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22 Gennaio 2010 09:36

Port au Prince L’arrivo da RadicalShock

1304 visualizzazioni - 4 commenti

di Doriana Goracci

Siamo all'arrivo.  A me fa impressione perchè sembra che "l'autore", Fedemast,non sia mai partito dall'Italia e invece ci sta a Port-au Prince con tutte le scarpe il cervello e il cuore. Rimaniamo seri:  cosa ci importa di che  di cosa e di chi, qui noi italiani brava gente?
Infanzia negata? Si, viene da Skopje la notizia che " un bimbo di 9 anni è diventato il più giovane ingegnere di Microsoft System. Marko, macedone, ha superato tutti gli esami richiesti in Slovenia, dove sta trattando per un progetto di lezioni in formato Full HD che prevede una produzione in inglese ad uso degli studenti interessati in tutto il mondo". Sono certa che questa notizia volerà sul mondo web, è già volata.A margine una risposta-richiesta di Medici Senza Frontiere.

Io continuo a fare " questo" Ponte.Ho messo RadicalShock nel titolo, così chi si schifa, salta: Quelli che benpensano...
http://www.youtube.com/watch?v=cI4sFZ_Y0Fs
Doriana Goracci
http://www.reset-italia.net/2010/01/22/port-au-prince-larrivo-da-radicalshock/

diario da Port au Prince. l’arrivo.

