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8 Febbraio 2012 13:27

Le disparità fra ricchi e poveri illustrate da una commissione dell'ONU

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di filippo angileri

Le disparità fra i ricchi e i poveri illustrate da una commissione dell’ONU

  Mentre la crisi economica ha comportato una maggiore attenzione alle disparità nelle nazioni, gli estremi di ricchezza e povertà in ambito internazionale sono divenute una minaccia per la stabilità del mondo.

 Questo è stato uno dei temi discussi da una commissione delle Nazioni Unite , durante la sessione della Commissione ONU per lo sviluppo sociale che in questo momento è in corso e proseguirà fino a venerdì.

 Organizzata dalla Baha’i International Community e co-sponsorizzata da ATD Quarto Mondo, la discussione, che affronta il tema dell’eliminazione della povertà proposto dalla Commissione, ha riunito alti diplomatici dell’ONU, funzionari di agenzie dell’ONU e rappresentanti di varie ONG.

 L’ambasciatore Jorge Valero, rappresentante permanente del Venezuela presso le Nazioni Unite e presidente della Commissione per lo sviluppo sociale, ha attribuito la responsabilità delle crescenti disparità agli eccessi del capitalismo globale.

 «Le disparità e la povertà, i cambiamenti climatici e la distruzione degli ecosistemi sono importanti voci dell’agenda internazionale», ha detto l’ambasciatore Valero.

 «Queste calamità possono essere efficacemente combattute affrontando le cause strutturali che le producono: un sistema globale consumistico, egoista e predatore che si basa sulla mercificazione dell’uomo e della natura».

 Jomo Kwame Sundaram, assistente del Segretario generale dell’ONU per lo sviluppo economico, ha detto che il tema delle disparità è spesso esaminato dal punto di vista delle nazioni, ma due terzi delle disparità globali dipendono dalle differenze fra i paesi.

 Le differenze internazionali sono «molto, molto forti», ha detto, notando che esse sono cresciute negli ultimi trent’anni.

 «La grande promessa della globalizzazione economica era che se si fossero mitigate le restrizioni, ci sarebbe stato un libero flusso del capital e che questo flusso sarebbe andato dai ricchi verso i poveri. Non è stato così. Il capitale è risalito, dai poveri ai ricchi», ha detto il dottor Sundaram.

 Fra i partecipanti alla discussione, che si è svolta mercoledì 1° febbraio, ci sono stati Isabel Ortiz, direttore associato delle politiche dell’UNICEF; Christine Bockstal, Capo della cooperazione tecnica per il dipartimento di sicurezza sociale dell’ILO e Sara Burke, analista politica del Friedrich-Ebert-Stiftung.

 La dottoressa Ortiz ha detto che il 20 per cento della popolazione mondiale ha oltre l’80 per cento del reddito mondiale, mentre il 20 per cento più povero ha meno dell’1 per cento del reddito mondiale.

 «La ridistribuzione nazionale non basta a combattere le disparità», ha detto. «C’è un forte legame fra grandi disparità di reddito e disordini sociali e instabilità economica».

 Il signor Ming Hwee Chong della Baha’i International Community (BIC) ha ricordato le recenti osservazioni del segretario dell’ONU Ban Ki-moon sull’incremento della disparità dei redditi a tutti i livelli negli ultimi 25 anni e sul grave impedimento che questo rappresenta per l’eliminazione della povertà e l’integrazione sociale.

 Il signor Chong ha detto che è tempo di porci importanti domande sul rapporto fra l’eliminazione della povertà e gli estremi economici che esistono oggi nel mondo.

 Il signor Chong, che ha presentato una dichiarazione che la BIC ha redatto per la Commissione, ha notato che il rapporto di dominanza, una nazione sull’altra, una razza sull’altra e una classe sociale o un genere sull’altro, è responsabile di un iniquo accesso alle risorse e al sapere.

 La dichiarazione afferma con preoccupazione che la «visione materialistica del mondo, sulla quale per lo più si fonda il moderno pensiero economico, riduce i concetti dei valori, dello scopo della vita umana e delle interazioni umane a un egoistico perseguimento della ricchezza materiale».

 

La dichiarazione in inglese si trova seguendo questo link: http://news.bahai.org/sites/news.bahai.org/files/documentlibrary/886_BIC_Statement.pdf. La traduzione italiana è trascritta in calce.

 Il signor Chong ha detto che si è dato molto rilievo alle dimensioni politiche e transazionali dell’attuale crisi, ma lo scopo della discussione era di contribuire a «creare uno spazio per scavare più a fondo al fine di portare alla luce alcune delle fondamentali ipotesi che plasmano la nostra realtà economica e sociale».

