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15 Maggio 2014 13:01

La Casa Universale di Giustizia plaude agli sforzi per la promozione della coesistenza.

723 visualizzazioni - 0 commenti

di filippo angileri


 
 
HAIFA, Israele, 14 maggio 2014, (BWNS) -- In una lettera pubblicata ieri, la vigilia del sesto anniversario dell'arresto e dell'imprigionamento dei sette dirigenti baha'i iraniani, la Casa Universale di Giustizia ha parlato di un crescente «coro per la giustizia» in Iran.
 
La lettera, indirizzata ai baha'i dell'Iran, loda questo sviluppo: «Siamo molto compiaciuti di vedere che, grazie agli audaci e abneganti gesti di alcune persone che vogliono il progresso per la loro patria, la cultura della pacifica coesistenza fra I popoli e le religioni caratteristica delle antiche tradizioni della vostra venerabile nazione sta risorgendo».
 
«Promotori della giustizia, artisti, uomini di stato, pensatori e altri cittadini iraniani illuminati, perfino alcuni prigionieri di coscienza dalle loro celle carcerarie, stanno rompedo il silenzio», scrive la Casa Universale di Giustizia.
 
La lettera è uscita nel contesto della dura repressione in atto contro la comunità baha'i in Iran, la più consistente minoranza religiosa non musulmana del paese.
 
«Questo coro per la giustizia, che ha avuto inizio nelle più remote regioni del modo e che ha gradualmente attratto a sé le voci di alcuni iraniani espatriati, sta ora sorgendo a nuovi livelli senza precedenti all'interno dell'Iran», dice la la Casa Universale di Giustizia.
 
La Casa di Giustizia ricorda altresì ai baha'i in Iran che «oltre a riconoscere l'ingiustizia che vi è fatta, le menti illuminate dei vostri concittadini sono sempre più attente ai principi che voi sostenete e in base ai quali vivete, principi che sono gli strumenti per la riabilitazione di ogni società, principi come la santità della dignità umana, l'unità del genere umano senza tener conto di tribù, razza o credenze, la parità fra uomini e donne, la libertà dal pregiudizio, la dedizione al sapere e all'apprendimento, l'abolizione degli estremi di ricchezza e povertà, il contenimento dell'avidità, l'armonia fra la fede e la ragione. Questi principi essi riconoscono come essenziali a un futuro di progresso».
 
La Casa aggiunge che non si dovrebbe sottovalutare il risveglio delle coscienze in Iran.
 
«Voi sapete bene che, oltre a tutte le dichiarazioni di sostegno a voi e a questi principi, vi sono molte altre persone che esprimono gli stessi sentimenti in privato e che ora, alla luce delle attuali circostanze, stanno imparando a esprimere la propria opinione apertamente e a unirsi alla schiera di coloro che difendono i vostri diritti e lavorano per la coesistenza pacifica».
 
«Pensate che quel pretestuoso racconto, che le meni malate di persone piene di pregiudizi e le limitate concezioni dei fanatici avevano elaborato e per la cui propagazione avevano assiduamente lottato per 170 anni, in pochi anni sono stati riconosciuti come interamente falsi».
 
Bani Dugal, il principale rappresentante della Baha'i International Community presso le Nazioni Unite, ha detto che le crescenti richieste di giustizia per i baha'i iraniani accendono una luce di speranza nel cuore di tutte le persone oppresse in Iran. 
 
«Il sostegno ai nostri compatrioti baha'i in Iran che abbiano visto nelle ultime settimane e che era già costantemente cresciuto negli ultimi anni non ha precedenti», ha detto la signora Dugal.
 
«Inoltre, plaudiamo a queste donne e a questi uomini coraggiosi che oggi parlano apertamente per i baha'I iraniani con grande rischio personale».
 
Sei dei sette dirigenti baha'i sono stati arrestati il 14 maggio 2008 in una serie di blitz di primo mattino a Teheran. Il settimo era stato arrestato due mesi prima il 5 marzo 2008.
 
Dopo l'arresto, i sette, i signori Fariba Kamalabadi, Jamaloddin Khanjani, Afif Naeimi, Saeid Rezaie, Mahvash Sabet, Behrouz Tavakkoli e Vahid Tizfahm, sono stati sottoposti a un progetto farsa che ha completamente ignorato i requisiti internazionali dei diritti umani e delle protezioni legali.
 
Durante il primo anno della loro detenzione, I sette non sono stati informati delle accuse mosse contro di loro e non hanno avuto praticamente accesso a un legale. Il processo, proseguito per mesi nel 2010 e dibattuto davanti a una corte per soli dieci giorni, è stato illegalmente chiuso al pubblico, è stato caratterizzato da un atteggiamento prevenuto del pubblico ministero e dei giudici e si è basato su prove inesistenti.
 
La condanna a vent'anni di carcere è la più dura condanna imposta a un prigioniero di coscienza attualmente detenuto in Iran. Questa durezza rispecchia la determinazione del governo iraniano di opprimere la comunità baha'i iraniana, che deve affrontare una sistematica persecuzione dalla culla alla morte, uno dei più gravi esempi di persecuzione religiosa sponsorizzata dallo stato in atto oggi nel mondo.
 
Per leggere l'articolo in inglese online, vedere le foto e accedere ai link si vada a : http://news.bahai.org/story/996
 
 
 
 
 
 
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