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20 Maggio 2011 16:42

CUI PRODEST-Lettera al Dott.Angelo Sinesio-viceprefetto antimafia-Catania| Le ISTITUZIONI TACCIONO PERCHE' SAPEVANO!

1299 visualizzazioni - 0 commenti

di giovanni pancari

RISERVATA       

                                                                   Catania, 3-Aprile-2006

 

Egr. Dott. Angelo Sinesio,

ho subito accolto la Vostra tesi  (inizialmente prospettatami dal sig. Liccardi e anche da Lei condivisa),  secondo la quale “dietro tutto ciò che mi accade ci sono soltanto i miei figli, e che ‘altri’  hanno solo approfittato della situazione per trarne personali vantaggi”.

E’ però da porre subito in evidenza che l’inizio delle attività criminali poste in essere per impedirmi le vendite, risalgono a oltre 30 anni fa (1973), quando i miei figli avevano l’età di 11 e 13 anni. Appare quindi ovvio che, all’epoca,   essi non avevano né la capacità né il ‘potere’ di dissuadere ed allontanare decine e decine (se non centinaia) di soggetti con notevole capacità finanziaria e veramente interessati all’acquisto. L’inizio delle materiali attività criminali non si può dunque addebitare soltanto ai miei figli.

Pertanto tale Vostra tesi, perché dia una visione completa e corretta di tutta la vicenda, deve tenere conto del  fattore tempo.

Ed allora, tenendo sempre presente il principio del “cui prodest”, da Voi sinteticamente espresso, è da individuare  ‘chi’ furono, prima dei miei figli, gli ideatori e i promotori di tale progetto criminoso;  ‘chi’ furono successivamente a  continuare la realizzazione del progetto; e ‘chi’ sono gli “altri” che hanno  approfittato di tale situazione e il ruolo che ciascuno di essi ha avuto nella partecipazione e nell’attuazione del disegno criminoso che perdura da oltre 30 anni. Progetto che per la sua stessa natura, ha necessitato e necessita l’uso di manovalanza criminale (v. denunzia archiviata del 2/6-Agosto-2005 dove risulta la presenza di un noto mafioso vittoriese, padre di due spietati killer ‘pentiti’).

A tal proposito, ho rintracciato in una mia vecchia vicenda giudiziaria elementi che  possono meglio supportare e convalidare la  tesi da Voi sinteticamente formulata, dando nel contempo le necessarie risposte alla quasi totalità degli interrogativi su accennati.

Trattasi della vicenda giudiziaria che si concluse con la sentenza del mio divorzio dalla Sig.ra Carmela Iacono, emessa in suo danno il 25-Gennaio-1989, dal Tribunale Civile di Milano che,  avendo  esaminato i precedenti processuali delle parti, gli atti, i documenti (anche di cause precedenti) e i comportamenti delle parti medesime’, aveva agevolmente colto l’esistenza di una complessa realtà che ordiva contro di me dietro il paravento dei figli.

La su detta sentenza apparve così importante tanto da essere  menzionata su stampa specialistica.

In particolare è molto significativo un asserto pronunciato dal Collegio Giudicante che, avendo già recepito la tragica  realtà della vicenda, dava per certa l’esistenza di “un intero gruppo parentale che fa quadro attorno ad un genitore (la madre) e che desidera soltanto annullare e fare scomparire l’altro,  perché considerandolo quale ‘cattivo marito’, lo ritiene necessariamente ‘cattivo genitore’…”

E’ proprio in tale asserto che sono contenute le risposte agli interrogativi di cui sopra.

Infatti, durante l’ accanita vicenda giudiziaria iniziata con la separazione dalla Iacono nel 1973, la stessa, facendomi apparire cattivo marito, cattivo padre, dissipatore del suo patrimonio, ha cercato di depauperarmi di tutti  i miei beni, cominciando da quelli a me più cari, i miei figli, che  portò con sé a Milano, per impedirmi ogni tipo di contatto con loro. Arrivò finanche a farmi notificare pretestuose  diffide per asserite molestie da me arrecate ai figli. Le molestie consistevano in una  sola  telefonata che o l’uno o l’altro dei due figli avrebbe dovuto  farmi dopo le 20, per sapere  quando sarei andato a prenderli entro i tre giorni successivi. Ciò perché la Iacono mi aveva proibito  di telefonare ‘io’  a casa sua!.                      

