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4 Ottobre 2006 14:20

Lettera di Miragoli a Fausto

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di Lettera firmata

29.9 Caro Fausto, secondo me bisogna avere poche idee, ma quelle poche il più possibile chiare. Io non solo ne ho poche, ma pochissime. Te le scrivo con tutti i limiti dello schematismo e quindi il rischio del fraintendimento. 1. A mio avviso il problema del celibato facoltativo sarà risolto fra non molto tempo (intendo tempo "ecclesiale" che non è come quello biblico, ma quasi). In ogni caso sarà risolto nella sede istituzionale appropriata che, piaccia o no, è la chiesa di Roma. Del resto è da Roma che venne imposto ai preti cattolici occidentali (non sto a ripetere le mille cose che tutti sappiamo). Ergo e Roma che deve risolvere il problema. Sappiamo anche come e perchè risolve i problemi: accogliendo e digerendo (dopo ruminazione, passaggio dall'omaso all'abomaso ecc. ecc.) le istanze che vengono da più parti. Fu così per la riforma liturgica, fu così per l'adozione del metodo storico critico nell'esame della Scrittura, fu così per i dogmi...fu sempre così. Se gli scolastici diceva che natura non facit saltus, possiamo dire la medesima cosa della storia. Il nostro problema è hic et nunc. Hic et nunc vi sono migliaia di preti che si sono sposati e suore che hanno lasciato il convento. Hic et nunc vi sono non sappiamo quanti preti che hanno una relazione che vorrebbero sfociasse nel matrimonio, ma temono per il loro futuro, per come vivranno, per lo scandalo e forse anche di andare all'inferno (dopo morti,s'intende). Penso che i preti sposati (cioè coloro che hanno lasciato il ministero per fare il gran salto) se possono debbono sollecitare i Pastori a considerare questi casi, non omettendo di studiare forme migliori di servizio sacerdotale. In questa enorme congrega di preti sposati in diaspora o quasi vi sono modalità di approccio al problema fra le più disparate. Vi è chi vorrebbe avere la parrocchia ancora come prima, con la casa parrocchiale, celebrare messe, funerali e matrimoni con la moglie accanto. Vi è chi vorrebbe una chiesa non più gerarchica e metterebbe volentieri una bomba in Vaticano. Vi è chi rifiuta ogni tipo di educazione e spiritualità ricevuta negli anni di seminario e praticata per qualche anno quando era nel ministero attivo. E potrei continuare con altre sfumature. Il problema è che non si è mai riusciti a trovare una posizione comune sulla quale fare gruppo e - lasciando perdere le sfumature - lavorare. Ogni volta che si fa qualcosa si ha l'impressione di assistere ad una specie di conventio ad excludendum in cui ha voce chi sa più urlare. Hic et nunc i problemi rimangono. 3. Esplorate varie strade, ti dico come ho deciso di comportarmi io in questi anni. - premesso che non ho molto tempo da dedicare (a causa del mio lavoro abbastanza assillante e di impegni familiari) ho deciso di dividere il mio modus operandi in due direzioni: pratica e teorica. - pratica: cerco di dare una mano a preti e donne in crisi. Sia a chi è nel ministero e vive il problema, sia a chi è uscito, si è sposato e s'è accorto di aver commesso un errore. Come? Paola ed io ascoltiamo, incontriamo, telefoniamo...lavoriamo via mail...cerchiamo di dare qualche indirizzo pratico, aiutare alla ricerca di un lavoro...COme già ti ho detto al telefono il sogno sarebbe quello di poter creare un mini centro d'accoglienza (per me l'idea di Umberto Lenzi della CHIF era stupenda, peccato che sia abortita sul nascere) - teorica: per me va ripensato il sacerdozio ministeriale così com'è e come l'abbiamo vissuto noi. RIpensato non significa che va buttato. Tale impostazione sacerdotale esce dal Tridentino e v'erano ragioni storico-pratiche validissime affinchè le cose s'impostassero