258 utenti


Libri.itESSERE MADREBIANCO E NERODINO PARK vol. 2CHI HA RUBATO LE UOVA DI MIMOSA?COSÌ È LA MORTE?
Emergency

Fai un link ad Arcoiris Tv

Fai un link ad Arcoiris Tv

Utilizza uno dei nostri banner!












Lettere ad Arcoiris

inviaci le tue opinioni, riflessioni, segnalazioni

Per inviare un lettera ad ArcoirisTV, riempi i campi sottostanti e clicca su "Invia". Se è la prima volta che scrivi, riceverai una email con un link ad una pagina che dovrai visitare per far sì che le tue lettere vengano sempre pubblicate automaticamente.

Informativa privacy

L’invio della "Lettera ad Arcoiris" richiede l’inserimento del valido indirizzo email del utente. Questo indirizzo viene conservato da ArcoirisTV, non viene reso pubblico, non viene usato per altri scopi e non viene comunicato ai terzi senza il preventivo consenso del utente.

maggiori info: Privacy policy

30 Novembre 2012 20:28

ISABELLA VIOLA che viaggiava tanto

831 visualizzazioni - 0 commenti

di Doriana Goracci

ISABELLA VIOLA ogni giorno viaggiava tanto: “…Il bus del Cotral che percorre la Pontina spesso inghiottita da voragini, l’arrivo alla stazione Laurentina, poi metro B, cambio a Termini per entrare nei vagoni affollati della linea A fino a Furio Camillo.”  Un’ amica su Facebook Angela Bortoli Armbrust mi ha fatto conoscere  una  dolce e giovane donna che fino a pochi giorni fa era viva: morta sulla banchina di Termini, di fatica…esausta. La stessa Isabella , la cui ultima frase scritta su Facebook è stata: «Una donna il suo gioiello più prezioso non lo indossa, lo mette al mondo».
Poteva capitare a chiunque di “noi” di vederla al fianco, la mattina quando andava al lavoro o quando tornava. Una giovane donna con 4 figli che si svegliava all’ alba  per raggiungere con i mezzi pubblici da Torvaianica il bar di una viuzza del Tuscolano.Un malore a 34 anni, le è fatale. “Alessandro, il marito di Isabella, riesce a dire solo qualche parola. E’ stretto nel dolore, adesso deve pensare ai quattro bimbi. E’ andato a trovare Ada due giorni fa, ha passeggiato per il quartiere insieme ai suoi due figli più piccoli per «ringraziare tutti quelli che ogni giorno ricordano Isabella, grazie – dice – per una solidarietà infinita che non avrei mai immaginato».
Enrico Fierro scrive “…Sono uomini e donne, bianchi, gialli e neri, che si svegliano all’alba per raggiungere precarissimi posti di lavoro, guadagnano quattro soldi e lottano con mezzi di trasporto affollati, puzzolenti, è una umanità che tira tardi fino a sera lavorando e si porta il panino da casa per risparmiare. ISABELLA ERA una di loro, non sapeva di spread, di Europa, di luci in fondo al tunnel, no, Isabella sapeva solo che a 34 anni doveva conquistarsi la vita a morsi, lo faceva per lei, per il marito, bravo muratore ma disoccupato, e per i suoi quattro figli da crescere. Ogni mattina sveglia alle quattro, la colazione da preparare per i bambini, il pranzo da avviare, una rassettata veloce alla casa e poi la corsa alla fermata dei bus. Dal lungomare fino alla piazza di Torvaianica, la ressa per conquistarsi un posto a sedere sul pullman della Cotral tra i volti assonnati delle mille razze che ad ogni alba dalla periferia migrano verso la città eterna: 30 chilometri di viaggio. Capolinea all’Eur, un’altra corsa alla metro b, fermata a Termini, attraversamento col cuore in gola dell’infinito labirinto che porta alla metro A, ultima fermata a Furio Camillo, e poi a piedi lungo la Tuscolana, in via Nocera Umbra. Il bar Kelly apre alle sette, a quell’ora devono essere già pronti dolci e cornetti. Così, fino alle sette di sera, lo stesso ritmo, ogni giorno che il padreterno manda in terra, domenica compresa. Isabella viveva in una casa della periferia di Torvaianica, litorale romano che Ugo Tognazzi scelse negli anni Sessanta per costruirsi una villa. Portò il bel mondo il grande Ugo in questa fetta di mar Tirreno una volta stretta tra campagne e macchia mediterranea. Tutti a casa di Ugo al torneo di tennis, al più bravo lo scolapasta d’oro. Di quella epopea è rimasto poco, vecchi alberghi cadenti, stabilimenti che si chiamano ancora “La Bussola”, ristoranti che promettono pesce sempre fresco. E tanta miseria.”
“…Abitava davanti al mare, a Torvaianica, ma non c’era tempo e neanche luce per vederlo. Quando partiva da casa per raggiungere Roma dove gestiva un bar era ancora buio. Buio anche quando tornava. «Il mare? – diceva con ironia ai suoi affezionati clienti – È da mesi che non lo vedo».
Sono tanti gli articoli a lei dedicati sul web,  non certo dai grandi quotidiani e dalla  carta stampata, così come tante altre inutili storie che stanno invece  invadendo in questi giorni i media: vorrei menzionare  quello di Laura Bogliolo dal Messaggero che alla fine scrive:  …doveva correre per non far tardi al  lavoro.
Ho voluto aggiungere anche io un piccolo granello di vita vera, perchè possiate conoscerla, come è capitato a me. La foto come la poesia siciliana A me matri  che vi scrivo, le aveva scelte Isabella per la  sua pagina Facebook.
Sapessi come piove in questi ultimi giorni di novembre, eppure anche il mare d’ inverno è bello…vale la pena di fermarsi e guardare.