E’ opportuno evidenziare che dal 1973 ad oggi ho visto mio figlio Antonio, che vive a Milano ma che viene spesso in Sicilia, solo due volte, e  Gioacchino, che vive a Vittoria, l’ho visto e sentito molto raramente. In un incontro, avvenuto con quest’ultimo nel 1996, mi fece sapere che si era sposato ed era anche diventato padre. Per la formazione della nuova famiglia,  in tale incontro,  gli rinnovai invano l’offerta di donazione. E’ da allora che non mi ha più cercato. Neppure dopo avergli rinnovato, ancora una volta, l’offerta del patrimonio mio e anche di quello di mia moglie. D’altronde cosa ci si poteva aspettare da chi è venuto a dire senza il minimo pudore:

ti abbiamo fatto terra bruciata attorno”!

Ma ai Giudici, bene a conoscenza dei numerosi atti connessi al processo, fu chiaro l’odio atavico che mia moglie (Carmela Iacono) e la sua famiglia nutriva nei miei confronti, odio dalla stessa confessato in un procedimento giudiziario, lo stesso odio che veniva instillato nei miei figli sin dalla loro più tenera età.

·        Ecco pertanto chi sono gli ideatori e i promotori del progetto criminoso:

         Carmela Iacono e la sua famiglia di origine.

Il   procedimento    di  divorzio   si  concluse  con   il   rigetto    di      tutte  le    “terroristiche”   richieste    formulate    dalla    convenuta    Iacono,   a  garanzia dei suoi vari asseriti diritti [ lire 1.282.000.000 (unmiliardoduecentottantaduemilioni) per ½ degli arretrati da lei anticipati (‘anticipa’ pur se spogliata del suo patrimonio da me dissipato?) ; il pagamento di un assegno mensile di lire 1.500.000 (unmilionecinquecentomila) per il mantenimento dei figli maggiorenni; di altro assegno mensile di lire 700.000 (settecentomila) per il suo mantenimento; e di lire 100.000.000 (centomilioni) che io avrei dovuto versare ‘una tantum’ per i danni(?) da me provocati(!) al figlio Antonio, richiedendo una CTU che accertasse l’asserita incapacità al lavoro del medesimo, giungendo persino a rappresentarlo al CTU, Prof. Assunto Quadrio (Università Cattolica), come soggetto “dedito al bere”].

Ancor prima della sentenza, anche la CTU fu nota. Lo stesso Prof. Assunto Quadrio, riferendo il caso al Convegno sul nuovo divorzio (20.05.1988), non ha esitato a definirlo “paradossale”.

Tutte le superiori richieste furono totalmente disattese dai Giudici.

Compresa quella che tendenziosamente tendeva a rendere legalmente  indisponibile il mio patrimonio (“idonee garanzie patrimoniali ex art. 8 L. 898/1970” !).

Appare ora chiaro  che il matrimonio, all’inizio avversato, fu l’occasione che fece nascere l’idea nei vari componenti della famiglia della Iacono, di  impadronirsi del mio  patrimonio, impadronendosi prima dei miei figli. La realizzazione dell'unione coniugale serviva così a dare corpo al disegno criminoso.

Infatti nella causa di divorzio la Iacono, nel più totale dispregio di ogni naturale sentimento materno (e  col cinismo dei suoi “consiglieri aulici”), usa il figlio Antonio, facendolo apparire, come sopra detto, “dedito al bere”, “pur di togliere sempre più soldi al padre [a me]”. Subito dopo il divorzio, vidi Antonio per la seconda ed ultima volta (1989) perché venne a chiedere ancora 100.000.000 (centomilioni)  di affetto (!), non più di ‘una tantum’ per danni. Somma che nel 1987, durante il divorzio, avevo già offerto invano.

Con tale sconfitta legale, che nel 1989 chiudeva civilmente l’accanita quanto dolorosa vicenda processuale, la Iacono  vide vanificarsi anche l’ultima speranza di impossessarsi ‘legalmente’ del mio patrimonio.

Nel frattempo i figli, secondo le  capacità e le possibilità che man mano cambiavano col cambiare della loro età, partecipavano sempre più  attivamente, assieme alla famiglia di origine della madre, al proseguimento del ‘complotto’.

·        Ecco ‘chi’ sono a  continuare la realizzazione del progetto:

         Carmela Iacono con la sua famiglia d’origine e i miei figli.

