337 utenti


Libri.itICOSACHI E CAPPUCCETTO GIALLO CON LE STRISCE CATARIFRANGENTIAMICHE PER LA VITA - Nuova edizioneTILÙ BLU VUOLE BENE ALLA SUA MAMMABIANCO E NEROTILÙ BLU VUOLE BENE AL SUO PAPÀ
Emergency

Fai un link ad Arcoiris Tv

Fai un link ad Arcoiris Tv

Utilizza uno dei nostri banner!












Lettere ad Arcoiris

inviaci le tue opinioni, riflessioni, segnalazioni

Per inviare un lettera ad ArcoirisTV, riempi i campi sottostanti e clicca su "Invia". Se è la prima volta che scrivi, riceverai una email con un link ad una pagina che dovrai visitare per far sì che le tue lettere vengano sempre pubblicate automaticamente.

Informativa privacy

L’invio della "Lettera ad Arcoiris" richiede l’inserimento del valido indirizzo email del utente. Questo indirizzo viene conservato da ArcoirisTV, non viene reso pubblico, non viene usato per altri scopi e non viene comunicato ai terzi senza il preventivo consenso del utente.

maggiori info: Privacy policy

11 Maggio 2007 18:36

IL DISAGIO E I SUOI DERIVATI

1185 visualizzazioni - 0 commenti

di LAURA TUSSI

IL ?CASO? DI DISAGIO Il Disagio e i suoi Derivati di LAURA TUSSI Disagio sovraindividuale La classe dimostra scarso interesse e patente abulia relazionale e cognitiva verso ogni proposta didattica innovativa e propositiva che scade inesorabilmente nel rifiuto e nell?avversione totali verso l?impegno di studio e di metodo. L?idea di impegnarsi con assiduità su un copioso numero di verifiche variegate nel contenuto e nelle modalità di svolgimento viene respinta per la scarsa volontà, per l?immotivato zelo nell?agire a favore di forme di gioco monotone, stupide e dettate dal bieco consumismo dei mezzi di comunicazione di massa che denota in modo evidente un basso tasso di valorialità personale pressochè incentrato sull?estetica, per le ragazze, e sul principio di forza, per i ragazzi. La proposta di percorsi didattici di contenuto educativo valoriale veniva respinta in nome di emblemi e simulacri di personaggi ben più importanti da perseguire e da innalzare a idoli del momento, di uno spaccato di classe povero di idee, banale negli interessi dove un certo tipo di consumismo fondato su meccanismi mercificatori biechi fa presa per la futilità, la vacuità e l?inanità dei messaggi la cui fruizione non implica per niente un cospicuo investimento di energia intellettiva. Tale disinteresse per pratiche metodologiche, didattiche, di contenuto, di riflessione ed il rifiuto verso un impegno intellettivo, collegiale basato sul confronto, il dialogo e l?interscambio costruttivo di opinioni ingenerano sempre individualismo, opportunismo e disinteresse verso l?altro, in tutte le accezioni di alterità, implicanti differenze, divergenze e diversità, per cui il ragazzo non attribuisce, secondo un?ottica di ottimismo esistenziale, senso e significato al mondo, alla realtà nella relazione con l??altro e con tutti gli ?altri?. In queste situazioni i genitori non sanno intervenire, ma si arrogano il diritto di sapere, di potere, di essere in grado di risolvere la situazioni con interventi incoerenti, impertinenti e soprattutto incompetenti, creando ulteriore confusione e difficoltà. L?avvenimento di crisi, di rottura, di separazione e volontà di presa di distanza dalla personale professione (disagio dell?educatore) si è manifestato con la completa e assoluta incapacità di gestire una classe estremamente vivace, ineducata e alquanto disagiata. Non è stato solo un momento o un evento di sconforto e perdita di fiducia nelle personali competenze e capacità, ma una catena di avvenimenti che hanno messo in discussione le parti del ruolo di docente. Non credevo più nel valore e nell?importanza della trasmissione del sapere alle giovani generazioni, in quanto la mia esperienza è stata messa in discussione da atteggiamenti sconfessanti, distruttivi, lesivi, egocentrici e catalizzatori verso determinati atteggiamenti favorevoli nei confronti di elementi leader interni al gruppo classe. La catena di eventi si è evoluta in senso negativo e nella mia decisione di