Doriana Goracci

foto e video su http://www.reset-italia.net/2012/11/30/isabella-viola-lavoro-pendolari/#.ULiqxoVJdFQ

A ME MATRI
Tu mi criscisti, mi mannasti a scola…
appoi mi mittisti l‘ali e mi dicisti…vola.
E iu vulai ‘ntra paisi strani,
senza pinzari ca ti lassai ‘nte peni.
Partii,..ti lassai sula,
comu na varca senza vila,
a testa frasturnata…l‘occhi chini,
e senza sangu tutti li to vini!
Ti lassai sula… partii luntanu,
ma vidu ancòra ca mi stenni a manu,
mi salutavi ma dicevi torna…
t‘aspettu cca, cuntu li me jorna…
Ora c‘haiu furriatu menzu munnu,
e l‘haiu vistu quasi ‘nsinu ‘nfunnu,
ora m‘arriposu e pensu a tia,
ccu tantu amuri e tanta nustalgia…
e pensu quantu beni mi vulevi,
a quanti cosi belli mi dicevi;
attentu non sudari…s‘annunca t‘arrifriddi,
e duci duci mi mittevi i manu ‘nte capiddi!
m‘accarizzavi mi strincevi forti…
siparari ni po‘ sulu la morti!
La morti ‘npitiusa t‘arrubbau,
e luntanu…luntanu di mia ti purtau!
Si fici tardu, passànu li me anni,
tra gioi, duluri e peni ranni!
Stancu é u me cori, stanca é la testa,
ma prestu n‘ancuntramu e sarà festa!
Gianni Farruggio
TRADUZIONE:
A MIA MADRE
Tu mi hai cresciuto, mi hai mandato a scuola
poi mi hai messo le ali e mi dicesti… vola
e io volai in un paese straniero
senza pensare che ti lasciai nelle pene.
Partii… ti lasciai sola,
come una barca senza vela,
con la testa confusa, gli occhi pieni
e senza sangue nelle tue vene!
Ti lasciai sola…partì lontano,
ma vedo ancora che mi tendi la mano
mi salutavi ma dicevi torna…
ti aspetto qui, conto i miei giorni….
Ora che ho girato mezzo mondo
e l’ho visto quasi fino in fondo,
ora mi riposo e ti penso,
con tanto amore e tanta nostalgia…
E penso a quanto bene mi volevi,
e quante cose belle mi dicevi;
attento a non sudare… altrimenti ti raffreddi,
e dolce dolce mi mettevi le mani nei capelli!
Mi accarezzavi, mi stringevi forte…
separare ci può solo la morte!
La morte prepotente ti rubò
e lontano… lontano da me ti portò!
Si è fatto tardi, passano i miei anni,
tra gioie, dolori e pene grandi!
Stanco è il mio cuore, stanca è la testa,
ma presto ci incontreremo e sarà festa!

COMMENTA