Ma, non avendo potuto godere anche a Milano “dei privilegi di casta dei quali la famiglia Iacono ha fruito in Sicilia  da secoli”, ben lungi dal desistere,  si videro   costretti a correre ai ripari, chiedendo aiuto. 

Infatti è dopo il 1989, anno in cui fu emessa la sentenza di divorzio  (rovinosa per la Iacono), che cominciarono a verificarsi nuovi accadimenti: si ampliarono e si intensificarono gli atti criminali contro di me e contro il patrimonio mio e della mia attuale moglie.

Questi nuovi accadimenti coincidono con l’ apparizione, accanto ai miei figli e alla famiglia di origine della madre, di parenti pronti a sostenere e dare manforte  a quei familiari venutisi a trovare in difficoltà, ed ai quali erano legati dall’atavico odio, avendo tutti il comune interesse al totale disfacimento della famiglia Pancari.

Infatti tale odio esisteva non solo nella famiglia di origine di Carmela Iacono ma anche nell’”intero suo gruppo parentale”.

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A dimostrazione v. L'affare Pancari di Vittoria. Odi politici, intrighi e violenze dopo l'unità d'Italia 1871-1877.”(Dove ‘affare’ ha il significato di ‘assassinio’) -   Il libro dello storico locale, On. Paolo Monello, è edito da Ila-Palma nel 2002.

http://www.unilibro.it/find_buy/product.asp?idaff=0&sku=1934743

“L’affare” è noto anche all’estero, v.

www.webtourist.net/knowbefore/goto/vittoria-italy.htm - 28k

e se ne parla anche in internet, v. un esempio:

‘ …..Mi raccontò della storia delle due famiglie e della drammatica svolta…..’   

‘…..compresi che le parole “tu non puoi neppure immaginarti quanto sarebbe diversa (Vittoria) …” avevano un fondamento che andava oltre l’architettura e l’urbanistica…. parlava di…. una disgrazia non solo familiare ma anche sociale e di costume……..

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·        Ecco pertanto chi sono gli “altri” che in seguito hanno “approfittato” di tale situazione :

       L’ iniziale “gruppo parentale” accresciuto da questi “altri” parenti.    

Questi ultimi agirono facendo però apparire di  elargire "favori" alla prole (ormai maggiorenne).

Ma  non tutti i ‘favori’  se di favori si tratta, sono fatti gratis, e per questo  tra i vari componenti del gruppo parentale (accresciuto dalla presenza degli “altri” parenti) interviene un ‘accordo’ in forza del quale tutti i componenti agiscono secondo le proprie  possibilità, sia direttamente, sia tramite compiacenti amicizie e conoscenze ma comunque sempre utilizzando necessariamente manovalanza criminale.

Tale accordo mantiene vincolati tutti i componenti  fra di loro, perché resti immutato l’equilibrio stabilito e soprattutto affinché l’intero mio patrimonio (in esso compresa la quota acquistata dalla mia seconda moglie) rimanga congelato in attesa che pervenga per successione nella sua attuale consistenza, ai miei figli, i quali soli potranno convalidare la spartizione del bottino, riconoscendo legalmente e senza esborsi di alcun genere, il contenuto dell’accordo medesimo, che ha già materialmente  dato a ciascuno secondo i propri desiderata e secondo i meriti acquisiti.

I nuovi partecipanti, pur essendo parenti, non si manifestano come  facenti parte del “gruppo” ma si mostrano solo nella meno rischiosa figura di “approfittatori della situazione”.

Tra questi uno è facilmente individuabile nella persona di Ferdinando Iacono, confinante  del fondo Tremolazza.

Costui,  non solo è   un  appartenente al “gruppo parentale” che da sempre osteggia la famiglia Pancari, ma inizia ad  agire delittuosamente proprio solo dopo la detta sentenza di divorzio, ed è inoltre l’unico  confinante che “approfitta della situazione”.

Ciò si può evincere dalla documentazione giudiziaria di seguito indicata.

Infatti proprio detto confinante riportò due sentenze penali di condanna (nel 1998, 1° grado e nel 2001, 2° grado), perché nel 1992 /93 (successivamente alla sentenza di divorzio), attuò continue quanto evidenti opere di modificazione dei luoghi e danneggiamenti nel fondo Tremolazza, deviò anche l’acqua per utilizzarla a vantaggio delle sue culture.

Ed ancora, lo stesso, ha successivamente eseguito altre opere di  danneggiamento (che hanno anche causato un disastro ambientale) e  che sono riportate nella denunzia da me sporta contro di lui il 5-Gennaio-2004.