scegliere un?altra scuola. Le questioni chiave che si presentavano consistevano nella scarsa accettazione della sottoscritta e scaturivano dal confronto con l?insegnante precedente e la completa assenza del supporto dei colleghi, del consiglio di classe stesso e del dirigente scolastico. Il presente dell?azione si riproponeva e si ripresentificava sempre più alienante e terrificante ogni mattina, ingenerando in me sfiducia, smarrimento, perdita di coscienza del ruolo e abbandono della fiducia nelle personali capacità, il tutto trasposto in un ?presente critico? che mi sfidava quotidianamente. Da questa esperienza traumatizzante rispetto alla fiducia della costruzione di una mia professionalità, ho appreso la necessità di pensare l?azione formativa nella sua posteriorità, ossia riqualificare il valore futuro dell?agire educativo, come sostiene Donald Schön nel saggio ?Per una nuova epistemologia della pratica professionale?. Disagio individuale Francesco è un preadolescente carismatico all?interno del gruppo classe. Il disagio del ragazzo presenta fattori di esistenzialità come la difficile ricerca di un?identità che trova nell?identificazione con i supereroi della lotta libera con conseguente immedesimazione ed emulazione della pratica violenta che si ritorce anche sui compagni stessi. La forza fisica diviene la compensazione ad un insuccesso scolastico sconfortante da cui deriva un?insoddisfacente immagine di sé. L?interiorità del ragazzo si proietta costantemente su figure vittoriose di supereroi e si confronta con una realtà veritiera e spesso conflittuale, opprimente e frustrante, come quella della scuola e dei pari. In una realtà di pattualità e negoziazione il supereroe presenta un senso di mancata realizzazione e una sensazione di inadeguatezza perché la forza e la violenza non hanno campo dove prevalgono il dialogo, il confronto, la ragione della condivisione. Sussistono probabili origini nella sfera famigliare e affettiva, in quanto il padre del ragazzo ha dichiarato di aver vissuto un?infanzia molto difficile, travagliata e contaminata di espedienti per sopravvivere. Entrambe le situazioni (padre e figlio) manifestano un difficile percorso di conquista di autonomia e di paura di crescere, rifugiandosi in un infantilismo aggressivo e superomistico e immedesimandosi nel boss o nel supereroe di turno propugnati dalla televisione. Si avverte un eccesso di delega o procrastinazione delle scelte importanti, come il cambiare i propri atteggiamenti al fine di conseguire un auspicabile successo scolastico, che sancirebbe il passaggio, la transizione più o meno metaforica ad una condizione di maturità tanto agognata, in seguito ad un?adolescenza vissuta in modalità davvero problematiche, che hanno comportato disagi a genitori, insegnanti e al ragazzo stesso che intimamente matura un sensazione di inferiorità dettata dai continui e ripetuti insuccessi scolastici. Francesco esercita poteri di comunicazione, di controllo, di influenza non positivi e poco costruttivi, incentrati a volte all?azione violenta che dissemina incomprensioni, angherie e soprusi all?interno delle dinamiche interrelazionali. Il ragazzo presenta comunque a tratti stimoli all?apprendimento e alle procedure didattiche con volontà ed impegno a livello cognitivo dimostrando acume intellettivo. Francesco quest?anno intraprenderà un percorso di laboratorio autobiografico focalizzato sulla narrazione di sé e della propria storia di vita e di formazione, al fine di tentare un recupero del suo vissuto di disagio ingenerato ed accresciuto da un provvedimento di bocciatura che ha costituito un incidente critico, traumatico e insanabile nella vita scolastica e comportamentale di Francesco. Il disagio invisibile e le dinamiche relazionali del gruppo classe Il concetto di disagio e i suoi indicatori Il disagio adolescenziale rappresenta ed interpreta un passaggio di transizione esistenziale verso un processo di autonomia ed un percorso di progressiva emancipazione dalle figure cardine della prima infanzia, non privo di