno caldo. Iniziano i carrellisti di Mirafiori, Stabilimento Presse: sono un gruppo numericamente piuttosto esiguo nell'enorme galassia del personale Fiat (oltre 200.000 dipendenti) ma la loro azione lascia il segno. Scioperano al di fuori delle direttive del sindacato, sono scioperi improvvisi, mezza giornata o meno per volta, ma l'effetto è paralizzante. Il loro compito è trasportare le parti di carrozzeria appena stampate dalle presse alla catena di montaggio: fermi loro, ferma tutta la produzione. Si discute sulla legittimità di questo tipo di sciopero, nessuno sa che pesce pigliare, data la novità e spontaneità delle forma di protesta, nemmeno il sindacato che prima disapprova, poi giustifica ed infine, obtorto collo, si adegua, cioè cerca di far rientrare anche questa forma di protesta nell'alveo dell'iniziativa sindacale, per timore di perdere consensi ed essere scavalcato da organizzazioni spontanee ed incontrollabili. L'Azienda non insiste troppo sulla questione di legittimità di questa forma di sciopero per non delegittimare l'unico interlocutore ufficiale di fronte alle maestranze. Allora iniziano forme di sciopero, ancorché poste sotto l'organizzazione sindacale, del tutto nuove. Si entra al mattino alle 8 al lavoro ma verso le otto e venti passano delegati nei vari reparti ad annunciare uno sciopero improvviso che inizierà alle otto e trenta e durerà fino all'ora di pranzo (od analogamente al pomeriggio). Tutto ciò a rotazione: ora in uno stabilimento, ora nell'altro. Si formano nelle officine cortei (detti "serpentoni") di operai muniti di fischietti ed altri strumenti sonori che percorrono i locali invitando con maniere piuttosto brusche i colleghi riluttanti ad astenersi dal lavoro. Quasi sempre invadono anche le Palazzine uffici, ove gli impiegati non sono notoriamente molto propensi a scioperare: lavorare diventa anche per loro in quelle condizioni impossibile. Dopo un po' si verificano parecchi atti violenti: l'azienda guarda allibita e poi invita discretamente i dipendenti che continuerebbero a lavorare a desistere per non inasprire gli animi ed evitare danni alle persone ed alle apparecchiature dell'azienda. La Fiat è sotto lo sguardo di tutte le aziende del settore: quello che fa la prima industria italiana fa testo. Una dura prova per Gioanin, abituato ad affrontare fino a qualche anno fa problemi di ben altra natura. E pensare che dal un punto di vista del business le cose vanno bene: la crisi economica del 1964 è ormai dimenticata, la richiesta di autovetture è in continuo aumento, tanto che la Fiat non riesce a soddisfarla ed i tempi di consegna si allungano. Proprio in quest'autunno entra in funzione lo stabilimento di Rivalta di Torino, ove si provvederà al montaggio della nuova media cilindrata (per quei tempi), la 128, destinata a prendere il posto della famosa 1100 (mod. 103). È un'auto dalla linea moderna ed accattivante, il prezzo è contenuto e piace subito, ma per averla bisogna attendere fino a nove mesi. La vertenza si chiude nel gennaio del 1970 con un contratto molto oneroso per le aziende e con concessioni normative consistenti che incideranno pesantemente sul futuro. Fra l'altro vengono abolite le differenze territoriali per la determinazione del minimo sindacale del salario (fino a quel momento i salari minimi sono differenziati per provincia, a seconda dell'indice del costo della vita locale elaborato dall'ISTAT) cosicché il neoassunto a Milano percepirà, a parità di inquadramento, lo stesso salario di quello assunto a Palermo. Si valuta che la perdita di produzione durante il periodo "caldo" ammonti ad oltre 130.000 vetture (ma c'è chi dice molto di più, oltre 270.000: si tratta di vedere entro quali termini temporali viene considerato il