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4 Ottobre 2006 14:19

LA BOMBA MILINGO: È SOLO SESSO?

870 visualizzazioni - 0 commenti

di Lorenzo Tommaselli

È fatta, secondo molti. Milingo, ha varcato la soglia-limite, ordinando illecitamente quattro vescovi. E subito è arrivata la scomunica da Roma. Ne ha combinata un?altra - l?ultima - delle sue oppure, sia pur con maldestra e apparente ingenuità, ha toccato un nervo scoperto, il celibato dei preti, che per l?istituzione ecclesiastica non si deve toccare neanche col pensiero, né ora né mai? Dai media non sono venuti chiarimenti significativi. Esaminiamo ?Primo piano?-TG3 del 26.9 dedicata all?affaire Milingo. In studio, il vice direttore di ?Civiltà cattolica?, p. G. Marchesi, in collegamento dagli Stati Uniti mons. George A. Stallings, uno dei quattro vescovi ordinati e don Giuseppe Serrone, prete sposato e referente italiano del movimento di Milingo. Il gesuita sostiene che ?fin dal III secolo nella Chiesa cattolica di rito latino è iniziata ad entrare la prassi di non sposarsi proprio per poter vivere ? udite, udite! - in pienezza il proprio sacerdozio?. Di grazia, quei preti sposati di rito orientale cattolico, come lo vivono il proprio ministero? Con minore pienezza? Dovranno essere considerati ?figli di un dio minore? o ?di una chiesa inferiore?? Con siffatta premessa, prosegue: ?la Chiesa cattolica di rito latino non ha bisogno del dono dei preti sposati perché il celibato è già il dono più grande che la persona, liberamente e volontariamente, può fare a Dio in Cristo per servire la Chiesa e i fratelli?. E i suddetti preti sposati, ammessi e riconosciuti da Roma, hanno fatto un dono minore a Dio, vista la deminutio della scelta matrimoniale? Ed i semplici battezzati sposati, che vivono ogni giorno lo sforzo di inverare il vangelo nella loro vita sponsale, come si devono sentire? Anch?essi figli di un dio minore, visto che hanno ricevuto un dono più piccolo, magari con qualche traccia dell?antico peccato di concupiscenza? Invitato a tracciare un paragone tra le storie di Lefebvre e di Milingo, dichiara: ?mi sembra di riscontrare un abisso di differenza. Lefebvre, pur proponendo delle idee, diciamo, in forma molto radicale e molto dura, però era sostenuto da grandi valori della tradizione, della liturgia, di una grande spiritualità. Era un uomo integerrimo? Milingo sembra condizionato e mosso da un elemento: il sesso. Questa è la devianza che ha avuto con il matrimonio con Maria? qualcosa nella sua affettività non va??. Ma come? Lefebvre non ha rifiutato un evento di rinnovamento ecclesiale come il Vaticano II, predicando idee insostenibili, che riportavano la Chiesa ai tempi bui delle condanne, degli irrigidimenti dottrinali, dei ?profeti di sventura?? Eppure p. Marchesi lo definisce un pio vescovo, forse un po? esuberante, ma ?sostenuto da grandi valori? ed ?integerrimo?. Milingo, che, nonostante alcune maldestre ed irrequiete fughe in avanti, si è sempre mosso nell?ortodossia tradizionale, viene dipinto come ?un fascio di contraddizioni? (chi non lo è, scagli la prima pietra), un assatanato di sesso, per aver messo in discussione il celibato obbligatorio per i preti di rito latino, istituzione che il nostro dotto gesuita ha avuto la bontà di riconoscere come non derivante da volontà di Gesù, ma da semplice prassi ecclesiastica. E che dire della scomunica costata al papa, secondo p. Marchesi, ?lacrime di sangue?? Lacrime, che si potevano risparmiare per versarle, magari, sulla inopportuna citazione di Ratisbona? Nel 1988 Lefebvre così risponde alla scomunica: ?Parlano di scomunica, ma scomunica da parte di chi? Da parte di Roma che non ha più la fede cattolica. Ci parlano di scisma, ma scisma rispetto a chi, al papa modernista? Un Papa che spande ovunque le idee della rivoluzione? Un papa che ad Assisi confonde tutte le religioni? Non vogliamo essere complici della distruzione della Chiesa?. Perché mai Milingo si dovrebbe dolere più di tanto di essere incorso nella scomunica latae sententiae, quando il suo ?peccato? consiste nel mettere in discussione una norma del diritto canonico, e non, come è capitato a Lefevbre, lo spirito conciliare di apertura al mondo, di cui l?intuizione profetica di Assisi rappresenta il lascito più importante di Giovanni Paolo II? È questa l?integrità di Lefebvre che p. Marchesi contrappone alla dissolutezza ed alla sessuomania del vescovo africano, dovuta al non risolto rapporto tra gli ?spiriti ancestrali della antichissima tradizione africana? e lo spirito buono di guaritore? Purtroppo la trasmissione non ci ha dato le coordinate del problema. Il messaggio veicolato è: ?il privilegio di essere prete? consiste nel fatto che ?ci siamo innamorati di Cristo?. L?essere prete verrebbe considerato un privilegio (non un servizio) riservato a pochi eletti e negato ai cristianucoli di serie B. L?essere innamorati di Cristo precluderebbe ogni altra scelta d?amore, anche se benedetta dal Signore. Ma questo avviene, ribadiamo, solo nel rito latino, perché nella stessa chiesa, spostandosi di qualche latitudine, Dio non mette nel pacco-offerta della vocazione presbiterale il celibato con annessi e connessi. Direbbe Leopardi: ?Non so se il riso o la pietà prevale?. Si abbia, allora, l?onestà di relativizzare il celibato obbligatorio e riconsiderarlo, ma non alla luce di una tradizione ritenuta immutabile o di un diritto canonico, che, in più punti, calpesta i diritti fondamentali dell?uomo. L?unica regula fidei del seguace di Gesù di Nazareth e della comunità, che a Lui si ispira è il Suo Vangelo di liberazione, per tutti, ma proprio tutti, preti sposati compresi. Lorenzo Tommaselli Un cristiano qualunque

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