arresti, di stasi, di drammatici regressi e rifiuti di crescita tramite trasgressioni, sconfessioni di norme e criteri precostituiti e confutazioni di punti di vista più o meno imposti ed impositivi. La percezione di inadeguatezza adolescenziale comporta la volontà di superamento dei modelli della fanciullezza, dei suoi affetti, delle sue norme, dei suoi tabù e divieti, ma anche degli agi, cercando, in opposizione, i continua apicali del rischio, della sfida contro qualsiasi tipo di ostacolo. Comunque rimane aperta la questione dell?indagine del disagio sia attraverso le dinamiche dell?attore, sia nelle modalità del sistema, sia nei fattori e negli indicatori dell?ambiente. Anche alla luce del tirocinio che sto conducendo di carattere ?riabilitativo? rispetto a un disagio straordinario di cui si conoscono solo in parte le cause, sembra opportuno trattare di tematiche affini. Risulta interessante osservare come l'azione di incentivo alla stima di sé, anche tramite la modalità del conseguimento di risultati positivi a scuola, influenzi anche le dinamiche del gruppo classe (Palmonari) e come subentrino forme di compensazione all?insuccesso scolastico quali lo sport, l?altro sesso, la popolarità, l?aspetto esteriore, ossia incentivi e stimoli di riscatto per la perdita di stima nei confronti dell?ambito didattico, disciplinare e quindi della sfera cognitiva del pensiero, che riflette una forma nota di disagio ordinario. Molti ragazzi compensano le carenze più prettamente didattiche con altri tipi di intelligenza in una volontaria forma di riscatto tramite altre abilità, (ossia ?Le intelligenze multiple? di cui tratta Gardner) pur consapevoli dell?esplicitazione palese di un disagio, anche se costruttivo, creativo ed emancipatorio, spesso vivendo un?inadeguatezza ed una labilità comportamentale che, se non risolta o integrata, può sfociare in manifestazioni tipiche di devianza. Quest?ultimo concetto in sociologia non è ancora apertamente trattato, perché può essere fuorviante. La devianza rappresenta l?esito più drammatico del disagio e risulta sottesa a modelli integrazionisti, conflittualisti, e di interazionismo simbolico. Il disagio e più marcatamente la devianza costituiscono l?esito non scontato dei processi di adattamento e socializzazione. Quando si formulano ipotesi di percorsi e progetti di integrazione si esamina la questione ?disagio?, soprattutto nella relazione tra insegnante e allievo, dalla cui realtà si ricava un concetto empirico di disagio. In una definizione analitica si possono sottolineare alcuni concetti relativi al fenomeno disagio, quali, ad esempio, l?ambiente e le modalità di interazione tra più soggetti, le cui caratteristiche determinano il grado di ?malessere, insofferenza e sofferenza nell?ambito esosistemico ed intrapsichico?, secondo un?accezione biopsicosociale, causati dall?appartenenza etnica, da quella religiosa, dalla localizzazione geografica, dall?età, dall?occupazione, dalla collocazione socioeconomica e dai vari retroterra culturali: questi sono gli indicatori base che determinano e definiscono il problema del disagio. Altri fattori determinati nel delinearsi situazioni di disagio consistono nel livello di salute, nel grado di istruzione, nella conoscenza della lingua d?acquisizione e nelle relazioni interpersonali, mentre le cause più diffuse di malessere identitario, vale a dire di inadeguatezza esistenziale e disagio sono costituiti da traumi, da iniziazioni, deprivazioni o privazioni e da perdite. Le conseguenze del disagio consistono in mancanza di affetti, in sofferenza, nel conflitto e nell?insoddisfazione. Il modello di disagio che si può presentare come spia del malessere diffuso nella società è quello specifico scolastico, che si presenta con sintomatologie eclatanti e conclamate o può presentarsi in sordina privo di sintomi evidenti. Il malessere, l?inadeguatezza, la sofferenza manifestate dalle varie forme di disagio possono essere percepite e condivise sia dall?educatore che dai soggetti portatori di difficoltà esistenziali, spesso