 

 

 

 

 

 

Per leggere l’articolo in inglese online e vedere le fotografie si vada a:

http://news.bahai.org/story/886

 

 

 

Commissione per lo sviluppo sociale. 50a sessione. 1-10 febbraio 2012. Voce 3 (a) dell’agenda provvisoria*

Seguito del Summit mondiale per lo sviluppo sociale e XXIV sessione speciale dell’Assemblea generale: tema prioritario: eliminazione della povertà

Dichiarazione presentata dalla Baha’í International Community, organizzazione non governativa in stato consultivo con il Consiglio sociale ed economico

The Secretary-General has received the following statement, which is being circulated in accordance with paragraphs 36 and 37 of Economic and Social Council resolution 1996/31.

Dichiarazione

I programmi per l’eliminazione della povertà si sono in genere occupati di creare ricchezza materiale. Questi provvedimenti hanno migliorato il tenore di vita in alcune parti del mondo, ma le disparità restano ancora molto diffuse. Nel suo Rapporto sulla situazione del mondo del 2005, il Dipartimento degli affari socio-economici del Segretariato delle Nazioni Unite ha evidenziato il crescente divario fra le economie formali e informali, le crescenti differenze fra lavoratori qualificati e non qualificati e la crescente disparità nella salute e nell’istruzione, nonché nelle opportunità di partecipazione sociale, economica e politica. È stato molto ben documentato che l’attenzione alla crescita e alla produzione di reddito non ha necessariamente comportato significativi miglioramenti sociali e che le crescenti disparità hanno reso la comunità globale sempre più instabile e insicura.

La Baha’í International Community vuole contribuire alla discussione della Commissione sull’eliminazione della povertà considerando il fenomeno, ad essa collegato, degli estremi di povertà e di ricchezza. Mentre la meta dell’eliminazione della povertà è ampiamente condivisa, per molti l’idea di eliminare gli estremi di ricchezza è ostica. Alcuni temono che possa essere usata per insidiare l’economia di mercato, per soffocare l’imprenditorialità e per imporre misure per la perequazione del reddito. Non è questo che intendiamo. La ricchezza materiale è indubbiamente fondamentale per il conseguimento delle mete personali e collettive. Analogamente, un’economia forte è una componente basilare di un ordine sociale vibrante. Suggeriamo che il riconoscimento del problema degli estremi di povertà e di ricchezza ha a che fare, in essenza, con la natura dei rapporti che intercorrono fra le persone, le comunità e le nazioni. Oggi, la maggior parte delle persone del mondo vive in società caratterizzate da rapporti di dominanza, di una nazione sull’altra, di una razza sull’altra, di una classe sociale sull’altra, di un gruppo religioso o etnico sull’altro, o di un genere sull’altro. In questo contesto, il discorso sull’eliminazione degli estremi di povertà e di ricchezza presuppone che le società non possano fiorire in un ambiente che alimenta un iniquo accesso alle risorse, al sapere e a una partecipazione significativa alla vita della società. In questo documento, riflettiamo succintamente sul modo in cui i seguenti aspetti della società contribuiscono a produrre questi estremi: la visione materialistica del mondo, alcuni assunti sulla natura umana, i mezzi per produrre la ricchezza e l’accesso al sapere. Suggeriamo un insieme di assunti alternativi e spieghiamo come essi possano favorire un ambiente economico più equo.

Il modello di sviluppo dominante è legato a una società di accaniti consumatori di beni materiali. Gli indicatori del progresso e della prosperità sono livelli di consumo crescenti all’infinito. Questa visione materialistica del mondo, sulla quale per lo più si fonda il pensiero economico moderno, riduce i concetti dei valori, dello scopo della vita umana e delle interazioni umane a un egoistico perseguimento della ricchezza materiale. Il risultato inevitabile, un’illimitata promozione di bisogni e necessità, ha prodotto un sistema dipendente dall’eccessivo consumo di pochi rafforzando l’esclusione e la povertà di molti.

Ma, come molte persone concordano, la visione materialistica del mondo non include la totalità dell’esperienza umana. L’esperienza umana comprende le espressioni dell’amore e dell’abnegazione, la ricerca del sapere e della giustizia, l’attrazione verso la bellezza e la verità e la ricerca del significato e dello scopo, per menzionare solo alcuni aspetti. In effetti, il progresso e la vitalità dell’ordine sociale richiedono un rapporto coerente fra le dimensioni materiali e spirituali della vita umana. In un ordine di questo tipo, le misure economiche sostengono lo sviluppo di relazioni umane giuste e pacifiche e presuppongono che ogni persona possa fare qualcosa per il miglioramento della società.

Secondo l’Istituto delle statistiche dell’UNESCO circa 800 milioni di adulti non sanno leggere e scrivere, due miliardi e mezzo di persone mancano dei servizi igienici fondamentali e quasi la metà dei bambini del mondo vive in povertà. All’altro estremo un gruppuscolo di persone, circa 500 miliardari, controllano il 7 per cento del prodotto interno lordo (PIL). Abbiamo un sistema economico che genera disparità estreme. Molti sostengono che, pur indesiderabile, questa disparità è necessaria per la produzione della ricchezza. Se il processo mediante il quale si accumulano le ricchezze è caratterizzato dall’oppressione e dalla dominazione degli altri, come possiamo sperare, in un simile contesto, di mobilitare le risorse materiali, intellettuali e morali che occorrono per eliminare la povertà?

