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30 Aprile 2009 01:32

Storia di una donna [di Saverio Tommasi]

681 visualizzazioni - 0 commenti

di Saverio Tommasi

Fra veline, donne di plastica e tronisti di cartapesta, rischiamo di scordarci le persone. Quelle vere. Le donne che lavorano con fatica e rispetto. Mille volte meglio della Lario, diecimila volte meglio di letterine e letteronze. Sono perciò felice di riportarvi, in assoluta anteprima, la testimonianza di una donna filippina che abita nella città di Prato (Toscana) e che ho avuto la possibilità di intervistare durante la stesura del mio prossimo spettacolo di teatro civile "Cambio Lavoro". Buona lettura, riflessione, amore. "Questa casa è piccola, è una fatica anche muoversi. Vengo da un paese dove le case sono più grandi, ma ci sono meno comodità. Qui c'è il televisore, che mi tiene compagnia durante il giorno, quando i bambini sono a scuola e Salvatore è al lavoro. Il televisore parla e io sbrigo le faccende. Il mio lavoro è questo. Salvatore preferisce che stia a casa, se voglio posso uscire, ma se resto a casa Salvatore preferisce, dice che Prato è una città razzista e potrei avere dei problemi. Il televisore ci tiene compagnia soprattutto la sera. Da quando Salvatore ha quei problemi sul lavoro al cinema non andiamo più, neanche quando prende lo stipendio. Prato è una città difficile, piena di cinesi, dicono è colpa loro se oggi c'è la crisi. Ma la crisi c'è anche a Firenze, a Milano, la crisi c'è dappertutto, anche in America c’è la crisi, e lì i cinesi non ci sono. Lo dicono alla televisione, la crisi non c'è solo a Prato. I cinesi stanno zitti, come me. Parlo oggi perché Salvatore mi ha detto che con te posso parlare, sei un bravo ragazzo e poi fai l'attore. Ma è vero che fai l'attore? Chissà quanto guadagni con il tuo lavoro. Non ho capito a cosa ti servono queste storie, io sono filippina e quello che dico io interessa poco la gente, per questo i cinesi mi piacciono. Perché anche quello che pensano loro alla gente interessa poco. Io somiglio più a un cinese che a un italiano, anche se io mi sento italiana, pure senza cittadinanza. Sai che la cittadinanza non me la danno? A Prato le fabbriche chiudono, dice Salvatore, e la colpa è di certi cinesi che fanno certi affari con certi italiani e di certi italiani che fanno affari con certi cinesi e a rimetterci sono quelli in basso che lavorano, italiani o cinesi. Dice Salvatore. Io prego molto, ma non qualcuno in particolare, prego e basta. Che i bambini stiano bene e tutti comprino i prodotti della manifattura della ditta di Salvatore, il nome della ditta non lo dico. Stai registrando, va bene, ma dobbiamo stare attenti. Da voi c'è la democrazia e ognuno può dire quello che vuole. Fino a che gli altri non sentono. Quest’anno, a Natale, metteranno meno luci. Anche il Comune è in crisi, me l'ha detto Salvatore. Quando andrà in pensione e i bambini saranno grandi faremo molti viaggi, mi porterà a Parigi, ha detto. Io a Parigi sono stata, ma a Salvatore non l'ho detto perché lui vuole andare a Parigi, e anch'io ci torno volentieri, se mi ci porta lui. A Parigi ci divertiremo, mi dice. Speriamo, perché quest'anno al mare non si è divertito. Quei problemi di lavoro gli facevano venire i pensieri brutti. Avevamo prenotato una settimana di mare. Non sapevamo dei problemi di lavoro, quelli sono arrivati dopo, altrimenti avremmo fatto la vacanza in tenda, sul Bisenzio, ha detto Salvatore. Il Bisenzio è il fiume che scorre qui sotto, se ti affacci alla finestra lo vedi. A Salvatore piace scherzare, ma non so se scherzava. Bisogna stare più attenti, dice il mio Salvatore. La sera si mette la giacca, sempre più spesso, bacia i bambini e se ne va. Accetta pure i turni di notte, ce ne fossero, dice. Bisogna stare più attenti."

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