così. Non voglio buttare nulla, ma individuare gli orpelli che annebbiano un ministero che non nacque così nella chiesa delle origini. Non dico che si debba tornare sic et simpliciter alla chiesa delle origini, dico che occorrono persone che studino come proporre il prete nel mondo contemporaneo. A volo d'uccello posso dire che a me non manca la casula, la predica, la sacramentalizzazione e se mi venisse proposto di tornare con la mia famiglia nella canonica, penso che rifiuterei. Un teologo emarginato (Boff) ha dei buoni spunti in tale direzione. Altro aiuto viene Drewermann. Severino Dianch ha fatto buoni studi in tale direzione. Sicuramente ce ne sono altri che non conosco (non ho più il tempo di studiare, come una volta). Questa ricerca va continuata, con impegno. Ecco il senso - a mio modesto avviso - di un sito che coordini i preti sposati di tutto il mondo e di una rivista con poche pagine, pochi articoli ,in più lingue, per i preti di tutto il mondo. 4. Ecco perchè penso che gesti come quello di Milingo a mio avviso rompono le uova nel paniere e le uova non sono più recuperabili neppure per fare una frittata decente. Quando ho scritto quello che ho scritto su Milingo, anche se il tono era più giornalisitico, l'ho fatto sulla base di queste convinzioni che ho riassunto. Se molti preti sposati pensano che si debba creare una chiesa parallela, una prelatura nullius o una prelatura personale, a me va bene. Rispetto il pensiero e chiedo il rispetto per il mio diritto a dissociarmi e continuare su un'altra strada. Evidentemente questi preti sono convinti che erigersi a prelatura dia loro un senso di appartenenza ad una struttura, una sorta di legittimazione al loro continuare ad esercitare il ministero sacramentalizzando in cotta e stola. Va bene. Io penso che la strada da percorrere non sia questa. Vorrei continuare, ma mi accorgo che sto annoiando. Ciao a te e tutti Ernesto Risposta di Fausto a Miragoli 29-9 Carissimo; viva la schiettezza! Impossibile non essere d'accordo. Schiettezza per schiettezza, dirò la mia, Tu m'insegni che con papa Giovanni e il Vaticano II si era intrapresa un'altra strada ben diversa dall'attuale. Dobbiamo proprio essere succubi, acquiescenti e consenzienti con il nostro silenzio? Non pesano ancora sulla storia "certi silenzi" costati milioni di vittime? Non sono stati i selvaggi, gli infedeli, i senzadio a inventare guerre mondiali, soluzioni finali, Hiroshima, guerre preventive e giustizie infinite, ma i cristianissimi popoli figli della Chiesa. E? "con le mani" dei cristiani e con l'assenso silenzioso di tutti quanti, che si è potuto realizzare il macello. Per non parlare dell'acqua santa e delle benedizioni ai gagliardetti, ai soldati, ai bombardieri, alle atomiche. Senza ricordare Bonnofer e i pochissimi ?resistenti? (Jagherstatter, i Testimoni di Geova, ecc.). Non sto spezzando un capello in quattro, non gioco di fioretto su quisquiglie teologiche. Potrà sembrare azzardato il paragone! Ma abbiamo mai conteggiato le vittime della storia della cristianità? Per esemplificare, restando nel nostro campo: in nome di quale dottrina infallibile, di quale dogma irrinunciabile, di quale vangelo si è imposto con la persuasione della forza ai preti sposati di abbandonare moglie e figli? In nome di quale infallibilità si è anteposta una norma disciplinare al diritto naturale? Il diritto ecclesiastico può spegnere la voce di Dio che, allora come sempre, grida nella storia degli uomini: "L'uomo non separi ciò che Dio ha unito"? Non serve prendersela con Tizio e Caio, ma con ciò che fa da supporto dottrinale e culturale, perché così non si fa che perpetuare la perseveranza nell?errore. Non ci trovo gusto a sollevare zerbini; non mi crogiolo nelle aberrazioni, di cui anche "gli uomini di Chiesa" si sono macchiati. Non mi