a livello cognitivo, comportamentale e psichico, per cui si può ascrivere il fenomeno sia nell?ambito patologico sia nell?alveo della tanto agognata normalità e ricercata maturità. La riuscita e la dispersione scolastica Alla luce del tirocinio che sto svolgendo con Francesco, sembra alquanto opportuno considerare i concetti di riuscita e dispersione scolastica, poiché il ragazzo in questione spesso manifesta palesemente perplessità circa il proprio ruolo di studente e dichiara apertamente di volere intraprendere un?attività lavorativa, di qualsiasi tipo, purchè lo tenga lontano dal mondo scolastico. L?educational attainment, ossia il conseguimento di un titolo educativo presenta un carattere ?macro?, in quanto rappresenta una misura che descrive tutti coloro che hanno svolto un percorso didattico ed hanno conseguito un titolo, vale a dire il conseguimento educativo. Oltre questo parametro d?indagine sociologica subentra il concetto di successo formativo, ossia l?educational achivement che fornisce dati indicatori quali la difficoltà di monitoraggio della presenza di stranieri e i problemi nel considerare il livello d?età scolastico retrocesso a livelli inferiori, misurato in termini di voto e media scolastica. L?osservazione dei dati relativi al conseguimento educativo ed al successo formativo permette di quantificare il livello di dispersione scolastica accentuata da vari fattori quali la bocciatura, gli esami di recupero (debiti), le passerelle e quindi l?accentuazione di un percorso formativo irregolare. La dispersione scolastica è un fattore proporzionale allo scarso rendimento scolastico. Il rendimento rappresenta il risultato della capacità di valutare lo studente, il ragazzo, in base alla quantità di risorse impegnate e in rapporto all?obiettivo preposto. Dunque il rendimento che influenza la dispersione scolastica in modo inversamente proporzionale, risulta influenzato da diversi fattori quali le risorse individuali (quoziente intellettivo), risorse caratteriali e la quantità di interessi e rapporti interrelazionali. Fattori importanti nel rendimento sono le risorse contestuali, come le risorse culturali, economiche, sociali ( per esempio la conoscenza e la frequentazione di persone adulte tramite gruppi organizzati in associazioni sportive o culturali e in attività ricreative e creative). Altre risorse menzionabili sono quelle didattiche, di genere ( in quanto l?appartenenza sessuale può pesare a livello di prestazioni e quindi di rendimento), l?età (non discriminante per la buona riuscita scolastica), lo status economico di provenienza e lo status socioculturale (la famiglia d?origine). Quindi la riuscita scolastica consiste nella fase finale di una serie di fattori che interagiscono tra loro in modo molto coeso, quali lo status d?origine, i significati attribuiti alla frequenza scolastica, l?ambiente e il clima scolastico, le scelte personali, le aspettative per il futuro, l?immagine del proprio avvenire. Dinamiche relazionali del gruppo classe Le differenti tipologie di dinamiche di gruppo sono assimilabili ai più comuni modelli di socializzazione: funzionalista, conflittualista e interazionista-comunicativo. ?In una visione interazionista dei rapporti sociali, che si fa risalire all?approccio della fenomenologia sociale di A. Schutz e dell?interazionismo simbolico, l?integrazione è soprattutto coordinamento comunicativo in vista dell?intesa. La società non è una struttura di funzionamento né è determinata da leggi storiche sulla base di interessi umani prevalenti, bensì è vista come il prodotto delle interazioni tra i suoi membri? (Cfr M. Colombo). Spesso si riscontrano difficoltà nella comprensione dei rapporti interrelazionali ed intrapersonali assunti dai componenti di una classe scolastica. Per questo motivo è interessante approfondire gli studi e le osservazioni relativi alle dinamiche di gruppo, indagate dallo psicologo Palmonari. La definizione del concetto di gruppo implica la coesistenza di diversi fattori interagenti, quali le dinamiche