Ed eccoci qui nell’epicentro della tragedia planetaria. La verità è che di Haiti non glie ne frega proprio un cazzo a nessuno. Proprio, la gente al mondo pensa che sia un’isola. Invece poi vedi ed è un pezzo di un’isola. Manco è intera. Quella intera, dove poi ci sta Haiti dentro, si chiama Hispaniola. Un pezzo sfigato di un’isola. Un posto povero come pochi, pieno di negri terremotati, uraganati, massacrati più o meno sempre, che manco è l’Africa!! Che sull’Africa sono tutti d’accordo nel cordoglio, negli sguardi contriti, dici Africa e tutti pensano alla faccia un po’ dispiaciuta, all’espressione da salotto, preparata da anni. Dici Haiti e tutti pensano alla Polinesia. Quella è Tahiti. C’ha pure l’acca da un’altra parte. Allora gli fai, no Haiti è quella dei negri però latinoamericani che parlano quel francese strano. Quella che per prima si è resa indipendente, un paese di schiavi. Ah. E ‘ndo rimane?
Ora il terremoto. Sbragate migliaia di vite. In un secondo. Schiacciati sotto le macerie. Invasi i mezzi di comunicazione mondiali da immagini commoventi, strappacòre. Cordoglio a breve termine. Per l’Africa è diverso. Quello è a lungo termine. Rimane. Light, ma rimane. Questo vedi quanto ce metti a scortattelo. Chi se ricorda mo, sull’unghia, do rimane l’Indonesia? Ecco. Appunto. In più questi so pure negri.
Ora. L’armata Brancaleone catapultata nelle strade. Ho bisogno di raccontare le strade perché è qui che succedono le cose. L’azione, catturata dalle immagini dei miei compari, si manifesta e si spiega da sé nella strada. Io qui non parlo solo dei miei occhi. Qui abbiamo moltiplicato i nostri occhi, i nostri nasi, perché uno dei sensi più stimolati è l’olfatto da queste parti in questi giorni. Io ho il compito di raccontare con le parole quello che i nostri quattro corpi hanno registrato in questa settimana.
Alla partenza da Santo Domingo eravamo eccitati. Ma che sarà mai sta famosa Haiti? Ma che se dovemo aspettà? Ma come se dovemo comportà di fronte alle tragedie epocali? Se ponno fa le battute? Non saremo troppo cazzoni per essere testimoni di un evento del genere? Questa è robba che scotta. È robba dell’umanità.
Juan ce guardava appoggiato col braccio sullo sportello aperto della sua Honda bianca. Non sapeva. Salendo a bordo la macchina si abbassava quasi a toccare terra. “A regà, ma secondo voi non è bassina? Me sa che co sta cosa nun arivamo manco ar casello. E ancora non è salito Juan, guarda che panza, pare che s’è magnato er fijo!” E su queste parole del Principe, che rappresentavano i sentimenti dei quattro moschettieri, ci preparavamo non solo a guardare in faccia la STORIA (tutta maiuscola), ma addirittura a raccontarla. Vabbè, un pezzetto, però comunque sempre STORIA. Se solo la STORIA sapesse…
Il primo giro panoramico, il pomeriggio del primo giorno, ci fa stare tutti zitti. La Cité du Soleil. Di passaggio. Un assaggio. Il disastro  è nelle loro vite. Sentivo qualcuno che ha detto “vabbè quelli già erano poracci, che je fa il terremoto?”. Il terremoto je fa. Se te c’hai un palazzo, milioni, 10 macchine e ti crolla tutto ti cambia la vita. Se te non c’hai un cazzo e te crolla tutto te bevi er piscio. Ed è proprio quello che usano fare qui.
Tutto intorno gente che cerca di raccattare pezzi di qualcosa per coprirsi, per vestirsi, per mangiare. E magari tua madre che prima della scossa ti mandava a comprare il riso ora è un mucchio di carne informe, gonfia che puzza che fa schifo. E non solo la tua. Pure quella del tuo vicino, la tua ragazza, il ferramenta, il pappone, la mignotta, il gatto, il rapinatore, l’ebanista, lo scultore. E tutto er condominio loro. E i parenti. E te siccome sei sfigato che sei rimasto vivo manco magni e te bevi l’acqua della fogna. Peccato che la fogna non ci sta. Infatti in questo paradiso tropicale si so dimenticati di fare le fogne. Le stavano a fa eh. Poi però all’ultimo zac! Scordati. Quindi quando tu caghi l’acqua va in certi canali di scolo un po’ così. Si mischia alla monnezza di passaggio. E visto che la città è in discesa, quando piove l’acqua se porta tutto a valle. A fa quello che gli esperti chiamano “er Mischione”. Vicino al quale è stata scattata la foto che sta qua sopra.
Allora ce le immaginiamo le signore haitiane, tesoro, mi raccomando, a mamma, lavati bene le mani quando torni a casa da fuori, che c’è la sporcizia. A mà, le mani me le lavo nel mischione, che cazzo dici?? L’acqua questa è. E poi, quale casa, mà? Ma tanto a noi ce dura un mese la tragedia. Je mannamo l’aiutiumanitari, spediamo lessemmesse da du euri, si attiva l’unità di crisi del MAE e passa la paura.
Questo passa nella mente al vostro reporter preferito e ai suoi compari silenziosi. Si sente il clic delle macchine fotografiche che devono testimoniare l’orrore.
Intorno baraccopoli improvvisate. Teloni. Noi in giro. E giunge la sera ed il buio. Si entra nel girone dantesco. Non so bene quale.  Ma uno brutto. La macchina viaggia a velocità smodata con Jean Philippe che suona come un pazzo. Qua non è che non fai le infrazioni con la macchina. Qua fai le peggio cose con la macchina e mentre le fai suoni il clacson a palla. Sfrecciamo nella notte. Luci senza senso squarciano il buio. Non lo squarciano. lo ovattano. E nella penombra anime in pena vaganti sole insieme. Ombre che camminano. Ombre che occupano la strada. Ci mettono dei sassi a delimitare le carreggiate, o ci mettono i loro corpi sdraiati. Perché dopo sta schicchera de terremoto cor cazzo che dormimo dentro casa. Ah, quale casa?
Ombre che si mettono in gruppo e cantano canzoni a dio e a gesù, che se nun j’è fregato un cazzo de salvarli dal terremoto non si capisce perché mo li dovrebbe aiutare dopo. Arrangiatevi, stronzi!
Si canta insieme inni a gesù per paura degli spiriti. Per sconfiggere la paura. Per sentire calore. Per non sentirsi soli. Ancora più abbandonati. E sta per iniziare un circo, ragazzi, che vi lascerà ancora più soli, anche se dice di aiutarvi.
E noi si continua a sfrecciare. Ora davvero basiti per quest’atmosfera irreale, opaca ma che parla e si fa capire. Ci vorrebbe una foto di Cuttica per capire in un solo istante. E a me invece servono lunghe frasi.
Nel buio intravediamo palazzi crollati schiacciati sformati esplosi in quello che sembra un ghigno sgraziati case di disgraziati.
E noi sfrecciamo.
L’arrivo nella casa della nostra ospite. Una pastasciutta. Dormire sul cemento in giardino su un materasso fatto di asciugamanini che l’Ikea ha mandato come aiuto umanitario. Rossi. Blu. Con scritto Ikea. Grazie Ikea. Ora ti dormo sopra. Sopra la terra che ha tremato. Pronto a quello che deve arrivare.
Il sonno duro alla fine arriva.