scandalizza che anch'essi siano figli di Adamo ed Eva e quindi peccabili come tutti noi. Direi anzi, che anch'essi hanno il DIRITTO di essere tali, quindi di sbagliare e di rimbalzare. Il fatto è che, tranne qualche contraddittoria scusa, qualche rinculo e ripensamento (nella pratica si è continuato a imporre silenzi, defenestrare, sospendere a divinis, scomunicare), l'istituzione non ha mai ammesso le sue "colpe di principio", cioè i suoi errori. Abbiamo paura di essere umani, di pronunciare le parole più umane che esistano e che ci spettano di diritto: "Ho sbagliato"? Mi costa scendere su questo campo. Soprattutto dopo aver assistito, ieri sera, alla visione della macelleria in atto in Afganistan e altrove (RAI 2, Anno Zero, puntata dedicata ai caduti e alle vittime immolate sull'altare della "sicurezza mondiale"). Possibile che nessuno sappia dirci sul conto di chi mettere i 20.000 UCCISI in Afganistan e i 150.000 in Iraq? (Nel ?94 sono stato in Bosnia, ho visto i Kmer Rouge in Cambogia, la guerra Eritrea-Etiopia) Vedi? Non parlo di immagini televisive, di fantasmi, ma di gente con nome e cognome, che ho VISTO sterminare con le armi del mercato globale... Quelle e queste vittime me le sento circolare dentro. Nel corpo e nell'anima. E quando vedo, che quella stessa istituzione, che "predica" salvezza, liberazione, verità, amore, produce vittime e vittime; quando vedo che gli esperti in umanità, coloro che dovrebbero innalzare sull?universo e sulla storia l'UOMO... solo l'UOMO, almeno l'UOMO?; quando vedo che costoro dimenticano di applicare le "tecniche" di quel ?misericordia voglio, non sacrificio", mi viene da dire: tutto il resto, ideologie e religioni, ci hanno illuso e deluso. E allora come si fa a non urlare: ma dove è andato a finire il famoso "Gloria Dei, vivens Homo"? A volte mi chiedo (o sono loro, le vittime, a chiedermelo?): proprio tu, che sei stato quasi un ventennio, in prima fila, sullo scenario degli impoveriti, perché ti perdi in questioni marginali? Poi, scavando più a fondo, mi avvedo che l?istituzione si aggrappa allo scoglio del celibato, perché, se ?cede? lì, se riconosce e ammette di avere assolutizzato un aspetto dell?esistenza umana, deve rivedere troppe cose: corporeità, pulsioni, famiglia, sessualità, procreazione, contraccezione, in una parola, deve rifondare la propria concezione della vita Hai ragione quando dici: "non si è mai riusciti a trovare una posizione comune". Anche qui, fino a quando non riconosceremo, che abbiamo sbagliato anche in certi principi, non solo nei dettagli, non verremo mai a capo di niente. Apro una porta aperta? E sia! Ma vale la pena ricordare, che anche noi siamo vittime (detesto il vittimismo!) di quella formazione per la quale "se il papa è infallibile a Roma, io lo sono nella MIA parrocchia a Canicattì...". Il seminario non è stata una scuola di individualismo e protagonismo? La storia ci trova impreparati, non equipaggiati per affrontare le nuove situazioni storiche, che presuppongono la tolleranza come massima virtù per la convivenza globale, la consapevolezza che la diversità ci arricchisce, che l'accoglienza del diverso è l'unica via all'unità. Ecologia, nucleare, fame non sono le bombe che dovrebbero fare saltare i nostri assoluti, le "nostre" verità, gli etnocentrismi teologici e culturali, i razzismi delle patrie e delle religioni? Chi denuncia il "relativismo" ha mai tentato di mettersi nella pelle di chi non sa se arriverà a sera o a fine mese? Saprà mai cosa si prova a trovarsi su una zattera alla deriva? Per chi muore di denutrizione, di AIDS, di armi intelligenti, di guerre infinite, per forza tutto diventa "relativo". Anche la dottrina, anche l?etica! L?ho toccato con mano. Ma non è ora di relativizzare certe certezze, catechismi universali, teologie esclusiviste? Non