relazionali, l?interesse per obiettivi comuni, l?identità, l?interazione. Secondo Merton, il gruppo consiste in un insieme di persone che interagiscono in modo strutturato da modelli e che sentono di appartenere al gruppo stesso, dal momento che sono considerati dagli altri come membri del gruppo. Sussistono tre dimensioni, tre livelli e tipologie di appartenenza al gruppo, di carattere cognitivo (sapere che si è del gruppo), di tipo emotivo ( senso di identificazione e passione), livello valutativo (un gruppo circoscrive una unità, ma la colloca in un contesto). Tali dimensioni gruppali che appaiono strutturate, coese e solide costituiscono, in realtà, presupposti delle frequentazioni adolescenziali, che invece si manifestano con caratteristiche labili ed aleatorie, perché nel giovane vi è la necessità di cambiare continuamente gruppo per trasformare un?identità in evoluzione. La personalità modale è il carattere maggiormente condiviso dai membri del gruppo, tramite una funzione strumentale, ossia orientata al compito con modalità espressive e volta alla pratica di sé. Le dinamiche gruppali si presentano secondo modalità coesive, di integrazione e distruttive, disintegrative. Possono subentrare anche modalità evolutive, orientate ad un fine, ad uno scopo nobile e creativo, potenzialmente ingeneratrici di dinamiche di individuazione ed autonomia, per far scaturire il super-io del gruppo, vale a dire il concetto di ?noità?, l?entità di gruppo. L?espressione gruppale si identifica attraverso diverse funzioni quali la comunicazione verbale o non verbale tra i membri del gruppo e tra gli stessi e l?esterno, la funzione di potere, il controllo e l?influenza, caratteristiche incarnate soprattutto nella leadership che possiede ed esercita le maggiori potenzialità di influenza, guidando il gruppo verso un?azione, uno scopo, una finalità potenzialmente positivi o negativi. All?interno del gruppo si delineano posizioni come la maggioranza che esercita il potere di persuasione, mentre la minoranza può aumentare il livello di scontro anche con il potere di veto. All?interno di una dinamica tra maggioranza e minoranza, se la minoranza si ritira ingenera ostruzionismo, mettendo in ostacolo l?azione. Il gruppo di pari come il gruppo classe presenta una relazione interna al nucleo e continuativa, fondata sulla condivisione di esperienze, di interessi e valori. I gruppi presentano tratti comuni, quali la provenienza sociale, la condizione scolastica, l?aspetto estetico, il linguaggio, le modalità interattive, lo stile comportamentale e le rappresentazioni sociali. Il gruppo classe si distingue per eterogeneità dal gruppo dei pari che è invece omogeneo. ?L?esperienza scolastica si può considerare la base reale sulla quale si vengono a strutturare non solo le competenze dei giovani, ma anche gli atteggiamenti verso il futuro, le scelte lavorative, l?integrazione sociale in senso lato? (Cfr M. Colombo). Nei gruppi di adolescenti sussistono funzioni fondamentali analizzate in particolar modo dagli studiosi Lutte e Coleman, quali lo status simbolico autonomo riconosciuto dal gruppo intero, come per esempio il gioco sessuale. Le discriminazioni sociali esercitano una funzione basilare come lo sviluppo della competenza sociale che stimola la capacità di capire in che modo giostrarsi rispetto alle valutazioni degli altri. Nei gruppi di pari sussistono discriminazioni come il razzismo etnocentrico, in quanto l?eterogeneità spesso spinge e facilita i processi discriminatori, tramite meccanismi gerarchizzanti nel gioco della distanza sociale, in cui le diversità fisiche sono più tollerate delle differenze culturali e sociali. Il ruolo dello studente. Gli atteggiamenti e le modalità relazionali dello studente all?interno del contesto scolastico dipendono dal ruolo dell?insegnante. Il rapporto di insegnamento deve essere intriso di un clima di benessere, in quanto il ragazzo dovrebbe ideare e immaginare una versione ideale dell?insegnante (come per esempio l?idealizzazione della maestra da parte del bambino). Spesso