periodo "caldo"). Intanto gli effetti della apertura dei mercati all'interno della CEE si fa sentire e la concorrenza straniera aumenta la sua penetrazione in Italia. Nella prima metà degli anni Settanta Gianni Agnelli deve affrontare la prima grossa crisi della Fiat, la più grande forse a partire dalla prima guerra mondiale: l'autofinanziamento non è più possibile (l'investimento brasiliano ha pesato non poco ed i primi risultati sono deludenti, le vendite di auto in Italia calano e la concorrenza straniera, grazie alla piena attuazione del Trattato di Roma in materia di barriere doganali nell'Europa, si fa sempre più agguerrita erodendo alla Fiat quote crescenti di mercato) e la Fiat non può più fare a meno, come è stato fino a quel momento, di ricorrere massicciamente al credito. Viene assunto in quel periodo un nuovo responsabile della finanza aziendale: Cesare Romiti (autunno del 1974) che raggiungerà nel quasi quarto di secolo di permanenza in Fiat, il massimo vertice. Auspice Romiti, Gianni Agnelli trasforma la Fiat S.p.A. da una azienda industriale in una Holding finanziaria. Da questa dipenderanno tante Holding di settore, una per ogni settore produttivo, alle quali saranno sottoposte le rispettive società operative. Il processo dura più di cinque anni e nascono così (citiamo solo quelle di dimensioni maggiori): la Fiat-Allis, settore macchine agricole, l'Iveco, settore veicoli industriali (sede legale nei Paesi Bassi, produzione grossi furgoni ed autocarri) che, oltre alla vecchia SPA di Torino, include la ex OM di Brescia, l'Unic di Parigi, la Magirus Deutz di Stoccarda, tutte già controllate Fiat, La Macchine Movimento Terra, la Teksid, fonderie, produzioni metallurgiche ed altro. Ultima, ma solo in ordine di tempo, la Fiat Auto (autovetture e veicoli commerciali leggeri). Separazione secondo il mercato servito ed internazionalizzazione. L'avvento di Agnelli al timone della Fiat segna anche una svolta nella politica finanziaria della Fiat: l'Avvocato si avvicina sempre più alla Mediobanca di Enrico Cuccia (forse anche a seguito delle traversie finanziarie della Fiat ed ai buoni rapporti che intercorrono fra Romiti e Cuccia) dalla quale il suo predecessore Valletta si era sempre tenuto ad una cortese distanza. Nel 1976 accadono due eventi curiosi: la meteora De Benedetti e l'alienazione della SAI. Carlo De Benedetti è un giovane imprenditore rampante: ha rilevato l'azienda del padre, ha acquisito per poco prezzo, piano piano, alcune aziende operanti nel settore della componentistica auto che non se la passavano bene e le ha ristrutturate e razionalizzate inserendole nella sua Gilardini di cui ha il controllo con il 60% delle azioni. Si avvale di collaboratori giovani, capaci, motivati e gran lavoratori (chi non ha queste caratteristiche non può lavorare con lui) ed inoltre dal 1974 al 1976 è stato presidente dell'Unione Industriale di Torino. Conosciuto il personaggio (è stato compagno di scuola del fratello Umberto) Gianni Agnelli dimostra di stimarlo e gli propone di entrare in Fiat come Direttore Generale accanto a Romiti. Ottimo negoziatore, Carlo De Benedetti accetta ma a patto di diventare azionista Fiat, cosicché Gianni Agnelli fa acquistare dalla Fiat la Gilardini e la paga con un pacchetto di azioni Fiat pari a circa il 5% del capitale sociale della medesima. De Benedetti, che si è portato dietro alcuni fedelissimi tra i quali il fratello Franco, inizia un lavoro di sfoltimento del management aziendale: ha fretta e tira dritto facendo cadere molte teste, anche ad altissimo livello. Poi improvvisamente, a fine agosto, decide di andarsene. I motivi di questo dietro-front dopo così poco tempo non sono mai stati spiegati chiaramente. Quello che è chiaro invece, è