è evidente che tutto ciò ha contribuito a relativizzare l'unica cosa necessaria, salvare l'Uomo, tutto l'uomo, anima e corpo, non solo la sua anima? Scusa, mi sono lasciato prendere la mano e il cuore (o la coscienza?) m'ha portato lontano. Là dove il sangue continua a scorrere ed io non posso non sapere, che è lo stesso del falegname di Nazaret. Tornando a bomba. Nonostante atteggiamenti e scelte inaccettabili, provocatorie e controproducenti, non si può lasciar perdere il "Milingate", vanificarlo o liquidarlo con troppo facili condanne. Non può essere una circostanza, un evento che induce ad aprire nuovi discorsi su discipline canoniche, che troppi disastri continuano a fare? Il punto non è il celibato in sé, ma quello che coinvolge (tu stesso lo richiami): una visione diversa di ?popolo di Dio?, di presbitero, ministeri, servizio dell?autorità, ecumenismo, ?la vera religione?, primato della coscienza, ecc. Tu affermi: "Non dico che si debba tornare sic et simpliciter alla chiesa delle origini...". E dove mai potremo trovare una "norma normans" se non nella Parola e nella Prassi Apostolica? Non è certo per caso che il primo "atto" degli apostoli è quello di produrre degli ATTI, appunto! Atti degli apostoli, cioè opere, fatti, stili di vita, non CHIACCHIERE degli apostoli. Stili di vita, che preferiamo lasciare sotto il moggio, obliterare, occultare, perché ci turbano e inquietano. Certo, "occorrono persone che studino come proporre il prete nel mondo contemporaneo". "Come?". E? qui il punto. Come, se viene imposto il silenzio su questo ed altri temi proibiti? Come, se si afferma che il celibato è irrinunciabile, irreformabile per la Chiesa di rito latino, non per il rito orientale? Si potrebbe tener conto di alcuni presupposti: - il celibato non è un dogma, ma una norma non essenziale - i sistemi formativi finora adottati sono fallimentari - i ministeri sarebbero da re-inventare - la chiesa è una comunità-famiglia: tutti figli, tutti fratelli, quindi senza caste, privilegi, maestri, padri, ecc. - la norma di riferimento è la Parola e la Prassi Apostolica. Tu concludi: "penso che gesti come quello di Milingo a mio avviso rompono le uova nel paniere e le uova non sono più recuperabili neppure per fare una frittata decente". Non sarei così drastico e categorico. Se il piatto di portata è sporco, non buttiamo via la pietanza. La storia insegna che la provvidenza si serve perfino di Napoleone, di Garibaldi, di tante altre realtà piccole e meschine (=stoltezza della croce) per fare la Chiesa un pò più evangelicamente povera di beni (soppressione) e di potere temporale (Porta Pia). Applicando al ?Milingate?: l'uso della "forza" (coercitiva e canonica) non dovrebbe essere proporzionato all'offesa? Il ricorso alla forza della scomunica non è un?arma fuori corso dopo l'impulso di papa Giovanni? C'è in ballo un dogma o una norma canonica? La disciplina è un dogma come la Trinità? Quando si arriva a certi estremi non mancano sbavature da una parte e dall'altra. L'importante sarebbe riconoscerle e ammetterle. La ribellione di Milingo non è condivisibile. Ma è, forse, l'ultimo anello di una reazione a catena innescata da incomprensioni, imposizioni, proibizioni, aggravata dai cinque anni di segregazione forzata? Maria Sung non ha parlato a vanvera di violazione di diritti umani, di sequestro di persona? Poi, di eccesso in eccesso, di sfida in sfida siamo arrivati dove siamo arrivati. Un vicolo cieco dove non si ?vede? più né Verità, tanto meno Amore. Scusa lo sfogo, fausto m. Non è certo per caso che le famiglie vanno a catafascio (una su tre), i giovani sono confusi e sbandati, il sessismo dilaga, ?il così è se mi piace?, stravince, il ?falla franca, arricchisci, e fregatene degli altri??, impera.

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