253 utenti


Libri.itGLI INSETTI vol. 2TILÙ BLU VUOLE BENE ALLA SUA MAMMAESSERE MADRELINETTE – COMPAGNO DI GIARDINOLILLI E MOSTROPUPAZZOLO 2
Emergency

Fai un link ad Arcoiris Tv

Fai un link ad Arcoiris Tv

Utilizza uno dei nostri banner!












Lettere ad Arcoiris

inviaci le tue opinioni, riflessioni, segnalazioni

Per inviare un lettera ad ArcoirisTV, riempi i campi sottostanti e clicca su "Invia". Se è la prima volta che scrivi, riceverai una email con un link ad una pagina che dovrai visitare per far sì che le tue lettere vengano sempre pubblicate automaticamente.

Informativa privacy

L’invio della "Lettera ad Arcoiris" richiede l’inserimento del valido indirizzo email del utente. Questo indirizzo viene conservato da ArcoirisTV, non viene reso pubblico, non viene usato per altri scopi e non viene comunicato ai terzi senza il preventivo consenso del utente.

maggiori info: Privacy policy

22 Giugno 2007 23:16

Il vicolo cieco della tragedia palestinese

1181 visualizzazioni - 0 commenti

di Vincenzo Maddaloni

Prima la guerra civile con l’assalto di Hamas alle strutture di comando di Fatah a Gaza. Poi, a tempo di record e con procedure di emergenza Abu Mazen che presiede a Ramallah la cerimonia di giuramento del nuovo governo dell'Anp guidato dall'economista filo-occidentale Salam Fayyad. E dunque due realtà arabe contrapposte: quella di Gaza il governo (destituito) del premier Ismail Haniyeh che è alle prese con le violenze e i saccheggi e quella di Ramallah e della Cisgiordania, con il nuovo premier Fayyad. Così, come quarant’anni fa (giugno 1967) la sconfitta degli eserciti egiziano, siriano e giordano nella “guerra dei sei giorni” contro Israele segnò il fallimento politico di una generazione sullo sviluppo dell’unità araba, oggi la morte seminata da Hamas fa di nuovo precipitare in una profonda crisi politica e morale l’intero mondo musulmano. Perché è chiaro da sempre che la soluzione della questione palestinese resta la condicio sine qua non, l’elemento chiave per potersi proiettare serenamente verso il futuro di questa regione tormentata. Sarà pur vero come sostiene Rashid Khalidi, storico della Palestina e professore a New York, che alle classi dirigenti palestinesi va imputata l’incapacità di predisporre strutture statali, la non consapevolezza dei limiti della violenza, l’inettitudine nell’amministrare i territori e di capire la forza locale di Hamas. Sarà pur vera la mancanza nei Palestinesi di ogni sforzo storico revisionistico: sforzo invece presente in Israele, dove tanti miti sono stati messi in questione. Certo è, come scriveva Samir kasir, lo storico e giornalista libanese assassinato a Beirut due anni fa,: “ che gli arabi non hanno nulla con cui compensare la loro malasorte, e neppure di passare sotto silenzio il fatto che, di tutte le aree del pianeta, il mondo arabo è quella in cui l’Occidente non ha mai smesso, a tutt’oggi, di farla da padrone, in prima persona o attraverso Israele”. Infatti, fin dai tempi del mandato britannico in Palestina dopo la prima guerra mondiale, Londra, per dividere i palestinesi e controbilanciare il loro movimento nazionale, diede alle istituzioni islamiche il potere ma non la forza del comando, il pieno controllo sul denaro pubblico, ma non l’accesso a un potere statuale. Il tutto per allentarne l’evoluzione. Allo stesso modo oggi l’Amministrazione americana fa leva sulla componente religiosa alimentando la nuova guerra settaria tra sciiti e sunniti, fiancheggiando questi ultimi dopo aver favorito gli sciiti in Iraq. Secondo le indagini del giornalista Seymour Hersch (New Yorker, 5 marzo 2007), Bush