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9 Maggio 2006 15:41

Lettera aperta di Giovanni Impastato ai figli di Provenzano

920 visualizzazioni - 1 commento

di Giovanni Impastato

Caro Angelo, caro Francesco Paolo, sono stato anch'io ragazzo come voi e, ancora prima di me, lo è stato mio fratello Peppino, che ha pagato con la vita la sua scelta. Siamo tutti figli partoriti dalla stessa mafia. Una mafia che distrugge la vita, sempre, anche quando non lo fa con le armi o con le bombe. Un mafia fatta di uomini che diventano padri e dicono ai loro figli che sono vittime innocenti della giustizia costretti a vivere nascosti come talpe. E la confusione comincia pian piano ad insinuarsi nelle nostre viscere più profonde, ci assorbe il cuore e la mente e la ragione fa fatica a distinguere la verità dalla menzogna. Sono sentimenti che hanno segnato a lungo la mia esistenza, ancora prima quella di Peppino, e credo attraversi anche la vostra. Quando morì mio padre provai un dolore atroce, ricordo che il fazzoletto, grande come un tovagliolo che mi diede mia madre, non riusciva a contenere le lacrime ma contemporaneamente non riusciva neppure a contenere quel senso di liberazione dal vincolo di mafiosità che mi aveva lacerato fino a quel momento. Due sentimenti uguali ed opposti che provenivano uno dal cuore e l'altro dalla ragione. Anch'io da ragazzino, avevo circa dieci anni, ho conosciuto la latitanza seppure di riflesso. Mio padre mi portava con sé quando andava a fare le iniezioni a Luciano Liggio, malato, latitante nella tenuta di nostro zio, il boss, Cesare Manzella a cui è succeduto Tano Badalamenti, boss che ha provveduto anche alla latitanza di vostro padre quando era qui a Cinisi dove conobbe Saveria Palazzolo, divenuta poi vostra madre. Ricordi che custodisco ancora ma che mi sono lasciato alle spalle quando il mio sguardo ha deciso di guardare avanti per fare di me stesso un uomo libero dalla schiavitù mafiosa che vive e lavora nel rispetto della legalità. E i miei figli per questo mi amano, come io amavo mio padre, come voi amate vostro padre, ma loro sono anche fieri di me e della mia scelta. Per questo con delicatezza, con umiltà, senza la spocchia di chi è riuscito a vincere dentro di sé e fuori di sé la battaglia più difficile della sua vita mi rivolgo a voi, ora che la fine della latitanza di vostro padre apre un nuovo capitolo. A te Angelo, che tra poco ti sposerai con una ragazza che mi dicono essere graziosa e gentile, che diventerai, come ti auguro, padre, chiedo di trovare la forza della verità e il coraggio per sostenerla. Nessuno vuole, tantomeno io, che rinneghi l'amore profondo che ti lega a tuo padre. Ma tacere è condividere. Il tuo silenzio, il vostro silenzio, vuol dire condividere, seppure non le eserciterete mai, le sue azioni sanguinarie e quelle dell'organizzazione di cui è il capo. Ecco perché il giudizio deve necessariamente essere severo, chiaro, netto anche se l'amore che nutri per lui non potrà mai impedirti di stargli vicino nei momenti del bisogno. Miei cari ragazzi, non ci sono strade alternative: solo dicendo "no" a quella mafia che vostro padre incarna come ha fatto mio fratello potrete essere cittadini a tutti gli effetti di questo Stato, parte di questa società pronta ad accogliervi nella verità non nella doppiezza. Anche a te Francesco che ti sei impegnato nello studio laureandoti, vincendo una borsa di studio per insegnare auguro di trovare la forza per esprimere un giudizio chiaro. Maggiormente a te, che sei preso dalla responsabilità di insegnare e, dunque, di trasmettere dei valori autentici auguro di farlo libero dall'infingimento e dalla suggestione negativa di un codice d'onore che si fonda su dei disvalori. Dimostrare a vostro padre, con i fatti, che c'è un altro modo di vivere, diverso da quello incondivisibile suo, l'unico che ha avuto la sventura di conoscere, sarà un modo per amarlo ancora di più.

COMMENTI

9 Maggio 2006 21:12

Gentile Signore desidero dirLe che la sua lettera mi ha fatto bene, indipendentemente da come essa venga accolta; io sono solo una donna che conosce i valori del cuore e anche molto acciaccata,, ma sentire che vi può essere la condivisione che supera gli errori mi aiuta ad ancora scrivere e riscrivere quel concetto di pace e di umiltà in cui credo. Recentemente , per altri motivi, io ho chiesto perdono ,senza sapere se lo facevo a torto o a ragione, la VERITA' se guardiamo bene negli ultimi anni è molto debole,, allora per convertirla occorre investire quanto abbiamo LA PAROLA ! essa sia libera, non filtrata e magari anche confessata per i figli che verranno. Grazie adriana battist

adrianabattist

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