nella relazione con il docente si avvertono anche involontarie differenze di trattamento, al contrario nei confronti del ragazzo occorre porsi in un atteggiamento coerente all?interno di un ruolo equilibrato, esercitando la cosiddetta giustizia distributiva per cui l?insegnante esercita un ruolo universalistico e pubblico (Palmonari; Piaget) per ottenere riscontri positivi caratterizzati da equilibrio nei confronti del ruolo dello studente, che così potrà dimostrare le autentiche qualità, probabilmente in parte già percepite dall?insegnante. Secondo un?ottica funzionalista, Parsons sosteneva il concetto di studentità, vale a dire la studentry in cui l?allievo doveva raggiungere uno status comportamentale con modalità adulte, dimostrandosi responsabile, capace, non dipendente dalle azioni altrui, allo stesso tempo imparando a competere in modo costruttivo, anche mettendosi in gioco sul controllo degli istinti e degli affetti, istanze considerate ?lealtà primarie?, per approdare a ?lealtà nuove? di fiducia e solidarietà. In vista di tali atteggiamenti e comportamenti maturi, lo studente potrà relazionarsi anche con i livelli gerarchici dell?entità scolastica, secondo una differenziazione funzionale, ossia un utilizzo di ruoli e modalità relazionali a seconda delle funzioni e dei ruoli gerarchici rispetto a cui si orienta e si imposta la propria evoluzione cognitiva ed affettiva. Lo studente, soprattutto se maturo, adotta diverse modalità nell?assunzione del ruolo di tipo razionale o irrazionale, personale o impersonale, orientato a sé o alla collettività, universalistico, ossia dedicato all?andamento generale del contesto esosistemico, anche in relazione ai rapporti gerarchici, o particolaristico, ossia orientato verso la riuscita personale, al proprio studio, quello necessario, senza esternazione e divulgazione dei contenuti e dei valori acquisiti. Il rendimento scolastico rappresenta un gradiente di osservazione rispetto al livello di adeguatezza, di inserimento, di disagio dello studente nei confronti dei rapporti con la classe e con il docente. Il rendimento scolastico rappresenta una modalità emancipatoria grazie a cui è possibile conquistare una dimensione universalistica, mediatrice, collaborativa con la gerarchia scolastica, per raggiungere un posizionamento gerarchico. Questo argomento si presenta come importante per la comprensione del comportamento dello studente e del suo ruolo, ma ritengo maggiormente necessario considerare il soggetto studente nell?ambito di un gruppo classe, in un?ottica sistemico-relazionale e interazionista rispetto a determinate dinamiche, in un contesto di pari che sviluppa interrelazioni spesso problematiche. Penso sia più efficace studiare il soggetto in un contesto plurimo a carattere sistemico relazionale, piuttosto che individuarlo secondo una visione funzionalista, come una monade, ossia come un singolo, avulso dall?ambiente esosistemico ed interazionista. Il colloquio tra insegnante e genitore. Il colloquio con il genitore avviene con la modalità per cui l?insegnante comunica al genitore che il figlio/allievo è portatore di una problematica. Il genitore avanza scuse, giustificazioni e a volte accuse, spesso, a ragion veduta, respinte dall?insegnante. Questi fattori fomentano nel genitore l?ansia di liberarsi dalla preoccupazione di essere un cattivo educatore, in un senso di colpa inflazionato dalle proiezioni verso l?insegnante. Da questo teatro di botta e risposta emerge il gioco di proiezioni tra messaggi inviati e giunti a destinazione, effettivamente pronunciati e posti in campo e automessaggi, vale a dire una serie di autoaccuse o autoconvincimenti, riflessioni introspettive e giustificazioni. I momenti più critici del rapporto con il genitore sono la cattiva valutazione e la segnalazione. La famiglia denuncia una scarsa attenzione da parte della scuola e un?assenza di risposte alle esigenze dei figli per le difficoltà di comunicazione e osservando discrepanza tra le finalità educative. Ritengo questa parte di modulo molto