che Carlo De Benedetti in quattro mesi scarsi ha fatto un affare d'oro: Gianni Agnelli gli ricompra il pacchetto di azioni Fiat allo stesso prezzo di valutazione della Gilardini quando quattro mesi prima fu acquisita dalla Fiat ove rimarrà: un ottimo prezzo come si è visto, molto più alto del suo reale valore (si tenga presente che il fatturato della Gilardini era prevalentemente costituito dalle forniture alla Fiat). L'altro evento riguarda la Compagnia di assicurazione SAI, di proprietà della famiglia Agnelli. Fondata dal nonno di Gianni negli anni Venti per riporci le polizze delle sue aziende e quelle personali, segue lo sviluppo della Fiat giovandosi dell'automatica acquisizione del cliente che acquista a rate l'autovettura con patto di riservato dominio e con finanziamento SAVA (la società della Fiat che fornisce il credito alla clientela). La quota di controllo della SAI, che è quotata in borsa, è nel portafoglio di una delle "casseforti di famiglia", l'Istituto Finanziario Industriale (IFI). In questo momento è la terza compagnia italiana per raccolta premi e la prima nel settore delle assicurazioni auto (preponderante di molto rispetto agli altri rami eserciti). Questo pare venga considerato il suo tallone d'Achille: le tariffe RC Auto sono bloccate dal Ministero dell'Industria da quando è entrata in vigore l'obbligatorietà dell'assicurazione RC per gli autoveicoli (Legge 990/69 entrata in vigore, con gradualità, a partire dal giugno 1971 e completata a giugno 1972), l'inflazione gonfia i costi di riparazione, qualcuno incomincia a pensare che l'attività assicurativa di questo ramo verrà nazionalizzata. Nel luglio del 1976 in assemblea viene dato, fulmine a ciel sereno, l'annuncio: la compagnia è stata venduta al chiacchierato finanziere Raffaele Ursini. Sembra che la vendita, caldamente patrocinata presso l'Avvocato dal management IFI, non abbia portato quasi niente nelle tasche del venditore: il ricavato dell'acquisto, cosa già nota in sede di trattative con Ursini, se ne va quasi tutto nel riacquisto della consistente quota di azioni FIAT, ordinarie e privilegiate, che stavano nel portafoglio della Compagnia. Il blitz dell'Avvocato irrita il fratello Umberto che al momento della firma del contratto di cessione si trova negli USA e, tornato in Italia, si sarebbe trovato di fronte al fatto compiuto. Sulla vendita si scatenano le polemiche (anche se allora non vi era per questi casi l'obbligo di OPA): il prezzo di vendita, si dice, è stato troppo basso e nell'entourage Fiat si sprecano i mugugni. Su un noto settimanale economico-politico compare un articolo dal titolo curioso "Investivano alla marinara" , parafrasi del titolo di un libro uscito qualche tempo prima (Vestivamo alla marinara) e scritto da Susanna Agnelli, sorella di Gianni, che vi descrive la loro infanzia. Naturalmente l'articolo non è tenero nei confronti di chi ha voluto l'operazione. Ironia della sorte, un anno dopo il Ministero concederà agli assicuratori il sospirato aumento delle tariffe (20%), la SAI rifiorirà, se mai si era appassita, passerà ancora di mano (da Ursini al costruttore d'immobili Salvatore Ligresti) e, come altre compagnie, tornerà ad essere nel giro di pochi anni una gallina dalle uova d'oro. La Fiat si costituirà poco dopo una compagnia propria, ma rientrerà di fatto nel business assicurativo solo molti anni dopo acquistando il pacchetto di maggioranza della Toro Assicurazioni dal fallimento del Banco Ambrosiano. Alla fine del 1976 i problemi finanziari sembrano risolti con la cessione di poco più del 9% del capitale FIAT alla Lafico (Lybian Arab Foreign Investiments Company), una banca controllata dal governo libico di Muammar Gheddafi (in dieci anni il socio libico, per altro mero