7 Ottobre
di Associazione nazionale Nuova Colombia
Lo scorso 2 ottobre in Colombia si sono svolte le consultazioni per il plebiscito relativo all'accordo di pace fra FARC e governo.
Inaspettatamente, il risultato delle votazioni ha riportato la vittoria del NO, con una percentuale del 50.2%.
Tra i diversi fattori che hanno pesato su questo risultato, oltre alla cronica astensione (circa il 63 % degli aventi diritto non si è presentato alle urne) c'è evidentemente l'importante capacità della parte di oligarchia schierata per il no, capeggiata dal narco ex presidente Uribe, di coagulare e motivare il proprio blocco elettorale, quel ceto medio urbano spesso lontano dalla guerra e dai suoi effetti, assolutamente conservatore se non reazionario, anticomunista in modo fanatico.
Il plebiscito, papocchio giuridico-istituzionale fortemente voluto da Santos, avrebbe dovuto ratificare a livello popolare gli accordi dell'Avana; ora la situazione si fa complessa, e risulta difficile immaginare come uscire dall'impasse.
Mentre piovono analisi e si sprecano fiumi d'inchiostro, non si può scartare nessuna impotesi. A iniziare da quella di un macabro patto tra Santos e Uribe per mettere all'angolo le FARC, imponendo una rinegoziazione degli accordi di pace per erodere ulteriormente le già limitate conquiste ivi contemplate, o attaccando a sorpresa le unità guerrigliere troppo frettolosamente predisposte al disarmo unilaterale. Unità guerrigliere che però, a quanto pare, si stanno disperdendo per evitare di essere facili bersagli di provocazioni o grandi operativi a tradimento per mano dei nemici giurati della pace con giustizia sociale.