COMMENTI

25 Gennaio 2010 02:16

Carmen dove ho potuto ho trascritto il tuo commento. Grazie!

Doriana Goracci

24 Gennaio 2010 11:02

Mi è capitato di ascoltare Cristiano Malgioglio esprimere il suo rammarico, perchè anche lui "conosce Thaiti", ci andò a trovare Marlon Brando. E Vittorio Sgarbi, presente in studio, di solito così sollecito a sanzionare anche i più lievi errori di chi per lui è nemico politico, stava buono come un agnellino. Schifo.

carmen

23 Gennaio 2010 18:56

Per non invadere ulteriormente vi invio quanto scritto stamattina 4 romani a Port Au Prince e i bambini sotto le macerie e fresco fresco come l'acqua, (non posso fare un altro articolo...) quello che giunge in tempo reale da Federico Mastrogiovanni http://www.reset-italia.net/2010/01/23/4-romani-a-port-au-prince-e-i-bambini-sotto-le-macerie/ Port au Prince Acqua "Mi piacerebbe ora soffermarmi sul concetto di acqua. mi pare uno dei temi centrali della situazione. Innanzi tutto va detto che apprezzo il modo dei centomilioni di marines, atterrati tra un hercules e l’altro all’aeroporto occupato militarmente di Port au Prince, di affrontare la questione. La gente ha bisogno di damangiare e dabere e te arrivi coi carrarmati e i fucili da guerra. Un po’ come se a uno che c’ha la dissenteria, per dargli una mano, gli dai una sega a nastro. che cazzo ce fa non si sa, però è una risposta creativa, questo tocca ammetterlo. Lungi da me voler fare polemica coi “corpi di peacekeeping” che sono i buoni e vengono a portare la pace. Lo dice la parola stessa. L’unica cosa è che mi sa che non si so accorti, nella loro immensa solidarietà, che ad Haiti non ci sta la guerra, ma una tragedia umanitaria, ma ovviamente non è nemmeno il caso di spaccare il capello in quattro. Tornando all’acqua, diciamo che già di per sé qua in Haiti non è che abbondasse l’acqua potabile pulita, dato che è pratica abbastanza comune, sciocchi selvaggi, direte voi, bere un liquido grigiastro di dubbia provenienza, che non definirei proprio potabile a una prima occhiata. Ecco, ora con quei 40 gradi belli umidi e un terremoto sul groppone che ti ha sbragato via tutto si pone abbastanza imperativo il problema di dove cazzo andare a prendere l’acqua. Mi pongo la questione sorseggiando acqua potabile dei lavandini del centro operativo dell’ONU, che cià pure le docce, circondato da funzionari di tutte le possibili agenzie dell’ONU che bevono il tè e fanno importantissimi briefing su come fare la distribuzione, mentre intanto i giaigió americani gli scippano l’aeroporto e fanno sbarcare miliardi di militi per dare aiuti umanitari ai disgraziati. Dopo sei briefing viene fuori che la gente ha bisogno di acqua. è proprio un fatto accertato. Tocca fare qualcosa. Ora si prepara un briefing per capire come affrontare l’emergenza. Ieri avevamo incrociato un’autobotte anarchica che è partita nottetempo da Santo Domingo. Oh, noi non abbiamo chiesto il permesso a nessuno, dice il trasportatore, siamo partiti perché qua se morono de sete, poi se quelli dell’ONU ce dicono qualcosa sticazzi, intanto j’amo portato l’acqua, o sbaglio? Nono non sbagli per niente. Noi moschettieri con la nostra razione d’acqua da mezzo litro in borsa ci aggiriamo come cani per le strade affollate e imbattendoci nell’autobotte ci rendiamo conto che tra qualche giorno, se gli aiuti non si sbrigano, sarà una tragedia. Tanto per cambiare. Parlando con un’amabile e bionda dottora americana della Florida che è venuta a amputare arti ad Haiti, la pratica più comune tra i suoi colleghi che si trovano davanti fratture esposte incancrenite come se piovesse e hanno a disposizione solo cartone e garza per ingessare o le seghe circolari di prima per amputare, discuto sul problema malattie, e lei sostiene che no, non c’è un vero pericolo epidemie. Certo, a meno che la gente non si metta a bere l’acqua infetta inquinata da monnezza e liquidi corporei fuoriusciti dai cadaveri. La guardo basito. Ma cosa cazzo credi che stia facendo la gente lì fuori? Ah, dice lei, magari gli haitiani lo fanno che c’entra? Ah, scusa infatti sono una minoranza gli haitiani che stanno terremotati ad Haiti. Scusa, so stronzo io! Proseguiamo il nostro giro turistico accompagnati dall’instancabile Vi, che guida come un forsennato suonando il clacson e dicendo cose incomprensibili. Di ritorno alla base a casa di Fiammetta ci fermiamo a salutare la numerosa famiglia di Vi, che sta accampata al buio pesto della sera su dei materassi fuori di casa, che non è venuta giù. Loro cantano stasera. E Roberto, un parente di Vi che ha vissuto a Santo Domingo e parla spagnolo, ci invita a cantare con loro. Tira fuori una chitarra e una tastiera a batteria coi tasti che si illuminano quando li suoni. Si esibisce nei pezzi che ha scritto. Inni pop a dio e a gesù, contro satana. Ha una bella voce e ricorda un po’ un Ben Harper haitiano. Noi cantiamo insieme a lui e alla sua famiglia. Ci viene chiesto di suonare pure noi qualcosa per loro. Sguardo fuori campo. L’unico che sa suonare è il Principe, uomo pieno di risorse. Quindi je partimo col repertorio classico dell’italiano all’estero: Battisti, De Gregori, Paolo Conte e Rino Gaetano. Io e il Cuttica ci esibiamo come duo vocale degno di Amici di mariadefilippi. Unica pecca i testi delle canzoni, mai completi, quindi daje de nananananana, ma gli haitiani sembrano non accorgersene e apprezzano lo sforzo. La notte torna a calare sulle calde giornate haitiane e noi ci buttiamo di nuovo sul pavimento duro ma antisisma del giardino di Fiammetta. Sognamo fiumi in piena e haitiani che fanno briefing su come salvare l’anima del personale ONU e dei marines.