investitore mai coinvolto nella gestione delle singole società operative, arriverà a possedere quasi il 16% del capitale Fiat). La cessione getta un certo sconcerto negli ambienti politici occidentali poiché Gheddafi non gode certo delle simpatie dei più potenti stati occidentali, USA in testa. La crisi si riaffaccia prepotente a fine anni Settanta (la quota di mercato della Fiat Auto in Italia, il mercato più importante per l'azienda torinese, è scesa dal quasi 75% del 1968, a meno di due anni dall'esordio di Gianni Agnelli come responsabile attivo dell'azienda, al 51% del 1979, ovvero quasi 25 punti in meno in dieci anni. Nel resto dell'Europa, Spagna esclusa, le cose non sono andate meglio, si passa da un già modesto 6,5% del 1968 al 5,5 del 1979) ma la crisi viene superata grazie alla ottima riuscita di due modelli voluti dal nuovo direttore generale di Fiat Auto, Vittorio Ghidella: la Uno, la Ritmo e, successivamente, la Thema. rapporti di Gianni Agnelli con le sinistre italiane, specialmente con il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, rappresentarono l'essenza delle relazioni industriali con le forze politiche e specialmente con i sindacati. Il conflitto vede memorabilmente questi ultimi soccombere quando nel 1980 uno sciopero generale che ha portato al blocco della produzione, (il "blocco" dei cancelli FIAT durò ben 35 giorni) viene spezzato dalla cosiddetta "marcia dei Quarantamila", (dal numero dei lavoratori che il 10 ottobre dello stesso anno sfilarono in Torino reclamando il diritto "di poter andare a lavorare"). Questa azione segna un punto di svolta ed una brusca caduta del potere sino ad allora detenuto dai sindacati in Italia, che non avranno più, in seguito, eguale influenza sulla società e sulla politica nazionale. Va ricordato che durante gli anni di piombo all'interno del sindacato si ipotizzò che potessero essersi infiltrati terroristi, ed a seguito di diversi omicidi di dirigenti e funzionari della Fiat (perpetrati da Brigate Rosse, Prima Linea, Nuclei Armati Proletari ed altri gruppi terroristi), si avanzò infatti il terribile sospetto che il sindacato potesse averli in qualche modo coperti. Si tratta di un periodo in cui le cose vanno abbastanza bene, l'azienda, grazie al successo ottenuto con i nuovi modelli di cui si è detto ed alla riduzione dei costi di produzione ottenuta con una forte spinta all'automazione dei processi produttivi (robotizzazione) che la porta a primeggiare nel mondo in questo campo, produce nuovamente buoni utili per i suoi azionisti ed assume anche nuova mano d'opera. A metà degli anni ottanta inizia una trattativa di accordo societario con la Ford Europa ma poi, a trattative già avanzate, l'accordo sfuma (ottobre 1985).[2] Poco dopo Gianni Agnelli strappa proprio alla Ford l'acquisto dall'IRI dell'Alfa Romeo, che il governo italiano ha deciso di vendere. L'offerta è di poco superiore a quella avanzata dalla Ford: 1.050 miliardi di lire che la Fiat pagherà all'IRI in cinque anni. Gianni Agnelli riesce anche a liberarsi dello scomodo socio libico facendo riacquistare la quota Fiat che è in mano ai libici da una delle "casseforti di famiglia", l'IFIL (1986). L'operazione, studiata da Agnelli e Romiti con Enrico Cuccia, che vede coinvolte sia Mediobanca che la Deutsche Bank, è una manovra finanziaria complicata, brillante ma rischiosa che nel complesso riesce ma solleva molte critiche. Nel 1987 Gianni Agnelli blinda il controllo della Fiat da parte della famiglia costituendo la Società in accomandita per azioni Giovanni Agnelli, nella quale confluiscono le partecipazioni degli ormai numerosissimi componenti la famiglia. Questa "tecnica" verrà presto utilizzata da altri industriali. Inspiegabilmente, alla fine del 1988, l'artefice della potente ripresa dell'azienda sui mercati italiano ed europeo, Vittorio Ghidella, viene bruscamente allontanato dalla Fiat dopo essere stato sugli scudi per tanto tempo. Due anni prima lo stesso Gianni Agnelli, entusiasta dei risultati ottenuti da Ghidella, l'aveva pubblicamente indicato come il futuro successore di Cesare Romiti.