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22 Aprile 2010 18:24

Nuova intimidazione nei confronti di Articolo 21 e Libera Informazione

544 visualizzazioni - 0 commenti

di Lorenzo Frigerio

Nuova intimidazione nei confronti di Articolo 21 e Libera Informazione
 
Nel giro di pochi giorni si sono ripetuti tentativi di intimidazione nei confronti di Articolo 21 e di Libera Informazione.
Dopo l'incursione notturna di ignoti nella sede di Articolo 21, con il furto di 7 computer, gli hackers sono entrati nel sistema informatico di quel sito distruggendo un articolo di Roberto Morrione sugli attacchi che il Presidente del Consiglio ha mosso contro le fiction televisive e i libri sulla mafia, con riferimento a Gomorra e a Roberto Saviano.
Ieri l'aggressione informatica ha colpito il sito di Libera Informazione - Osservatorio sull'informazione per la legalità e contro le mafie, avendo ancora di mira esclusivamente quell'editoriale. Al di là della gravità del reato, sorge spontanea la domanda su chi e perché non vuole che si esprima liberamente un'opinione critica su una posizione di Berlusconi che sta suscitando forti reazioni e sdegno nella società civile, fra i famigliari delle vittime di mafia, nel mondo dell'editoria e della comunicazione.
Su questa sconcertante e violenta aggressione Libera Informazione, come già Articolo 21, ha inoltrato denuncia alla polizia, chiedendo con fermezza che sia fatta piena luce sugli autori e che sia garantita in condizioni di sicurezza la libertà di stampa. Una cosa comunque è certa: noi non ci facciamo intimidire e proseguiremo con tutte le nostre forze e a testa alta nell'impegno per la legalità, contro le mafie, di denuncia delle complicità che a ogni livello ne consentono l'espansione.
 
Fondazione Libera Informazione
Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
 
Roma, 22 aprile 2010
 
 
A seguire l’editoriale di Roberto MORRIONE
Il serial killer della memoria e della libera informazione
Immersi nelle notizie del braccio di ferro di Gianfranco Fini contro l'asse Berlusconi-Bossi all'interno del Pdl e del governo, abbiamo sottovalutato in questi giorni l'attacco che il premier ha rivolto il 16 aprile contro le fiction e i libri sulla mafia, accanendosi nei confronti  di Roberto Saviano e di Gomorra. Sull'argomento Silvio Berlusconi è recidivo. Già nel novembre scorso, infatti, si era scagliato inaspettatamente contro le storiche serie della Piovra e in generale le fiction televisive sul tema, che a suo dire lederebbero l'immagine del Paese all'estero, arrivando a una sorta di sfogo dell'anima "...strozzerei gli autori della Piovra e chi scrive libri sulla mafia". La reazione a questa uscita era stata allora vasta, sul piano culturale e della comunicazione oltrechè su quello politico. Michele Placido, che nella Piovra era l'indimenticabile commissario Cattani, gli aveva ironicamente ricordato che le più note e seguite fiction televisive, dal Capo dei Capi alla vicenda di Provenzano, fino alle figure di Falcone e Borsellino, erano state ideate e prodotte da Mediaset...

L'offensiva era poi proseguita il 28 gennaio al termine del Consiglio dei Ministri a Reggio Calabria, quando alle critiche alle fiction sulla mafia aveva aggiunto una valutazione sull'immigrazione clandestina, sostenendo che "una riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali". Ancora una volta la reazione di sdegno era stata ampia : c'era chi aveva sottolineato come la camorra e la 'ndrangheta sono così attente a ingrossare le proprie file con gli extra-comunitari da farne strage a Castelvolturno e  da espellerli con la forza a Rosarno, dopo averli sfruttati e schiavizzati nei campi...  E infine ecco la nuova sortita di pochi giorni fa, nella quale Berlusconi ha affermato che la mafia italiana, pur essendo per potenza solo "la sesta al mondo", è la più conosciuta, proprio per i film, le fiction e i libri che ne hanno parlato, a partire da Gomorra.

