11 Ottobre
Caro papa Francesco,
c'ero anch'io tra i mieifratellini disabili di Assisi. C'ero, perché so di essere nel tuo cuore. Ti seiemozionato, commosso, vergognato di leggere il testo preparato a tavolino e tisei lasciato trascinare dal cuore. Dal nostro e dal tuo, vero?
Mi chiamo Gianmarco (JoaoMarcos). Sono nato nel nordest del Brasile. Eravamo due, io e il mio gemello, eci hanno messo in una sola incubatrice, arrugginita. A pagamento. Il pediatraha detto, che io ero spacciato ed il mio fratello sicuro. Dopo due giorni lui èpartito ed io sono rimasto per "sorridere", perché è questo lo scopo della miaesistenza. Sorrido a tutti, al Cielo, alla terra, alla luna e alle stelle. Atutti, anche a te.
Sai, quando sono nato,piangevo come un'aquila. Tutte le sere cominciava il Calvario per me e per imiei genitori. Non riuscivo a liberarmi dai gas intestinali e piangevo,piangevo. Il mio papi ha vissuto una tragedia d'anima. La mattina si alzavapresto, usciva di casa, andava in mezzo ai banani, si bagnava di rugiada,voleva cantare con gli uccellini, ma non ci riusciva. L'anima gli piangevasenza volerlo. Pensava a me e minacciava il Cielo con il pugno. Lo sentivodire: "Che vigliaccheria, Dio! Perché te la prendi con un innocente? Prenditelacon me, non con mio figlio". Poi mi faceva il bagnetto in piscina. Danzava epiangeva. Cercava di occultare il pianto per non farmi soffrire, ma io losentivo e gli sorridevo. Allora lui dimenticava tutto, mi portava in groppa avisitare il "mondo", accarezzare il gattino, prendere in mano i pulcini, passarela mano sulle pale delle banane e mi lavava viso ed anima con la rugiada...
Hai detto: "Qui siamo tra lepiaghe di Gesù che sono anche un dono per noi... ma queste piaghe hanno bisognodi essere ascoltate, di essere riconosciute"...
Caro papa, dì forte almondo, che non vogliamo essere trattati da "Poverini! Che poveri disgraziati...".Non abbiamo bisogno di compassione, ma di amore. Voi, forse, non potete capire il nostro mondo. Sai chi haaiutato mio padre a vedermi come "un dono"? Dei genitori che hanno figli comeme. Gli dicevano: "Tu soffri, perché vedi le cose dal punto di vista dellasocietà che ci vuole tutti aitanti,belli, primi della classe. Cosa manca a tuo figlio? Ha l'affetto, il cibo, lecure, tutto ciò di cui ha bisogno. Vedi che lui è felice e tu, crogiolandotinel tuo inutile dolore (non è "come gli altri"!), gli trasmetti tristezza? Luiè perfetto nel suo modo di essere, non gli manca niente".
Da quel giorno papi èrisuscitato. Io non parlo? Chi l'ha detto. Ho il mio modo di comunicare, chenon ha bisogno delle parole, è oltre. Non ho bisogno di vedere con gli occhi,vedo col cuore. Non ho bisogno delle gambe per camminare, cammino con le gambedi papi. Sai? La mia passione è il treno. Papi mi porta alla stazione e noicorriamo dietro al treno. Spesso andiamo alla fermata successiva e torniamoindietro. Devi vedermi in carrozza: non sto nella pelle e la mia anima canta,fischia con il treno. Poi faccio il tifo per la musica e anche lì corro tuttoil giorno su e giù dalle scale musicali. Amo gli autori brasiliani, che cantanoil riso, i fagioli, la luna, l'amore.
Forse hai ragione a dire chenoi siamo le piaghe del Cristo. Di quale, quello del venerdì santo o quellodell'alba di resurrezione? Forse si puòdire che all'inizio le nostre "piaghe sono da venerdì santo", ma i nostrigenitori a furia di amore le trasformano in "piaghe di luce", quelle delrisorto. Tu, forse, lo intuisci, ma per i nostri genitori è una certezza:quando andremo di là, Dio stesso ci verrà incontro, ci chiederà perdono e...bacerà le nostre piaghe di luce. Non essere triste per noi, ti prego. Guardami:io sorrido, perché sono felice. E' perquesto che sono nato.
Ti mando, con i mieigenitori, un abbraccio grande come il Cielo,
tuo Gianmarco Marinetti - Senigallia 5.10.2013