[3] Intanto incomincia a pesare anche in Italia la concorrenza di avversari temibilissimi: i giapponesi. Al principio degli anni 2000, Gianni Agnelli, convinto che la Fiat non ce la farà da sola ad affrontare la sfida del mercato mondiale (fra il 1990 ed il 2001 la quota di mercato Fiat in Italia si è ridotta da circa il 53% a circa il 35% ed in Europa da poco più del 14% a meno del 10%), apre agli americani della General Motors (GM) con i quali conclude un'intesa: la grande azienda americana acquista il 20% della Fiat Auto pagandolo con azioni proprie (un aumento di capitale riservato alla Fiat) che valgono in totale circa il 5% dell'intero capitale GM e la Fiat ottiene una clausola "put", il diritto esercitabile in questo caso dopo due anni ed entro gli otto successivi, di cedere a GM il rimanente 80% della Fiat Auto ad un prezzo da determinarsi con certi criteri predefiniti e che GM sarà obbligata ad acquistare. Sono previste inoltre fusioni fra società costituite da stabilimenti Fiat Auto e stabilimenti Opel, la consociata europea di GM, con sede in Germania. L'accordo si rompe quattro anni dopo (sia FIAT che GM si trovano in grosse difficoltà) con un risultato opposto a quanto ipotizzato originariamente: non è la Fiat Auto che che viene interamente ceduta a GM bensì è GM che paga per evitare l'esercizio del diritto di cessione (clausola "put") da parte Fiat, cedendo a quest'ultima anche le quote GM di Fiat Auto. Le società operative miste, già costituite ed operanti, vengono sciolte ed ognuno si riprende la sua parte. La crisi economica del settore auto del Gruppo Fiat trova Agnelli già in lotta contro il tumore ed egli può partecipare ormai solo in maniera limitata allo svolgersi degli eventi. Naturalmente un personaggio che ha occupato per tanto tempo le scene della vita industriale, finanziaria e, perché no, anche mondana della nazione, non ha solo estimatori ma anche non pochi detrattori: quest'ultimi sostengono che in tutta la sua attività Agnelli avrebbe anteposto gli interessi della famiglia ed i suoi personali a qualsiasi interesse collettivo, talvolta anzi a scapito degli interessi nazionali. La Fiat, sostengono alcuni, è stata sempre trattata dal governo italiano con una sorta di reverenza istituzionale, quasi che le fosse attribuita una sorta di immunità legale e fiscale. Agnelli non non replicò mai a queste accuse. La figura di Gianni Agnelli fu anche intimamente legata alla storia della Juventus, la squadra di calcio del capoluogo piemontese di cui fu nominato presidente nel 1947. Le sue quotidiane telefonate delle 6 del mattino al celebre capitano della squadra prima ed a sua volta Presidente poi, Giampiero Boniperti, effettuate da dovunque fosse, sono quantomeno leggendarie. Nel 1974 Gianni Agnelli fu eletto presidente della Confindustria, il sindacato degli industriali. La sua politica fu una sorta di appeasement verso i sindacati nella speranza che l'asprezza delle lotte si mitigasse e fosse possibile così riprendere lo slancio produttivo. L'interlocutore privilegiato divenne Luciano Lama, segretario Generale della CGIL e responsabile della politica dei tre sindacati principali (la cosiddetta "triplice", cioè CGIL, CISL e UIL). L'effetto principale fu l'accordo sulla c.d. scala mobile, il meccanismo di indicizzazione dei salari al costo della vita. L'accordo fu trovato, il meccanismo precedente fu modificato e fu