Nella stessa conferenza, coadiuvato dai ministri Maroni e Alfano, il presidente del consiglio ha per l'ennesima volta magnificato l'azione del suo governo contro la criminalità organizzata, con 500 operazioni di polizia giudiziaria, 5000 arresti di mafiosi, enormi quantità di beni sequestrati, ecc.  A questo punto emergono domande allarmanti, che abbiamo il dovere di estendere ai cittadini.  Questa brutale e reiterata offensiva è solo il frutto di una insensibilità e di un'incultura insita nella formazione del personaggio, nella sua vocazione a improvvisare e a stupire fino a contraddirsi e a rasentare la schizofrenia, di un'incapacità nel valutare i passaggi critici del problema e il rapporto causa-effetto fra la realtà e la sua comunicazione ai cittadini, in una visione mercantile avulsa da ogni responsabilità pubblica come da una scala di valori etici e civili ? O è anche un obiettivo freddamente meditato, parte di una strategia volta a distrarre l'opinione pubblica dalla gravità dell'espansione criminale, chiamando in causa le connivenze e le responsabilità del governo, estese ormai in gran parte del Meridione all'intero schieramento politico, attraverso quel sistema illegale che ha nella corruzione e nel voto di scambio i motori?

E hanno un peso in questo sconcertante approccio di Berlusconi le incognite che gravano nelle inchieste aperte sulle stragi mafiose degli anni '90 e sulla  trattativa fra lo Stato e Cosa Nostra che segnò la fine della prima Repubblica, coincidendo con l'ascesa politica di Forza Italia e, anche se non definitivamente provato, con l'avvio stesso delle fortune economiche del Cavaliere? Il ruolo di Marcello Dell'Utri nei rapporti con Cosa Nostra, il giudizio pendente in Appello dopo la sua condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, sono oggettivi e inquietanti indizi in questa direzione...  Una cosa è certa: le ripetute sortite contro una comunicazione antimafia che ha segnato un positivo salto di qualità nella conoscenza degli italiani di un fenomeno che mina le basi stesse  dei diritti e dello sviluppo dell'Italia, richiamano nell'immaginario, ma anche alla ragione, i comportamenti di una sorta di "serial killer". Killer della memoria , perché  il silenzio sui crimini del passato fa parte di una sotto-cultura mafiosa che ne fa la condizione stessa della propria forza nel presente. Killer della realtà, perché chiama in causa chi denuncia un problema e non il problema in quanto tale, che passa così in secondo piano, come prendersela al solito con il dito che indica la luna. Killer della buona informazione, perché si integra ogni volta con capziose e incomplete notizie che  nascondono dati  decisivi di conoscenza.

E'vero che vi sono stati importanti arresti e sequestri di beni mafiosi, ma questo vuol dire soprattutto che il problema è diventato enorme: visto che gli interessi criminali stanno dilagando in tutt'Italia e nel mondo,  e' chiaro che la pur eccellente azione repressiva non tocca i gangli vitali e le fortissime complicità politiche, imprenditoriali e sociali di cui godono le mafie. Per non parlare dei Pm che rendono possibili le operazioni di polizia e che al contempo vengono attaccati, vilipesi, minacciati sul piano legislativo o della mancanza di risorse a cui sono sottoposte le forze investigative, costrette a supplire con l'abnegazione e un faticoso impegno personale. Killer della libertà  e dell'autonomia creativa di tanti autori, scrittori, giornalisti, registi, attori, che dedicano la loro professionalità e l' impegno civile ai fatti e ai protagonisti della realtà, stabilendo con spettatori e lettori un patto di trasparenza e di lealtà ampiamente ricambiato.

L'insieme di queste "uscite" berlusconiane rappresenta infine non solo un più o meno velato desiderio di una sorta di "minculpop" di impronta fascista, ma per alcuni, come Roberto Saviano o l'autore teatrale Giulio Cavalli, già costretti per la loro denuncia a una vita blindata, ulteriore isolamento e minacce da non sottovalutare.
 
Roberto MORRIONE - Presidente di Libera Informazione

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