Purtroppo non fu possibile perseguire penalmente il detto autore unicamente per la ‘riconosciuta’ mancanza di dolo nell’agente. Infatti le opere risultarono essere state consentite da “precise autorizzazioni amministrative”(!),  che facevano però salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno in sede civile. Però,  almeno in questa occasione, i danneggiamenti  riguardanti le mie proprietà, vennero finalmente ricondotti ad un ben preciso autore, e non ai “soliti ignoti”. Tali ingenti opere e i relativi effetti sono sempre ed ancora ben visibili.

Purtroppo non riesco  però a trovare, da anni, né tecnici né avvocati disposti ad assumere l’incarico per farmi iniziare la richiesta di danni, così destinata a cadere in prescrizione. Da tale frustrante considerazione si può dedurre la presenza di ‘poteri forti’ che mi impediscono non solo di vendere il  patrimonio, ma addirittura di non poter nemmeno richiedere il pagamento degli ingenti danni economici causatimi.

Ciò che a prima vista sembrerebbe avvantaggiare solo l’autore dei detti danni, torna vantaggioso per tutti i componenti dell’”intero gruppo parentale”, che in tal modo accelerano la mia fine.

Tutt’ oggi  gli attacchi da parte del confinante Iacono continuano con sconfinamenti in più punti a danno della quota che, da pochi anni, appartiene a mia moglie.

·        Ecco anche chi sono gli  “altri”  che hanno preso parte e partecipano all’ attuazione del disegno criminoso dando forma così  ad un “intero gruppo parentale” : 

         Alla famiglia di Carmela Iacono e ai miei figli è quindi da

         aggiungere Ferdinando Iacono.

Dall’inizio del 2005, cominciai ad offrire anche in donazione l’intero patrimonio mio e delle mia consorte. Ciò determinò un notevole incremento  di  interessati  all’offerta, ma fece anche aumentare nel “gruppo” la preoccupazione di perdere tutto o anche solo  parte del bottino. Infatti sarebbe sufficiente che uno solo degli interessati all’offerta riuscisse ad attraversare la fitta maglia di protezione posta attorno al patrimonio, che tutta la criminosa attività, svolta per oltre 30 anni, verrebbe vanificata, arrivando anche a compromettere gli accordi convenuti. Così, pur di riuscire ad allontanare ogni intruso, hanno preferito e preferiscono distruggere tanto esageratamente.

Ora però hanno tutti fretta di definire una vicenda che va avanti da troppo tempo e che non sono più in grado di gestire nel silenzio e con la disinvoltura del passato. Ciò li sta spingendo a escogitare e porre in atto nuove strategie che  affrettino la mia fine, quantomeno economica, senza considerare che io possa diventare vittima di usurai.

A meno  che non abbiano  previsto anche ciò!

Pertanto la tesi da Voi prospettatami sin dall’inizio, pur se  in maniera semplificativa e sintetica, trova il conforto anche dei magistrati di Milano, i quali sono riusciti  ad individuare i contorni di questa “faida familiare siciliana”(!).

Alla luce di quanto detto, non v’è chi non veda come in tutti questi anni io sia stato oggetto di prevaricazioni, minacce, intimidazioni che mi hanno "terroristicamente" o mafiosamente impedito non solo di vendere o donare, ma anche di curare gli interessi del mio patrimonio, ormai ridotto in uno stato di pressoché totale rovina.

Le istituzioni, alle quali negli anni mi sono sempre rivolto per ottenere giustizia, non mi hanno reso alcun servizio, forse perché sino ad ora nessuna autorità investigativa, qui in Sicilia, ha mai preso seriamente in considerazione la tesi da me sempre sostenuta, che tutti gli atti criminali rivolti contro il mio patrimonio e la mia persona, facessero parte di un unico ed ampio disegno criminoso e che pertanto non andavano trattati, e non vanno trattati, come atti separati.

In tal modo la tesi da Voi prospettami, ampliata dagli elementi fin qui esposti, viene vieppiù rafforzata dai riscontri di quanto esposto anche in tutte le mie precedenti denunzie.