anche abolita la differenziazione fra categorie: lo scatto di contingenza (importo mensile lordo da corrispondere in più ad ogni punto di incremento del costo della vita) diveniva uguale per tutti, dal semplice manovale allo specialista, al quadro impiegatizio della categoria più alta prima della dirigenza. Agnelli lasciò la presidenza della Confindustria nel 1976: il suo operato fu successivamente fortemente criticato (l'accusa era quella di aver fatto delle concessioni troppo ampie, incompatibili con la situazione economica ed a lungo termine dannose anche per le maestranze, in quanto nel meccanismo di adeguamento si celerebbe un fattore moltiplicativo dell'inflazione). In compenso la conflittualità all'interno delle fabbriche non si ridusse, anzi, purtroppo si accrebbe e si aggravò, come dimostreranno i fatti negli anni subito a seguire. Il primo incarico di natura pubblica lo ricevette nel 1961 quando, in occasione dei festeggiamenti per il primo centenario dell'unità d'Italia fu nominato Presidente dell'Esposizione internazionale del lavoro. All'inizio del 1976 l'allora segretario del Partito Repubblicano Ugo La Malfa offrì a Gianni Agnelli una candidatura nelle liste del partito per le elezioni politiche che si sarebbero svolte in giugno e ad un primo momento parve che Gianni Agnelli avesse una certa intenzione di aderire alla proposta, ma poi declinò l'invito avendo nel frattempo il fratello Umberto accettata la candidatura nella Democrazia Cristiana (Umberto verrà poi eletto). Nel 1991 venne nominato senatore a vita dall'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga: Agnelli si iscrisse al Gruppo per le Autonomie e venne ammesso alla Commissione Difesa del Senato. Nel 1994 fu tra i tre senatori a vita (insieme a Giovanni Leone ed allo stesso Cossiga) a votare la fiducia al primo governo Berlusconi: per la prima volta nella storia d'Italia quei particolari parlamentari di nomina presidenziale erano decisivi nella formazione di un esecutivo. Nel 2000 fu ammesso come membro d'onore nel Comitato Internazionale Olimpico, carica che ricoprì fino alla morte. Conosciuto anche come l'Avvocato, pur senza mai avere avuto rapporti con la carriera forense, Agnelli rappresentò la figura più importante, ed insieme più prestigiosa, dell'economia italiana, un simbolo del capitalismo durante la seconda metà del XX secolo, e da alcuni fu guardato come il vero "Re d'Italia". Un uomo colto, dotato di un senso dell'umorismo sui generis, fu probabilmente l'italiano più noto all'estero, legato da relazioni di profondo spessore con banchieri e politici internazionali (alcuni dei quali, come Henry Kissinger, divennero anche suoi amici personali). Fu anche considerato una persona elegante: nel 2002 lasciò alla città di Torino un patrimonio in quadri, devolvendo così la sua straordinaria pinacoteca alla fruizione dei cittadini.

COMMENTI

12 Agosto 2007 21:20

Cara Adriana, ti chiedo il permesso di portare ricordo e omaggio, a tuo Padre Andrea, Coraggioso ed Onesto Operaio della Fiat. Tu sai meglio di me e io lo sò, come ex manager di una importante azienda metalmeccanica, che se non cambiano le cose, le dichiarazioni di Caruso, potrebbero essere condivisibili. Io quelle cose, le ho pensate ma non le ho dette ne scritte. So solo che il pensiero di Caruso sulla legge Biagi, lo condividono non solo operai precari, ma anche manager,imprenditori e liberi professionsti di buon senso. E ti garantisco che sono tanti, molti. Nel 2007 fino ad oggi, 470 operai Lavoratori Morti sul Lavoro. Fra il 2006 e il 2007, 1.600 operai lavoratori morti sul lavoro. Una strage, indicibile, vergognosa,ignobile e vigliacca, da paese incivile. Basta!!! Altrimenti Caruso, avrà avuto ragione a fare quelle dichiarazioni.

