16 Dicembre
In un recente scritto abbiamo trattato della impossibilità logica dell'esistenza del nulla (questa, evidente ossimoro) e pertanto della impossibilità logica di provenire o di finire nel nulla. Sorge immediatamente la necessità di concepire qualche cosa che quel nulla sostituisca, seppure dal nulla totalmente (infinitamente) differente.
La puntualizzazione non risolve certo il mistero della morte, come ci ha opportunamente sottolineato l'accorto Claudio Magris, ma è altrettanto certo che, dalla dismissione del nulla, il problema ne esce modificato in termini logicamente radicali, e filosoficamente, storicamente sismici. All'impossibile comparsa dal nulla e scomparsa nel nulla, al nostro annichilimento, dovremo infatti sostituire una sorta di trasmutazione, che la scienza del XX secolo suggerisce di interpretare come un passaggio ("pasqua" - ricordiamolo - significa passaggio) dalla materia all'immateria, ossia a ciò a cui la Fisica ha dato il nome di energia, mentre la Religione aveva dato il nome di spirito (l'immateria che si contrappone al corpo-materia).
Non sapendo neppure la scienza spiegare che cosa sia l'energia, il nostro ragionare è costretto a fermarsi qui, anche se quanto argomentato appare tutt'altro che poco.
Nella sin qui inevitabile, residua ignoranza di quello che ci aspetta, dopo quello che abbiamo definito col termine di "trasmutazione", non ci sottraiamo però ad una semplice considerazione: laddove avesse certezza di un aldilà, di una vita altra da questa, il genere umano rischierebbe una incontrollabile corsa alla anticipata conclusione, al suicidio, considerata la evidenza con cui una gran parte dell'umanità in questo mondo ci sta male, spesso insopportabilmente male. Salva da una simile tentazione la vulgata obiezione che nessuno è mai tornato dall'aldilà per relazionarcene. Per fortuna?
Come non concludere col trovare provvidenziali, e razionali, certe indimostrabilità, certi limiti, certe ignoranze?
Con i migliori auguri di una sempre opportuna (ri)Nascita.