dg

22 Gennaio 2010 09:43

Aggiungo al testo quanto non è stato copiato e mi scuso per gli errori...ma non è un buon momento tra me e il pc. *A una settimana dal terremoto che ha devastato l’isola*, le équipes di Medici senza Frontiere a Port-au-Prince sono ancora sotto grande pressione, *continuano a fornire cure d’emergenza al maggior numero di persone possibile* e a cercare altre strutture che possano essere utilizzate come sale operatorie. *Ecco cosa abbiamo potuto fare* nei primi 6 giorni dal terremoto *grazie alla generosità di migliaia di persone*. abbiamo *curato oltre 3.000* feriti ed *effettuato oltre 400 interventi chirurgici* siamo presenti con *oltre 650 operatori umanitari* abbiamo inviato *135 tonnellate di materiale medico e generi di primo soccorso* al più presto sarà operativo un *ospedale gonfiabile con 2 sale operatorie e 100 posti letto*. Il nostro personale medico afferma di non avere mai visto un numero così elevato di ferite gravi. *Dobbiamo continuare a lavorare, ad inviare personale medico specializzato, fornire cibo, acqua potabile, materiale igienico-sanitario e rifugi da campo*. *Per tutto questo abbiamo bisogno del Suo aiuto. Dona ora al ‘Fondo Emergenze’ di Medici Senza Frontiere. *Grazie per il suo sostegno concreto. Valentina Rosa Direttore Raccolta Fondi Medici senza Frontiere

Doriana Goracci

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