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31 Gennaio 2011 12:57

Siamo tutte prostitute? Siamo tutti papponi?

1280 visualizzazioni - 2 commenti

di Monica Lanfranco

 

 

I numerosi cartelli che c'erano al flash mob di Torino con su scritto 'Cavaliere, l'Italia non è una repubblica fondata sulla prostituzione. Dimissioni' sono sembrati efficaci alla maggior parte di noi a Genova, che infatti li hanno ripresi al flash mob genovese. Qualcuna ha sostenuto che quella scritta dava adito ad una 'colpevolizzazione' della prostituzione, e rischiava di spostare l'attenzione sul centro del problema, ovvero sul fatto che siamo governate e rappresentate da una classe politica corrotta e iniqua. Alcune hanno sottolineato, anche sulla stampa, che se qualcuna si vuole vendere per scelta è libera di farlo e che sono fatti suoi.

Mi sento di dire che liquidare la questione del mercimonio delle giovani (e del consenso dei padri, madri e fidanzate, come ho scritto nel pezzo dal titolo Magari, uscito su Liberazione la scorsa settimana ) come fatti privati è pericoloso.

'Sono fatti loro' è una frase ambigua: il pensiero e la pratica femminista si è lungamente interrogata sul valore simbolico delle scelte, laddove non solo i grandi mutamenti legislativi ma prima di essi i comportamenti che da individuali diventano esempio collettivo e rompono la tradizione spesso assumono importanza centrale.

E' stato così nel mondo del lavoro, nelle famiglie, nella società.

Fa o no simbolicamente ( e quindi politicamente) la differenza che le giovani che vengono da paesi a maggioranza islamica dicano sì o no ad indossare il velo?

E' o no simbolicamente ( e quindi politicamente) rilevante che le donne in nero a Gerusalemme abbiamo detto di essere contro la politica del loro governo verso i palestinesi, pur sapendo il rischio di essere tacciate di antiebraismo?

Sono d'accordo che l'enfasi è da porre sul cliente, e non sulla prostituta,ce lo insegnano le nordiche che hanno pensato, sul tema della compravendita sessuale, a porre l'accento per una volta non sulla donna ma sull'uomo, che da noi si dà per scontato che in quanto maschio abbia connaturato nel dna la rapacità sessuale seriale.

Penso però che se non mettiamo a tema che essere libere non è fare quello che ci pare, ma ragionare sulla libertà in connessione con la responsabilità e la competenza non rendiamo giustizia al percorso che, almeno in Italia, dalla proclamazione della repubblica fin qui quattro generazioni di donne dei femminismi hanno fatto.

'Io sono mia', sempre per come la vedo io, non significava che quindi mi sarei potuta vendere, ma assolutamente il contrario.

Rispetto il percorso di Carla Corso e Pia Covre, e ho stimato fino all'ultimo il lavoro di Roberta Tatafiore, pur nella grande distanza di alcune visioni e riflessioni. Resto però dell'idea, per citare un vecchio articolo di Rossana Rossanda, che accanto alla necessità di smascherare l'ipocrisia di chi invoca la morale pubblicamente e poi nel privato è utilizzatore finale ci sia anche quella di affermare che in una società equa e giusta l'orizzonte di libertà non è quello della vendita di sè, per quanto scelta:connettere sessualità e denaro è comunque un atto che automaticamente inscrive questo gesto dentro al mercato, e quindi non cambia per nulla la logica capitalistica e neoliberista nella quale oggi siamo prigioniere e prigionieri. Non eravamo noi che dieci anni fa come femministe a Punto G dicevamo che ci sono beni indisponibili, e tra questi, oltre alle risorse del pianeta, c'era la dignità e l'inviolabilità dei corpi da strappare alle logiche del neoliberismo? Il fatto che oggi sia scontato che se sei carina puoi aspirare a fare la velina (magari passando dal letto del produttore, come nel film Ricordati di me) non mi pare possa essere annoverato come un traguardo raggiunto anche grazie alle lotte delle donne. 