giunge sino a finanziare l'estremismo sunnita in Libano, in combutta con il premier Sinora per stimolare l’uso della religione come sostituto della politica ben sapendo che è la componente religiosa che ha dilatato il disastro palestinese e numerosi altri disastri. Infatti l’Islam politico ha il senso del potere, ma predicando l’universalità non ha il senso dello Stato e dei confini. E non tiene in alcun conto il concetto di democrazia. Anzi. Esso negando alla società spazi di dibattito e meccanismi di partecipazione, impedisce all’élite intellettuale di discutere su altre forme di organizzazione sociale, e costringe la popolazione, lasciata a se stessa, sotto la cappa dei governi autoritari. Così meglio si capisce perché da quarant’anni a questa parte, la condizione “né pace, né guerra” legittima la violenza dei regimi arabi nei confronti delle proprie società e consolida i movimenti islamici sempre più influenti in quanto i dirigenti locali, incompetenti e autoritari non hanno altro obiettivo che conservare il proprio potere. Così risulta evidente perché la confraternita dei Fratelli Musulmani, fondata negli anni Venti da Hasan al-Banna per combattere l’occidentalizzazione dei costumi e della cultura egiziani esplode soltanto in questo inizio di secolo quando s’interrompe ogni forma di dialogo con quello stato straniero insediato, in mezzo a loro, e che si presenta come avamposto dell’Occidente. Oggi Hamas rilanciando con l’azione armata di Gaza il pensiero unico islamista di nuovo azzera ogni possibilità di dialogo. Con la tacita benedizione del presidente Bush. Perché in Iran dopo l’ascesa politica del «partito dei militari», coronata dall’elezione presidenziale dell’ex pasdaran Ahmadinejad, l’obiettivo non è più, come in passato, l’esportazione della rivoluzione islamica quanto la leadership di un fronte antioccidentale, antiamericano e antisraeliano, che permetta al Paese di diventare potenza regionale egemone in Medio Oriente e influente in Asia centrale. Da qui i durissimi attacchi di Ahmadinejad a quello che definisce il «mito dell’Olocausto»; il sostegno politico-militare ai «confratelli» di Hezbollah nella guerra con Israele durante la lunga estate del 2006 e quello finanziario ad Hamas. Soltanto un anno fa, il capo dell'ufficio politico di Hamas, Khaled Mash’al, volò da Gaza a Teheran alla ricerca di quei finanziamenti che Europa e Stati Uniti avevano sospeso fino a quando Hamas non avesse dichiarato di rinunciare alla lotta armata e di accettare il diritto all'esistenza dello Stato di Israele. Quella visita evocò tra gli analisti il più cupo degli scenari poiché essi vi individuarono il primo passo concreto di un'alleanza organica fra l'Iran degli ayatollah e l'Autorità nazionale palestinese guidata da Hamas. Se gli analisti hanno visto giusto perché Washingthon continua a ripetere gli stessi errori da quando finanziò e addestrò Al Qaeda contro l’Urss, in Afghanistan? L'ex responsabile della sicurezza nazionale Brzezinski spiega che l'attuale strategia di Bush in Medio Oriente è il blame and run, incolpa gli altri e scappa. Incolpa Teheran, Hamas, Hezbollah, la stessa l'Europa, pur di ritirarsi senza ammettere gli errori che sono suoi. Tuttavia continua a ripetere che, “compito degli Stati Uniti è di promuovere la democrazia nel mondo, anche in luoghi che non sembrano troppo ospitali”. Con il risultato di ricondurre il conflitto mediorientale alla dimensione di quarant’anni fa, quella della lotta di due civiltà che rivendicano la Terra santa. E senza che alcuno tra i potenti gliene imputi colpa. Vincenzo Maddaloni www.vincenzomaddaloni.it

COMMENTA