Ritenuto che Lei ed il Sig. Liccardo avete colto la presenza dei “miei figli” dietro tutto ciò che mi accade, da Voi mi aspetto, il sostegno e l’aiuto di cui ho urgentemente bisogno,  in quanto, ripeto, a breve non sarò più in grado di far fronte neanche  alle spese più indispensabili. Vorrei essere aiutato a smentire quanto affermato nell’articolo “Teoricamente ricco, in pratica povero” apparso di recente  su ‘La Repubblica’: “…In questa vicenda, fino ad oggi, è mancato un attore: lo Stato. Lo Stato che non si vede e che non si sente. Solidarietà zero, sostegno zero.”, e  vorrei che l’ augurio del giornalista si realizzi: “….. auspico l’intervento dell’autorità giudiziaria e del Prefetto di Ragusa che spero possa e voglia farsi carico della complessa vicenda dei coniugi Pancari, ricercando la soluzione più appropriata anche in collaborazione e con l’impegno degli enti locali competenti.”

Per avere il Vostro aiuto ho anche accettato la Vostra strategia (pur non conoscendone le mosse), accogliendo la Vostra richiesta di presentare  un ‘esposto’ sull’incontro da me avuto a Catania con l’ing. Barone (Le ho inviato la relativa bozza il 9-Febbraio-2006 per eventuali correzioni e modifiche).

Ho inoltre aderito ben volentieri sul ‘sistemare’, tramite Vostro interessamento, anche la faccenda della illegittima impalcatura del palazzo, che tutt’ora  non ha avuto visibile esito.

Pur non avendo ricevuto alcuna Sua notizia sono rimasto ugualmente fiducioso nel Vostro  interessamento a tutelare i miei diritti.

Purtroppo la telefonata intercorsa con il Sig. Liccardi il 21 febbraio 2006, mi ha stupito e ‘mortificato’ non poco.

Sono stato trattato non come la vittima che subisce i reati, bensì come il “cattivo padre” che ha ‘provocato’ i figli a sentirsi  ‘giustamente legittimati’ a commettere ripetute azioni a difesa dei loro più bassi interessi.  Ma tale loro comportamento è sotto tutti i punti di vista illegittimo e illegale fino a quando nella nostra Costituzione è riconosciuta la proprietà privata e nel Codice non venga modificato il pieno diritto a  poterne lecitamente disporre.

Pertanto non è neppure pensabile che il comportamento, ancorchè ignominioso, tenuto dai miei figli, non verrebbe da Voi considerato come reato,  commesso in danno mio e della mia seconda moglie, perché posto in essere proprio e soprattutto dai miei parenti più prossimi.

 Sono  poi anche molto dolente che Lei pensi che io abbia scoraggiato il ‘compratore’ Ambrusiano, giovane universitario.

Non posso che insistere sulla mia idea che l’incontro con lui avuto fu simile a quello avuto con l’ing. Barone. A riprova  tengo a sua disposizione e-mail e altro materiale per potere constatare che costui voleva da me, “nonno”(!?), e da mia moglie, "mamma"(!?), prevalentemente "consigli"(!) su come potere utilizzare il palazzo, se e quando avrebbe realizzato il “suo sogno”(!). Inoltre, quando gli ho chiesto notizie non giornalistiche riguardo alla recrudescenza dell’attività criminale a Vittoria,  mi disse che non sapeva nemmeno dell’esistenza di tale problema. Sconosceva, dopo aver detto che leggeva  il giornale ogni giorno, che la stampa locale, da oltre tre mesi e quasi quotidianamente,  riporta accadimenti intimidatori e criminali di ogni genere che riguardano specificatamente Vittoria. Sconosceva le lamentele di un’intera città, le pubbliche manifestazioni, le riunioni di organismi istituzionali, sindacali, ecc.! Non è possibile pensare pertanto, che io abbia potuto ‘scoraggiare’ chi si è dimostrato non essere veramente interessato a comprare.

Anche per quanto su detto mi aspetto da Voi di essere ricambiato con una reale fiducia, avendoVi dimostrato già concretamente la mia.

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Ritenuto quanto precede, Vi chiedo di  farmi sapere se è necessario che io presenti una denunzia contro i miei figli per potere fruire dei benefici che la  legge  concede a chi si viene a trovare  nella mia stessa situazione. Sto anche a chiederVi di indicarmi quale altra Autorità dello Stato sia in grado di darmi  il legittimo aiuto e sostegno di cui ho urgentemente bisogno affinchè io non diventi a breve anche facile preda di usurai, in quanto, ripeto, non sono più in condizioni di far fronte neanche alle spese più indispensabili.

Distinti saluti.

 

                                                        Giovanni Battista Pancari    

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