 

COMMENTI

4 Febbraio 2011 14:42

Cara MariaLaura, l'indulgenza delle donne nei confronti dei comportamenti riprovevoli del potere ( e mi riferisco al Presidente del Consiglio) ha dell'incredibile. E' un atteggiamento antropologicamente spiegabile ma moralmente riprovevole in quanto deleterio per l'esempio negativo che dà ai nostri figli. Sono stati azzerati in pochi anni concetti quali impegno, serietà, correttezza, .....valori importanti nel rapporto con gli altri, valori su cui si fonda la ns. società . Questi valori sono stati annullati, dileggiati, sviliti. persino queste ragazze così sfruttate e sfruttatrici se ne rendono conto >....così ...lo metti nel c - - o a chi ti è fedele!> dicono ..ma poi accettano il compromesso disposte a tutto, anche a calpestare la propria dignità per i soldi! Bell'esempio! Ma ormai ..a chi importa! Solo i soldi contano!

Maria

2 Febbraio 2011 12:32

Un primo aspetto che proprio non riesco a condividere (da sinistra!)in questo pronunciamento di molte donne democratiche e come me di sinistra è l'ossessione dell'identità: "Noi non siamo...". Penso che più che preoccuparsi di affermare un'identità "diversa", ci si dovrebbe spendere nell'analisi rigorosa dei fatti. Una posizione più aperta e generosa, meno preoccupata di se stesse. Secondo. Non credo che il fenomeno della prostituzione con i potenti sia di oggi: negli stessi concorsi di miss, le madri accompagnavano le ragazze e molte volte, nonostante la morale chiusa e bigotta di un tempo, erano indulgenti se le figlie si davano a persone che contavano. La stessa cosa avveniva in tempi ancor più "antichi": durante il fascismo, per esempio. La ragazza "leggera" con uomini "comuni" veniva condannata, la ragazza che si dava al potente invidiata. Oggi c'è una maggiore rilevanza di questi fatti perché i mezzi di informazione li amplificano. La vera rilevanza sta nel fatto che in situazioni di scarsa democrazia o di dittatura, chi detiene il potere usa anche le donne con arroganza e prepotenza, come fosse uomo al di sopra dei comuni mortali. Questo è intollerabile. Terzo. Non è giusto, da parte della stampa, prendersela con il malcostume e l'arroganza del premier e di chi gli sta intorno e pubblicare al tempo stesso, in continuazione, foto di queste disgraziate e bellissime ragazze in tutte le posizioni e situazioni. Ciò ingenera confusione nella mente dei cittadini, non apre la strada a una compassione civile verso chi è meno potente, verso il prossimo. Quarto. Queste ragazze sicuramente hanno sfruttato economicamente la situazione, ma risultano le più "appestate" (naturalmente per ora non hanno questa sorte le ministra) di tutti; forse saranno quelle che alla lunga pagheranno di più. Una compassione civile e laica, il riconoscimento di diritti umani alle prostitute è una misura di civiltà, per me. Si può discutere di prostituzione e dei vari tipi di prostituzione e della prostituzione davvero dannosa per la società: quella che mescola il proprio misero potere con la vita pubblica, che occupa ruoli pubblici. Però si deve sempre aver presente che le persone sono in quanto persone dotate di diritti. Quinto. Non sopporto più le frasi del tipo "Tutto va a puttane" oppure "Io non vado a bagasce". Sono atteggiamenti regressivi, privi appunto di quel rispetto e di quella compassione civile di cui oggi c'è disperato bisogno. Sesto. I simboli... oggi viviamo assediati dai simboli. Un tempo i simboli erano anche strumento di comunicazione e di coesione per gruppi sociali analfabeti. Oggi, troppo spesso, i simboli soffocano il discorso. Se ci occupassimo più di persone e di destini reali e meno di simboli...

Maria Laura

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