interessante, ma penso che attualmente i genitori siano effettivamente troppo presenti ed intrusivi non solo nella vita dei figli, ma soprattutto nel mondo della scuola, intromettendosi soprattutto nelle questioni didattiche e a volte nelle modalità educative degli insegnanti, dimostrando una mancanza di obiettività nella valutazione del sistema scolastico e nel ruolo del docente, che spesso viene screditato e svalutato dal genitore stesso. Occorrerebbe passare da una scuola delle vacue e labili pretese ad una scuola che valorizzi le attitudini, le capacità, le particolarità, le diversità, delle differenti parti interagenti. Occorrerebbe una visione globale d?insieme che valorizzi l?ampia gamma di diversità ed entità divergenti e interagenti, che metta in luce e rivaluti le poliedriche sfaccettature dei molteplici punti di vista senza i quali non potrebbe avere luogo la comunicazione e non si potrebbe avvalorare una costruzione di senso e di significato creativi. Il disagio nella citta? degli interessi contro l?eta? delle passioni Il senso di colpa e la vergogna: elementi psichici freudiani al vaglio del nostro tempo Elaborato personale dell?incontro della serie IL DISAGIO INVISIBILE con Silvia Vegetti Finzi e Fulvio Scaparro presso la CASA DELLA CULTURA di Milano, novembre 2004 Sembra assurdo trattare del disagio invisibile di fronte a queste manifestazioni visibilissime di malessere (i suicidi, il caso Parini). Prevenire il disagio è difficile soprattutto nella città degli interessi, come Milano o come altre grandi città. Infatti Milano è al primo posto della produttività della Nazione. Produrre tanto, costa molto caro, non soltanto in termini economici, nel senso che Milano è la città più costosa del mondo e noi donne sappiamo quanto costi il lavoro femminile, ma anche in termini di relazionalità famigliare, difficoltosa anche per quanto concerne la qualità di vita. Sembra una città senza sogno che vive il suo disagio privata di speranza nel cambiamento del futuro, senza capacità di trasformarsi e potenzialità di rinnovamento. Milano paga in termini costosi questo eccesso di produttività oltre il limite della qualità della vita. Il fatto più rilevante è la mancanza di tempo, l?impossibilità di dialogo con i figli; occorre sempre l?occasione giusta, perché la vita di un ragazzo non può essere riassunta a fine settimana. Adesso i ragazzi non sanno più spiegare il tipo di lavoro, l?impiego del proprio genitore, la cosiddetta new economy non è raccontabile e quindi è venuto meno questo filo rosso di passaggio tra le generazioni, di scambio della visione del mondo attraverso il racconto, la narrazione, giorno per giorno, anche della confidenza dei problemi lavorativi. Così compare una famiglia breve, di poche parole e di vacue speranze. Si dice che i giovani non hanno valori come sostiene il giudice del tribunale per i minori Livia Pomodoro, perché questa è una società che non desidera e non protende a valori alti, a ideali e idealità con un minimo d?orizzonte d?attesa, pochissimo respiro utopico, senza un mondo ideale al quale tendere e quindi anche i valori rimangono testimonianza dello stile di numerose famiglie, con una modalità quotidiana di porgersi, di atteggiarsi, priva di grandi valori da trasmettere, perché dopo il crollo delle grandi ideologie che hanno contraddistinto il secolo scorso, rimane ben poco da porgere in termini di idealità. Si tratta dunque di procedere a vista, di parlare dei problemi di breve durata, di dare esempi di buon comportamento, chiedendo poi ai ragazzi di disegnare una propria soggettività, al di fuori degli schemi della tradizione, perché gli stampi tradizionali di formazione della personalità sono andati distrutte. La mancanza di un?identità generazionale e di un?appartenenza al collettivo vengono meno per l?assenza di momenti di aggregazione, quindi occorrerebbe trovare altri percorsi per la produzione della soggettività, diversi da quelli della tradizione che non valgono più. Così i giovani sono chiamati ad un compito creativo, di generazione