pierluigi dattis

12 Agosto 2007 17:06

Cara Adirana, grazie a te per la tua attenzione alla mia lettera.Sono d'accordo con te. IL tuo commento è di altissimo spessore e chiarisce il ruolo eroico e generoso e di funzione sociale che ha rappresentato quel management Fiat. Ricordo, che quando Gianni Agnelli esponeva alle assemble Fiat o di Confidustria,le relazioni sullo stato dell' economia italiana, risultavano assolutamente realistiche e più trasparenti di quelle del Governatore della Banca d'Italia di turno. Da quando sono scomparsi, purtroppo, Gianni Agnelli ed Enrico Cuccia, la finanza e l'economia italiana sono diventate, un "farwest". Tanta Cordialità. pierluigi dattis

pierluigi dattis

28 Luglio 2007 09:03

GRAZIE PER IL DOVEROSO RICORDO, QUESTO UOMO FIAT FU MOLTO AMATO E ANCHE DISCUSSO, SICURAMENTE UNA VITA SCOMODA E LA CURIOSITA' DI TUTTO IN QUALCHE MODO L'HA AIUTATO A RESISTERE ANCHE A MOLTI DOLORI. ESSERE MANAGER , SPECIALMENTE OGGI .. è DA IMPARARE..sicuramente non facile. TUTTAVIA ALLORA , LE PARLO DI QUANDO ERO PICCINA E PAPA' MIO OPERAIO FIAT RACCONTAVA,.. DICEVA DELLE INVASIONI DI CAMPO ALL'ALBA! DEL BUON VALLETTA SEMPRE ATTIVO CON LA SUA PICCOLA AUTO, OGGI ALLA GRANDE MOTORI , IERI ALLA MATERIALE FERROVIARIO.. UN VIGILANTES DI QUANTO AMAVA, IL SUO MESTIERE DI UOMO FERMO E ANCHE UMANO. A QUEI TEMPI PAPA' MIO MANGIAVA IN BREVE SEDUTO ACCANTO ALLA SUA POSTAZIONE DI LAVORO, PRIMA PERO' PESCAVA ,,AL BARACHIN ,, DA QUALCHE PARTE PREPARATO LA SERA PRIMA DALLA MIA MAMMA. ALLORA I GENITORI FIAT NON LESINAVANO LAVORARE TANTO, PRODURRE ERA LA SPERANZA DI UN DOPOGUERRA MIGLIORE.. A TORINO MOLTI RICORDERANNO I GENITORI CON I GHIACCIOLI ALLE CIGLIA, I LUMINI NELLA NOTTE QUANDO RISALIVANO KM IN BICI O IN MOSQUITO ..VERSO CASA. PIANO PIANO FINI' IL TEMPO DI "CAPITAN UNCINO "CHE URLAVA GHIACCIO !! ARRIVO' DALL' AMERICA IL NOSTRO FUTURO. FRIGO,PLASTICA, FINANZIAMENTI , LA FIAT SEPPE PROPORRE LE RATE, LE CAMBIALI, E COSI VIA... LA MASSAIA EBBE LA SUA SINGER O BORLETTI FIAMMANTE(.doverosamente a rate e qui ricordo quanto papà si arrabbiò, lui così retto da voler pagare sempre prima.. ) altri tempi dove l'uomo operaio,...papà si faceva valere con la dirigenza perchè era un primo saldatore .. capace ..educato..rispettabile e così aiutò molti altri nel capolavoro..allora la categoria era il pane per tanti figli a casa. GLI OPERAI DOVE STAVA PAPA' OTTENNERO