Molti concordano sul fatto che la legittimità della ricchezza dipende dal modo in cui è stata acquisita e in cui è spesa. La ricchezza è altamente encomiabile se è acquisita grazie a un onesto sforzo e a un diligente lavoro, se le misure per produrre la ricchezza servono ad arricchire la società, se la ricchezza così acquisita è spesa per promuovere il sapere, l’istruzione, l’industria e, in generale, per far progredire la civiltà. Il principio della giustizia può esprimersi a vari livelli del processo dell’acquisizione della ricchezza. I datori di lavoro e i lavoratori, per esempio, sono tenuti a obbedire alle leggi e alle convenzioni che regolano il loro lavoro. Ciascuno è tenuto a svolgere i propri compiti con onestà e integrità. A un altro livello, possiamo vedere se le misure che producono la ricchezza servono ad arricchire la società e a promuoverne il benessere. I vari metodi per procurarsi la ricchezza devono rientrare nel discorso sull’eliminazione della povertà, sì che le misure che comportano lo sfruttamento degli altri, la monopolizzazione e la manipolazione dei mercati e la produzione di merci che favoriscono la violenza e lacerano il tessuto sociale possano essere esaminate e valutate da tutti. Per esempio, possiamo chiederci: è giusto ed equo il rapporto fra i salari e il costo della vita? Quale tipo di provvedimenti capaci di produrre ricchezza potrebbe arricchire tutti invece che pochi eletti?

Proseguendo nel discorso, l’eliminazione degli estremi di ricchezza e povertà richiede una rivoluzione della conoscenza. Questa rivoluzione richiede una nuova definizione del ruolo di ogni persona, di ogni comunità e di ogni nazione nella produzione e nell’applicazione del sapere. Dovrà riconoscere la scienza e la religione come due sistemi di conoscenza complementari, che nel corso della storia hanno consentito l’investigazione della realtà e il progresso della civiltà. Nel loro svolgimento questi processi contribuiranno a trasformare la qualità e la legittimità dell’istruzione, della scienza e della tecnologia, nonché i modelli dei consumi e della produzione. Le masse dei popoli del mondo non possono più continuare a essere considerate solo consumatori e utilizzatori finali di tecnologie che vengono dai paesi industriali. Questo orientamento soffoca i necessari livelli di intraprendenza e di creatività che occorrono per affrontare i pressanti problemi odierni. Lo sviluppo della capacità di identificare i bisogni tecnologici, di innovare e adattare le tecnologie esistenti è vitale. Sufficientemente sviluppata, questa capacità servirebbe a interrompere il flusso squilibrato di conoscenze dal Nord verso il Sud, dalle città verso le campagne e dagli uomini alle donne. Aiuterebbe a trasformare il concetto di tecnologia «moderna» in un più ampio concetto caratterizzato da bisogni definiti sul posto e da priorità che tengono conto del benessere materiale e spirituale della comunità.

Come si è detto all’inizio di questa dichiarazione, l’eliminazione della povertà non può essere concepita in termini di aumento delle ricchezze materiali dei soli poveri. È un’impresa più ampia basata su rapporti che definiscono le interazioni fra le persone, le comunità e le nazioni. Invitiamo le altre parti che lavorano attivamente per instaurare un ordine socio-economico più giusto ed equo a dialogare con noi su questi temi di fondo al fine di imparare gli uni dagli altri e di promuovere collettivamente l’impegno in questo senso. Concludiamo sottoponendo alla vostra attenzione alcune domande.

Qual è lo scopo dell’economia? Su quali assunti sulla natura umana si fonda la nostra comprensione dello scopo dell’economia? Che idea abbiamo del concetto di ricchezza?

In quali modi gli estremi di povertà e di ricchezza frenano lo sviluppo, la valorizzazione e un sano rapporto fra le persone? Quali tipi di identità si formano in presenza di questi due estremi (per esempio, dipendente, moralista, consumista eccetera)? In quale modo questi tipi di identità perpetuano le disparità?

Che funzione ha la conoscenza, derivata dalla scienza e dalla religione, nella trasformazione delle nostre strutture e dei nostri processi economici?

Come possiamo definire la natura e lo scopo del lavoro, della ricchezza e della valorizzazione economica al di là delle nozioni della massimizzazione dell’utilità da parte di persone interessate?

Quali ruoli hanno le persone, la comunità, il settore aziendale e i leader eletti nei confronti dell’eliminazione degli estremi di povertà e di ricchezza? Che cosa significa tutto questo in pratica?

Quali sono i punti di accesso per introdurre dei cambiamenti nell’economia? Che cosa spinge le persone, le comunità, le imprese e i governi a riformare le strutture e i processi economici? Da dove nascono il loro scopo e il loro impegno?

Quali concetti o quali convinzioni molto diffusi intralciano la nostra capacità di trasformare i sistemi economici che abbiamo oggi? Come possiamo superarli?

 

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