e creatività di sé che non è da tutti, perché occorre possedere dei talenti, delle passioni, degli interessi, perché attribuiscono identità al soggetto. Il problema di un educatore è scoprire nel ragazzo i suoi punti di forza, i suoi piaceri, le propensioni, le predisposizioni, il talento, i desideri, il piacere e tutto questo è estremamente aggregante, può diventare quell?elemento intorno a cui si coagula l?identità creativa stessa. Tale processo di personalità autogestita, creativa, mitopoietica dove in fondo ogni ragazzo deve forgiare la sua figura, il suo mito personale, si scontra invece con l?investimento totale della famiglia sulle presunte abilità e i molto reconditi talenti giovanili. Chi riceve la proiezione dell?immaginario altrui si sente gravato anche perché proprio nella costruzione di sé, come atteggiamento riflessivo, porta dentro implicitamente il modo con cui gli altri lo percepiscono e le richieste che gli altri gli pongono e impongono. Subentra il pensiero onnipotente in un?oscillazione ossessiva che tende da un polo di impotenza, a un polo di onnipotenza in cui ?tutto subito? è possibile ottenere. In tutto questo manca il procedimento riflessivo, l?autoriflessione, quello che Bion chiama il ?punto zero? in cui l?oscillazione di potenza si stabilizza, si ferma, aspettando un equilibrio. Ma nella famiglia comune il tutto risulta molto vorticoso, le richieste e le pretese insistenti, in un incalzare ossessivo e continuo di rimproveri, per cui il punto riflessivo, il punto fermo non si incontra mai. Si avverte questa accelerazione continua delle richieste altrui che in fine vengono interiorizzate quali pretese e fatte proprie. La vergogna è una delle più antiche forme di costruzione dell?identità personale collettiva. La morale occidentale si forma sulla vergogna, diversa dalla colpa, perché colui che ha trasmesso una trasgressione anche se compiuta non intenzionalmente, nel mondo arcaico è ugualmente colpevole perché ha danneggiato la collettività portandovi il miasma, il male, la malattia, che è diventato male della collettività. Come Edipo deve abbandonare Tebe per colpa sua infestata dalla peste. La colpa con il cristianesimo diventa interiore, si interiorizza progressivamente nel ?senso di colpa? di cui citava Freud. Esiste un processo di progressiva interiorizzazione del mondo (Freud). Quello che una volta era esterno, viene introiettato progressivamente. La colpa è diventata un?istanza psichica di cui si risponde di fronte al super-io. Ai tempi di Freud la colpa si riassume nello schema edipico e il super-io trasmette un divieto a cui il soggetto risponde con la grande induzione, con l?interdizione assoluta dell?etica antica, con il divieto ancestrale del ?Io non devo!?. La famiglia contemporanea è invece più permissiva, più morbida, più ammissiva, molto meno conflittuale. Gli ultimi conflitti sono stati quelli intergenerazionali della contestazione studentesca, ma dopo questo i rapporti si sono come pacificati. Quindi all? ?Io non devo!? è subentrata un?altra forma di autointerdizione, che è ?Io non posso!?, ossia non ce la faccio a rispondere ai desideri, alle aspettative, ai voti dei genitori, con un senso di inadeguatezza, di inanità, di sconforto da parte dei ragazzi che molte volte rinunciano alla contesa, all?affermazione di sé, proprio per mancanza di autostima, per stanchezza, perché sono stati posti di fronte a compiti impossibili, in cui la vergogna si è trasformata in senso di inanità, di malessere, di inadeguatezza, appunto di un disagio spesso invisibile. Occorre rivalutare il senso di vergogna come istanza del limite alle pretese imposte, come un punto fermo del buon senso orientativo verso le scelte, di un saper essere, più che di un saper fare onnicomprensivo ed onnipotente, la vergogna quale significato della realtà interiore che permetta ancora di stupirci, anche se non più adolescenti, di cercare, di credere, di idealizzare, di costruire l?identità pur tenendo presente il confine culturale tra noi e l?altro. LAURA TUSSI

COMMENTA