BENEFICI, MIGLIORIE DEI COTTIMI , TEMPI PER MANGIARE CIVILMENTE .. MA SEMPRE USANDO L'EDUCAZIONE DEI LORO PADRI. POI LA FIAT ALLARGO' COSI' TANTO CHE DOVETTE CHIAMARE DAL NORD MOLTI UOMINI CON VALIGIE DI CARTONE, SOLI , AFFAMATI,CON FAMIGLIE LONTANE... UN POCO COME SUCCEDE ORA CON GLI IMMIGRATI.. TUTTO CORSE TROPPO IN FRETTA, LE DIATRIBE NORD SUD LE CONOSCIAMO, MA OGGI NESSUNO FA PIU' DISTINGUO.. ma corsero anche i contadini nostri, gli uomini scesero dai monti e le radici secche rimasero lassù da rimirare durante le gite domenicali. NEL CORSO DI QUEGLI ANNI IL BUON GIANNI , COSI' MI PERMETTO CHIAMARLO , PASSAVA SI DA UNA VITA BRILLANTE ALL'ALTRA, MA ANCHE LAVORAVA PER LA SUA TORINO E DINTORNI,, LA VITA GLI AVEVA INSEGNATO GUARDARE LUNGO E LUNGO GUARDO' QUANDO,,,,, E LI RICORDO BENE I TEMPI DEL 1980 IO LAVORAVO IN PININFARINA.. ARRIVO' AL VIRTUALE DEI ROBOT E POI AI VIVENTIS DELL'EST. COSTI INFERIORI, MENO BEGHE,E QUI RIMASERO INEBETITI MOLTI OPERAI E IMPIEGATI CON LA BOCCA SOTTO IL NASO. EPPURE NEL CONTESTO SOCIALE GLOBALE DI UN PIEMONTE CHE CERCA RIALZARE LE CHIAPPE CON L TURISMO, DOBBIAMO DIRE GRAZIE AVVOCATO! TU HAI FATTO PER FARCI VIVERE MEGLIO TUTTI E NEPPURE SAPPIAMO CHI DI NOI HA CHIESTO TROPPO O TROPPO POCO AL MOMENTO GIUSTO O SBAGLIATO. LASSU' A VILLAR PEROSA DOVE VISSI PER POCO , EGLI RIPOSA ACCANTO ALLE SUE CREATURE GIOVANI ,MORTE ANZITEMPO,, PER SALIRE DA LUI BISOGNA ARRANCARE.. E QUESTO INIZIANO ORA FARE I GIOVANI AGNELLI DI CUI A VOLTE MI SEMBRA SENTIRE IL BATTITO DEL CUORE CARICO DI RESPONSABILITA' ENORMI CHE SI SON TROVATI A PALLEGGIARE AL DI LA' DEI GOSSIP. Ecco scrivendo ho percepito l'aria di quei tempi, dove poche lambrette e poi la 500 " vestirono " la gente di una personalità recuperata. SI ANDAVA PER STRADA FACENDO ATTENZIONE A NON PESTARE I MAGGIOLINI, ormai estinti e chissà perchè .. si è perso la razza di molte cose.. speriamo rimanga un poco di rettitudine come mi allevò mio padre (non so se con successo) .... senza la rettitudine,l'educazione , la volontà di cambiare come dovessimo risorgere da una guerra nessuno di noi andrà serenamente nel mondo.. rimarrà la memoria di uomini importanti come GIANNI AGNELLI, VALLETTA, ma ci metto anche mio PADRE ANDREA BATTIST CHE HA SEMPRE LAVORATO PER ONORARE L'AZIENDA E LA SUA CITTA'- grazie per l'attenzione adriana battist

adrianabattist

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